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Il giornalismo dell’era “fra-Berlusconi”


Salve a tutti. Sono la Ministra della Disinformazione della Neorepubblica di Torriglia. Il programma del mio ministero non è mai stato divulgato per coerenza con se stesso. È chiaro però di cosa mi occupo. È quindi in questa veste – credo – che il nostro veneratissimo Capo di Stato mi ha invitata a condividere con voi questo post che ho pubblicato nei giorni scorsi sul mio blog.

Il 12 novembre mi trovavo a Nantes, come ho detto più volte su questo blog, per il festival degli Utopiales. La sera, rimasta sola, mentre vagavo per le strade del centro, mi è arrivato un sms dal telefonino di mio fratello. Tre parole, un grido di liberazione: “Si è dimesso”.

Ero sola, come ho detto, e frustrata. Era come vincere i mondiali di calcio in un paese dove lo sport nazionale è il badminton. Dovevo condividere questo momento con qualcuno.

Pur essendo sabato, e pur non sentendomi affatto stanca, mi sono quindi precipitata nella mia camera d’albergo. La prima cosa che ho fatto è stata collegarmi a internet – cosa che non avevo potuto fare prima perché avevo la batteria del tablet scarica – e sfogarmi sulle reti sociali. La seconda è stata telefonare ai miei genitori, in Italia, aspettandomi fuochi d’artificio.

Mi ha risposto mia madre. Io, eccitata: “Allora, si è dimesso!”. Dall’altra parte del telefono, una voce assonnata: “Cosa? Chi?”.

L’ha saputo da me. Da me che stavo a 900 chilometri di distanza, in un altro paese, senza televisione e – nel momento in cui l’ho appreso – senza connessione a internet. “Ma cosa stai facendo?”, le ho chiesto, “Non stai guardando la tv?”. “Sì”, mi ha risposto, “ma continuo a cambiar canale”.

Stava facendo zapping e non sapeva nulla. Ora, è folle, certo: mettici un po’ di energia, santo cielo. Ma resta il fatto che, da quel che ho saputo poi, in quel momento non ne stavano parlando né le prime due reti Rai né Mediaset. Cioè, i canali più guardati, ancora oggi che c’è il digitale terrestre.

È questo che mi fa capire che Berlusconi ha ancora un immenso potere. Il potere che ha sempre avuto: il potere di giocare con le debolezze umane. È così che ha creato il suo impero: sei troppo pigro, o anche solo troppo stanco, per andarti a cercare le notizie e per pensare autonomamente? Ti diamo tutto noi, servizio in camera, tutto incluso, senza supplemento. Ti diciamo che cosa non è successo, non ti diciamo che cosa sta succedendo, quando te lo diciamo te lo raccontiamo come vogliamo noi, e tu ci crederai, perché non hai voglia di non crederci, perché già dubitare è uno sforzo.

Fa leva sulle debolezze, dicevo: pigrizia, avidità, viltà… ma anche sulle necessità. Perché è una necessità quella di portare a casa uno stipendio. E se sei un giornalista, e lavori a Mediaset, lo stipendio lo porti a casa, sei trattato con tutti i crismi sindacali, e pagato il 27 di ogni mese. Salvo che poi, quando esci a fare un’intervista, ti danno la lista delle domande da non fare.

Perché poi, lui, il Silvio, è riuscito ad approfittare non solo delle debolezze dei singoli, ma soprattutto di quelle del sistema. Perché è facile dominare il mondo dei media, se il mondo dei media è il caos totale. È facile vincere la lealtà dei giornalisti se fino a quel momento i giornalisti sono stati trattati a pesci in faccia, assunti con contratti non giornalistici, co.co.co., a progetto, come tecnici, a collaborazione, pagati 7 euro a pezzo, senza rimborsi, a 12 mesi, alle calende greche…

E il peggio è quando a comportarsi così sono gli stessi che alzano tanto la voce quando i diritti sindacali altrui sono in pericolo, i cosiddetti media “di sinistra”, che quando si tratta di cacciare la grana diventano piuttosto sinistri. Diventano come tutti gli altri, perché il problema, in Italia – e non solo, devo dire, ma soprattutto in Italia – è generalizzato, non appartiene a uno schieramento o a un altro, a un gruppo di potere o a un altro.

È questo il grosso problema del dopo-Berlusconi, che rischia di diventare un “fra-Berlusconi”, se il marcio che c’è nel giornalismo italiano, e che gli ha permesso di fare tutto quel che ha fatto, di manipolare coscienze troppo indolenti per ribellarsi, di stringere in pugno il potere di un dittatore usando gli strumenti della democrazia, non comincia a essere lavato via.

È davvero il momento di una riflessione profonda sulla professione, è il momento di mettere in discussione istituzioni intoccabili come l’Ordine, di rivedere il contratto nazionale, di pensare alle migliaia di collaboratori sfruttati, che boccheggiano, mentre vecchi dinosauri con la qualifica di inviati scaldano scrivanie come balenotteri spiaggiati.

È ora che il giornalismo torni a essere un quarto potere, non ricattabile, non così facilmente corrompibile, è ora che si smetta di guardare chi propone qualcosa di diverso dalle vecchie tradizioni della Lettera 22 come se fosse un alieno, è ora che le redazioni respirino aria nuova.

Solo il giorno in cui saremo riusciti a fare tutto questo potremo dire veramente di essere entrati nell’era del dopo-Berlusconi.

8 pensieri riguardo “Il giornalismo dell’era “fra-Berlusconi”

  1. Il tuo ragionamento semplice e lineare mi pare più che soddisfacente, l’avrei concluso altrettanto semplicemente (a dirsi, non a farsi) con una soluzione che credo pargmatica ed efficace, già proposta più volte da Grillo ed il Movimento 5 Stelle, eliminare i contributi pubblici all’editoria, con la scusa del pluralismo in reaòtà si alimenta una classe parassitaria, che solo con il vero confronto con i lettori potrebbe misurare il suo effettivo valore. O ti leggono e quindi vendi quanto offri oppure fallisci. Si presume e spera che in tal modo la qualità emerga, a scapito delle clientele e nepotismi. Poi occorrerebbe anche abolire l’Ordine, che sono vestigia di caste e privilegi anacronistici. Concluso andando fuoritema brevemente: essendo appasionato di storia, l’avrei chiamato Principato di Torriglia, da vecchio smaliziato, credo poco alle repubbliche e di più ai principati illuminati ma sotto il controllo popolare (principi eletti, cioé frutto di elezioni). A presto e complimenti.

    1. Si fa sempre in tempo a fare un principe. Del resto al principato era arrivata Torriglia alla fine del 700 e da lì si potrebbe ripartire, per arrivare al regno e all’impero, un impero eletto, naturalmente!

    2. Scusate, ma a me ‘sta storia dell’eliminare i contributi pubblici all’editoria non va proprio giù. Allora eliminiamo anche i contributi alla scuola, ai teatri, alle associazioni culturali…
      Per favore. Come se non bastassero le testate che hanno chiuso fino ad ora e tutti i giornalisti che sono a spasso (vedere a questo proposito quest’articolo).
      Sull’abolizione dell’Ordine, sono a favore dal 1997 (se non ricordo male la data), anno del referendum, che però purtroppo non passò.
      Per tutto il resto, come ho già spiegato altrove, non mi permetto di dare “ricette” perché, in quanto espatriata, ammetto di non essere abbastanza addentro ai meccanismi che regolano oggi il giornalismo italiano. So che cosa succede, ma non ho un panorama completo delle cause.
      Quello che so per certo è che bisogna lavorare duro per cambiare la mentalità. Il problema è che sono i media stessi a creare, in parte, la mentalità, quindi si rischia di non uscirne.
      Ma il problema di fondo è che il berlusconismo non è un’invenzione di Berlusconi: lui ha cavalcato l’onda (ci sarà pure una ragione per cui è il Cavaliere, no?), e in particolare l’onda televisiva, fin dai primissimi anni ’80, ed è riuscito a creare un loop per cui il berlusconismo già latente ormai è diventato palese e si autoalimenta. Non è affatto finita un’era, ci siamo ancora in mezzo alla grande. E sarà questo che lo riporterà al potere, ahimè.

      1. Berlusconi, Murdoch, I padroni delle lobby mediatiche americane, russe, ecc ecc…. in tutto il mondo la stampa è schiava. solo che nei paesi anglosassoni la fanno passare x liberale con una scientificita’ raffinata, per dare ovviamente al mondo l’idea della supremazia americana-uk ( di sto piffero). La volgarita’ televisiva e il cosiddetto berlusconismo esiste ovunque, perche’ il grande fratello ( esempio) esiste in ogni nazione europea, il berlusconismo esiste anche nelle sboccate trasmissioni televisive americane dove si lanciano i tavoli in testa, e non scordiamo che gli americani sono i piu’ ignoranti del pianeta, e quindi i piu’ soggiogati alle campagne mediatiche e i piu’ alienati, i piu’ offesi dalle lobby della disinformazione e i piu’ rincretiniti del pianeta. pensano addirittura di essere nel piu’ grande paese del mondo, ma si impalassero vivi!!! il berlusconismo è ovunque, in Olanda, nel Belgio scisso e dicotomizzato dalle lobby separatiste, in Russia sepolto dalle mafie e dai pugni di ferro del regime, in uk, sepolto da fiumi di alcool e alienazione giovanile che ridonda del nulla e del vacuo del leviatano di cemento in cui vivono…in Francia, dove la stampa è inebetita dai parti orrendi della prima donna peripatetica di Francia che nella vita ha fornicato con quasi tutti, finanche a seguire con la classificazione di ” GRUPIE” i piu’ improbabili gruppi Rock in tour x il mondo rendendosi donna oggetto di rockstar drogate!!! ( in pratica io la definirei una Putaine, Salope… se fossi francese). In Italia.–premetto— non ho mai votato fin ora, mi ritengo apolitico— smettiamola di crederci un caso isolato. Berlusconi non faceva comodo per le sue politiche energetiche alle grandi lobby occidentali. Che fosse un puttaniere di gran classe interessava solo a noi pseudoperbenisti. Il giornalismo mondiale è servo di chi deve essere servo, ovunque… Per il principe eletto, da neoconsole pugliese, concordo pienamente. Principe eletto, decisioni collegiali!

  2. ps

    principe eletto, decisioni collegiali, ma NO SISTEMA. perche’ laddove si crea sistema, si crea scontento, ambizione, si eliminano le pari opportunita’, si crea potere. dunque auspico per il nostro regno, un Principato Antisistematico governato da forme elevate di autocoscienza.

  3. Per none ssere dispersivo riprendos olo due argomenti che avete trattato. Premetto solo che ho molto apprezzato i vosti interventi che in buona parte condivido e confermano i miei riscontri e pensieri in merito ai contenuti ed anche ai modi piuttosto esplici con i quali li avete esposti.
    – i contributi all’editoria, purtroppo, li ritengo un abuso per il modo come sono distribuiti, a giroanli che non legge nessuno ma servono solo a sostene partici e partitucoli e lobby legate ai poteri politici, quindi un’orrida gestione clientelare e mafiosa antimeritocratica. Ecco perché ritengo debbano essere aboliti. Il fatto di abolirli non deve per forza significare che devono abolire ogni forma di contributo, anche al teatro o alla scuola … Però sarebbe meglio non distribuirli a pioggià ma a sostegno di progetti di qualità.
    – Principato e principe elettivo. Abbiamo l’esempio del Principato di Seborga, che essendo liguri penso conosciate, essendo ormai da parecchi anni un fenomeno mediatico. Ho seguito la vicenda fin dai primordi poi ho cessato di perdere tempo perché al di là di qualche fondamento storico si era trasformato in una farsa a scopo non tanto goliardico quanto turistico economico speculativo e per dare spazio a persone con velleità psicopatologiche, rivalse sociali e mitomanie anacronistiche, ecc.. Credibilità rasente lo zero anche se la proposta complessiva e l’organizzazione sembrava dotata di apparente coerenza ed eleganza linguistica espositiva e nobili ideali. Ho amici piemontesi che hanno strapagato una casa nel piccolo borgo pur di insediarsi ed il merchandising ha raggiunto livelli da americanate …
    Chiudo qui per non tediarvi, soddisfatto di aver potuto interagire con Voi e magari di poter proseguire

    1. Conosciamo bene la situazione Seborga. Un giorno il principe si è svegliato e si è accorto che 150 anni fa qualcuno aveva dimenticato di chiedere al suo predecessore di firmare la cessione del principato all’Italia, semplicemente perché era abbastanza scontato che accettasse e infatti non si era a suo tempo lamentato. La sua idea si è trasformata in marketing turistico, buon per loro, immagino che siano felici di questa indipendenza economica.
      Noi invece, in quanto n/azione artistica (e satirica), ci proponiamo di sollevare discussioni politiche e sociali internazionali poco chiarite o poco discusse (vedi land grabbing), naturalmente ispirandoci, più che al settecentesco principato di Torriglia, alla Repubblica Partigiana del 1944 e non perché siamo dei comunisti anacronistici, ma perché vediamo nella Resistenza (sia quella comunista che quella cattolica) un puro atto di libertà.
      E questo senza trascurare i particolari che caratterizzano una nazione (altrimenti sarebbe mero pretesto, invece dobbiamo tenere fede alla parodia, se vogliamo continuare a chiamarla “arte”): perciò abbiamo governo, ministeri, ambasciate, passaporto, francobolli e moneta, senza che pubblicizziamo questo prodotto ai turisti (è acquistabile solo in rete o nel Tabaccaio sotto casa).

      1. Ti ringrazio per la risposta contenente utili precisazioni. Mi scuso per i numerosi errori di battitura che ho notato rileggendo il mio precedente commento, dovuti ad una eccessiva premura nello scrivere. Ironia, parodia, satira, ecc., sono componenti preziose di questi tempi, non disgiunte ed antitetiche anche a qualche fondamento storico, ecco perchè ho proposto il principato, ma mi rendo conto che culturalmente è molto più affine la repubblica partigiana (tra l’altro, pur non essendo appassionato di storia contemporanea, ne conoscevo la storia e sapevo essere stata precedente a quella più famosa dell’Ossola). Di discussioni internazionali di cui la massa è all’oscuro ce ne sarebbero a iosa, tanto per fare un esempio, se avete tempo leggetevi quanto ha scritto recentemente l’amico economista (Scuola Economica Austriaca)Francesco Carbone su http://www.usemlab.com dal titolo “Riserva Frazionaria per DUMMIES”. Sono argomenti sconosciuti ai più pur essendo essenziali e casusa primaria dello sfacelo in corso … A presto

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