Gli scontri continuano a Khartoum anche strada per strada tra esercito regolare di Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, generale e Presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, e le milizie di Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemedti. Hemedti è al comando dei famigerati Janjawid, al soldo del deposto dittatore Omar al-Bashir , circa 100mila combattenti che hanno commesso tutti i tipi di crimini contro l’umanità nei diversi conflitti in Sudan, mentre lui diventava anche la persona più ricca del paese. Diversi Paesi stranieri, tra cui l’Italia, stanno preparando l’ evacuazione di migliaia di loro concittadini, anche se il principale aeroporto del Sudan rimane chiuso. L’Rsf ha promesso “piena cooperazione con tutte le missioni diplomatiche, fornendo tutti i mezzi di protezione necessari e garantendo il loro ritorno sicuro nei loro Paesi”. I combattimenti hanno provocato centinaia di morti e migliaia di feriti, mentre i sopravvissuti devono far fronte alla carenza di elettricità e cibo. L’evacuazione avviene con mezzi di superficie fino al Gibuti, dove forze navali trasportano i civili attraverso il mar Rosso.
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Etiopia, assedio ad Addis Abeba
In Etiopia le forze ribelli costituite dal partito Fronte popolare di liberazione dei Tigrè e dall’Esercito di liberazione degli Oromo sono giunti alla periferia della capitale etiope Addis Abeba. Il Consiglio dei ministri dell’Etiopia aveva già dichiarato lo stato di emergenza a livello nazionale dopo che i combattenti avevano conquistato le città strategiche di Dessie e Kombolcha. Il premier Abiy Ahmed Ali chiama alle armi la popolazione.
Venezuela: golpe mancato?
Dopo l’ennesima giornata di marce di protesta contro e a favore del regime, la spallata finale di Juan Guaidó non c’è stata, la rivolta non è andata oltre qualche immagine sui social, gli uomini chiave del regime si sarebbero dovuti schierare con Guaidó e López ma, all’ultimo momento, hanno fatto marcia indietro. Il sospettò è che dietro ci sia lo “zampino” della Russia. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo non ha escluso un intervento militare, che la Russia ha denunciato come una possibile ingerenza verso uno Stato sovrano.
Libia, ribelli all’assalto di Tripoli: 47 morti
Libia, Tripoli nel caos. Truppe ribelli vicine a Khalifa Haftar, capo delle milizie di Tobruk, stringe lo spazio di Fayez Al Sarraj che ha proclamato lo stato d’emergenza. Si combatte nell’area di Abu Salim e secondi fonti della sicurezza i miliziani sono ormai vicini al centro della città. Circa 400 detenuti fuggiti da un carcere.
Può essere colpevole un popolo? Sì, quando ha paura
Le elezioni vinte da Erdogan, per qualsiasi analista, sono un segno evidente del terrore che il Governo è riuscito a incutere al suo popolo.
Non può essere normale che un governo venga riconfermato dopo una lunga serie di sanguinosi attentati e di stragi con centinaia di morti da ogni parte del conflitto politico interno (turchi, curdi, ecc.).
All’indomani della vittoria elettorale, infatti, le autorità turche hanno arrestato due giornalisti della rivista Nokta. In cella anche 35 sostenitori di Gulen, nemico di Erdogan e leader del movimento Gülen, conosciuto più significativamente come Hizme.
Quando si colpiscono i media, l’ombra della democrazia non c’è più. Rimane la pura dittatura.
Una dittatura che il popolo turco non è stato in grado di allontanare con le urne, vinto da quel terrore che il governo è riuscito a incutere loro. Una dittutura che ora potrà superare solo con una guerra civile.
Ucraina: alle urne i filorussi vincono nelle repubbliche separatiste
Alle urne le regioni di Donetsch e Lugansk, le repubbliche dichiaratesi indipendenti nell’Est dell’Ucraina. Uno scrutinio appoggiato da Mosca, ma denunciato come illegale dall’Occidente e da Kiev, che lo considera in contrasto con l’accordo per il cessate il fuoco firmato il 5 settembre a Minsk.
In Nigeria Boko Haram uccide e rapisce un intero popolo
In Nigeria l’incubo attentati e rapimenti non è tornato, come sembrano alludere alcune testate, ma non è mai smesso. In Nigeria c’è ora una vera e propria guerra civile religiosa.
Il 23 giugno Boko Haram (il gruppo che da aprile tiene in ostaggio 200 studentesse, che il mondo vuole liberare al grido di #BringBackOurGirls) ha rapito altre 60 donne tra cui ci sarebbero 31 bambini.
A Kaduna, nel centro del Paese, dove 38 persone, in maggioranza donne e bambini, sono state uccise dopo un raid di un gruppo armato a due villaggi.
Il 25 giugno, i Boko Haram colpiscono un centro commerciale della capitale Abuja, provocando decine di morti.
Le migliaia di morti (che con più di quindici articoli, da ormai tre anni noi andiamo segnalando, vedi il primo della serie di nostri articoli sulla Nigeria) non bastano più all’integralismo islamico, ora rapiscono le donne mentre uccidono gli uomini.
E’ necessario, che l’Occidente, corresponsabile allo svilupparsi di questa situazione, intervenga aiutando il Paese a uscire da questa situazione.
Il presidente Lukha B. Kremo esprime il proprio cordoglio e si sente vicino alla popolazione di un Paese in cui ha vissuto per ben 2 anni, dal 1977 al 1978.
Escalation in Ucraina
Per il presidente della Duma russa Serghiei Narishkin in Ucraina è in atto “un genocidio del popolo russo e ucraino” per colpa delle autorità di Kiev. “e la colpa di tutto ciò è di un piccolo gruppo di avventuristi che ha preso il potere a Kiev”, ha detto Narishkin a Belgrado.
Il 2 maggio scorso a Odessa, dopo scontri tra filorussi e sostenitori del nuovo governo ucraino, un gruppo di manifestanti filo-russi disarmati si è rifugiato nel Palazzo dei Sindacati. Una folla composta da ultrà calcistici, estremisti di destra, sostenitori del governo, ha circondato il palazzo e l’ha incendiato con un fitto lancio di bombe molotov.
Nel resto dell’Ucraina dell’Est continuano le prove di guerra civile: a Donetsk aeroporto bloccato e cancellati tutti i voli.
Il governo ucraino manda rinforzi a Odessa e blinda la capitale in vista della “festa della vittoria”.
il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha chiesto il rispetto dell’accordo di Ginevra del 17 aprile e ha offerto la sua mediazione.
gli Stati Uniti, spediscono in Europa il sottosegretario del Dipartimento del Tesoro David Cohen, che sarà questa settimana in Germania, Francia e Gran Bretagna per discutere circa nuove sanzioni contro la Russia per rispondere “alle azioni illegali in ucraina”.
Ucraina sull’orlo della guerra civile
Scontri a Odessa tra filorussi e nazionalisti ucraini, città portuale sul mar Nero, a colpi di bastoni, lanci di pietre e molotov: centinaia di militanti hanno attaccato una manifestazione per l’unità nazionale alla quale partecipavano circa 1.500 persone. La polizia è intervenuta per separare la folla, secondo un primo bilancio, ci sarebbero almeno venti feriti e tre morti.
Inoltre, molti morti tra i ribelli filorussi e almeno due tra i soldati ucraini a Slovyansk, dove l’esercito di Kiev ha lanciato venerdì mattina una controffensiva su larga scala.
Egitto sull’orlo della guerra civile
La repressione dei Fratelli Musulmani (con la caduta del governo eletto democraticamente) fa ricomparire la jihad, ecco il risultato. Privata di ogni sbocco politico e legale, è fatale che la base del movimento produca delle frange estreme pronte a fare uso della violenza. Già da tempo la penisola del Sinai è il campo di prova di questo nuovo terrorismo. Repressione-reazione violenta-leggi illiberali-terrorismo: è un processo quasi fatale nelle condizioni in cui si trova oggi l’Egitto.
Ora l’Occidente si sveglia allarmato, ma è il processo naturale della repressione che porta a questo.
Non ci sembra esagerato dire che siamo sull’orlo della guerra civile e che è necessario cambiare rotta subito, ma siamo pessimisti: si doveva evitare questa situazione prima, durante questi mesi.
Egitto: dalla primavera all’autunno
In Egitto è stato dichiarato lo stato di emergenza per almeno un mese a partire dalle 16 di oggi. Lo ha annunciato la Tv di stato citando un comunicato della presidenza. Mohammed el-Beltagy, uno dei leader dei Fratelli musulmani, ha dichiarato che il bilancio dei morti dopo gli sgomberi dei sit in dei sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi è di più di 300 persone.
Ai sud-Europei (dai, chiamiamoli con il loro nome), considerata la loro sensibilità politica internazionale, consiglio una bella cammellata in Egitto.
Dopo il golpe, l’Egitto è in guerra
Dopo il golpe l’Egitto è in guerra. Questo titolo vuole ribadire quanto la maggior parte dell’informazione in Occidente sia cauta nel definire la situazione in Egitto (si è evitato accuratamente di usare il temine golpe o colpo di stato, si evita accuratamente di usare il termine guerra civile). Piuttosto si parla di “sull’orlo della guerra civile”. Un orlo tremendo visto che inun griorno ha fatto almeno 74 vittime.
L’Egitto è in guerra civile, lo abbiamo constatato già dal 3 luglio (quasi un mese fa, vedi) ma, come per la Siria, l’informazione ha edulcorato la cosa finché poteva (noi avevamo parlato di guerra civile in Siria dal 25 aprile 2011, vedi, e andatevi a vedere quando le agenzie d’informazione hanno utilizzato la parola rivoluzione o guerra per la Siria).
I massacri in Siria non hanno molta eco su Facebook…
Dal Vernacoliere, giornale satirico livornese. Cari, cercate di comprendere la battuta, e di considerare gli uomini almeno all’altezza degli animali da compagnia che tanto ci sopportano.
Ah, ma in Siria c’è la guerra?
Le forze di sicurezza di Bashar al-Assad bombardano (dal cielo) la capitale Damasco, mentre si scontrano con le milizie ribelli ad Aleppo. Solo da un paio di settimane il mondo e i media meno accorti si sono resi conto che in Siria c’è una guerra civile, cosa che noi abbiamo fatto notare sin dal 25 aprile 2011, ben 15 mesi fa, chiamandola prima rivoluzione, e poi, il 1° agosto 2011, con il suo vero nome: guerra civile.
Con questo vogliamo soltanto dire che basta una maggiore attenzione a questi avvenimenti per capire di che cosa si tratta. Il valore strategico della Siria potrebbe riaccendere adirittura una nuova Guerra Fredda (ricordate? tra Usa e Russia). La possibilità c’è: noi ve lo abbiamo detto, voi continuate a pensare al calciomercato.
Siria? una scaramuccia. Solo 8000 morti
8000 persone uccise in un anno. Questo è il bilancio secondo l’Onu delle vittime della repressione in Siria. Fra le vittime ci sono molti donne e bambini. Lo ha dichiarato il presidente dell’Assemblea generale, Nassir Abdulaziz al-Nasser, secondo cui le “violazioni dei diritti umani sono diffuse e sistematiche» e in questo «la comunità internazionale ha una sua responsabilità”. Per l’opposizione siriana, il numero delle vittime è invece superiore a 9000, tre volte le vittime dell’11 settembre.
Cosa non si fa per difendere il proprio potere…
Non ci riferiamo saltanto ad Al Assad e al governo siriano, ma anche alla “neoguerra fredda” tra PAesi della Nato da un lato e Russia e Cina dall’altro, timoroso che un intervento Onu possa spostare gli equilibri e le egemonie politica da una parte o dall’altra.
Come sempre, l’Onu non assolve al suo scopo di tutela degli interessi dei cittadini (che vengono per ultimi) ed è utilizzato per scopi egemonici.
In Siria si continua a morire in strada
E l’ONU cosa fa? Niente.
Perché allora in Libia si è intevenuti? Per il petrolio.
Bisogna imparare a capire che, per quanto l’Onu sia nata per evitare invasioni di nazioni straniere e garantire i diritti civili, le pressioni di altri organismi internazionali e militari prendono le vere decisioni a livello mondiale.
Chiamare “missioni di pace” gli interventi in Libia, Afghanistan e Iraq è come chiamare sazietà il pranzo. In pratica della guerra si tiene conto solo della sua fine: il trattato di pace.
Ma è giusto che riflettiate su questo: la guerra alla Libia aveva lo scopo primario di garantire una pace necessaria alla stipula di accordi economici prevalentemente petroliferi, secondariamente quello di evitare invasioni di immigrati in Europa e, tre piccioni con una fava, garantire i diritti civili dei libici. Inutile dire che grazie al terzo scopo (in ordine di importanza per la Nato) la Nato ha avuto più consensi dell’opinione pubblica che per altre guerre, ma non dimentichiamoci che gli scopi primari sono altri e che avrebbero fatto anche se l’opinione pubblica fosse stata contrarissima (come è già avvenuto nella Seconda Guerra dl Golfo con addirittura il dissenzo dell’Onu).
Tutto molto semplice, per questo in Siria si continuerà a morire per delle idee per molto tempo (lo si sta facendo da aprile).
Primavera araba: altra guerra civile!
Dopo le guerre civili di Tunisia, Egitto e Libia e la rivoluzione repressa nel sangue in Siria, ora anche in Yemen è guerra civile.
Ieri oltre 40 morti a seguito degli scontri in corso a Sana’a tra le forze del regime e quelle della tribù più potente del Paese, gli Hashid, guidata dallo sceicco dissidente Sadiq Al-Ahmar, di cui il presidente Ali Abdullah Saleh ha ordinato l’arresto. Ma i morti negli ultimi giorni sono molti di più.
Noi condanniamo la repressione del regime yemenita e appoggiamo i ribelli (come in Tunisia ed Egitto) e ribadiamo la condanna dei regimi di Libia e Siria.