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Sale tensione tra Israele, Libano e Palestina


Sempre più tesa la situazione nella striscia di Gaza e nel sud del Libano, dove Israele tra giovedì e venerdì ha bombardato centri di addestramento e depositi di armi di Hamas, il cui leader politico Ismail Haniyeh si trova a Beirut da mercoledì, oltre ad alcuni luoghi disabitati nei pressi di Al Kolayleh, vicino alla città meridionale libanese di Tiro. Nel primo pomeriggio, il Capo dell’Esercito israeliano Herzl Halevi ha ordinato poi la mobilitazione dei riservisti. Nelle stesse ore, tre coloni israeliani sono stati uccisi da alcuni colpi d’arma da fuoco sparati da militanti palestinesi nella West Bank, scatenando ulteriori rappresaglie di altri coloni nei confronti di cittadini palestinesi in uscita o in ingresso a Ramallah.

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Israele in rovilta: Natanyahu come Berlusconi


Dopo il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant, contrario alla riforma della giustizia, la protesta ha coinvolto oltre 700mila persone. La riforma della Giustizia prevede che le nomina della Corte Suprema sia fatta dal Governo. Israele non ha una vera Costituzione e ciò rappresenterebbe dissolvere il potere giudiziario. Netanyahu in questo momento è sotto processo per corruzione e altri reati e la sua difesa ritiene che le accuse siano motivate solo dal punto di vista politico. 

In seguito alla protesta gli Stati Uniti esprimono preoccupazione per la Legge e il console isrraeliano a New York so è dimesso. Benjamin Netanyahu potrebbe fare un passo indietro, congelando la proposta a un passo indietro. La rivolta nella notte, unita alle

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Attentati con droni in Iran, sotto ci sono Israele e Ucraina?


L’ultimo attacco da parte di droni alla fabbrica della Difesa dell’Iran, a Isfahan, che secondo alcuni media americani sarebbe da ricondurre a Israele, ha scatenato le reazioni di Russia e Ucraina, con il governo ucraino che con Mikhailo Podolyak che attribuisce la responsabilità al ruolo svolto dal regime degli ayatollah nel conflitto ucraino, in particolar modo con la fornitura di droni all’esercito della Russia. La Russia infatti ha fermamente condannato l’attacco a un Paese sovrano e Teheran ha richiamato il diplomatico di Kiev dopo le dichiarazioni di Mikhailo Podolyak.

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Conflitto arabo israeliano, da stesera cessate il fuoco


29, inclusi 6bambini, è il bilancio dei palestinesi morti da venerdì scorso a causa degli attacchi israeliani nel conflitto in corso: lo ha reso noto oggi il ministero della Sanità di Gaza aggiungendo che i feriti sono 215. Sirene di allarme sono risuonate alla periferia di Gerusalemme. I sistemi di difesa Iron Dome hanno intercettato due razzi sparati da Gaza. Non si ha notizia di vittime israeliane.

Dalla mezzanotte del 8 agosto scatta il primo cessate il fuoco.

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Escalation di violenza tra Palestina e Israele


Un razzo proveniente da Gaza mercoledì sera è caduto nel sud di Sderot, seguito da un ulteriore lancio di almeno quattro razzi. Israeliani reagiscono con incursione aerea. E’  la più grande escalation armata dopo gli scontri del maggio 2021. L’esercito israeliano ha reagito con un’incursione area nel centro di Gaza, dopo la mezzanotte, a cui è seguito un lancio di altri quattro razzi da parte di militanti di Hamas.

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Israele vuol raddoppiare gli abitanti del Golan


In Israele il Golan, è immaginato come un insediamento, o si pensa ai suoi abitanti come coloni. Il Golan è una terrazza di basalto e erba indispensabile per la difesa del Paese intero, senza il Golan ogni invasione dal Nord, dove molti nemici, fino all’Irak e alll’Iran, risiedono oltre la Siria, sarebbe molto più facile. Il primo ministro Naftali Bennett ha potuto tranquillamente presentare come una scelta collettiva dei tanti partiti che compongono il suo governo, dalla sua destra sionista fino al partito arabo di Ram, il piano da 317 milioni di dollari per il Golan, con cui si invita la popolazione a venire a vivere nella natura (7mila case e due quartieri da 2mila alloggi l’uno), promettendo case e infrastrutture oltre che possibilità di lavoro.

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Israele continua a bombardare Gaza. Razzi dal Libano


Il premier Benyamin Netanyahu ha detto di essere determinato ad andare avanti con l’operazione. Un convoglio di aiuti umanitari giordani destinato all’ospedale giordano di Gaza non ha potuto entrare oggi nella Striscia perchè il valico di Kerem Shalom da cui doveva transitare è stato oggetto di un attacco di mortai palestinesi. La Casa Bianca ha reso noto che il presidente Usa Joe Biden ha parlato oggi con il premier israeliano Netanyahu esprimendogli la sua volontà di arrivare al cessate il fuoco. Intanto le sirene di allarme antimissili stanno risuonando nel nord di Israele, nella zona compresa tra Haifa e il Libano.

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A Gaza più di 100 morti, pronta l’invasione di Israele


I razzi lanciati dai territori palestinesi sono più di un migliaio, quasi tutti intercettati dal sistema di difesa Iron Drone. Israele ha risposto con centinaia di attacchi aerei e Netanyahu esclude il cessate il fuoco. Strage in un villaggio della Striscia. Oltre 100i morti dall’inizio degli scontri.

Israele ha richiamato altri 9mila riservisti, con il totale che sale così a 16mila, e sono state bloccate tutte le licenze. SI prepara l’invasione via Terra nella Striscia di Gaza.

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Bombe tra Hamas e Israele


Hamas ha inasprito gli attacchi contro Israele lanciando una grande salva di razzi (circa 40) verso Ashdod, circa 40 chilometri a nord di Gaza, comereazione ai disordini della Spianata delle Moschee. Israele ha reagito bombardando alcuni obiettivi palestinesi e sono rimaste uccise 28 persone e dferite 152 feriti. Successivamente Hamas ha lanciato 130 razzi contro Tel Aviv, chiuso l’aeroporto.

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Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, il delitto perfetto di Trump e Netanyahu


Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, scienziato a capo del programma nucleare iraniano, è stato ucciso il 27 novembre mentre si trovava a bordo di un’auto a circa 70 chilometri da Teheran. In passato sono stati uccisi altri quattro scienziati iraniani: nel 2010 Masoud Alimohammadi e Majid Shariari, nel 2011 Dariush Rezaeinejad e nel 2012 Mostafa Ahmadi Roshan.

L’incontro segreto avvenuto tre giorni fa a Neom, in Arabia Saudita, tra il potente erede al trono Mohammad Bin Salman e Netanyahu e probabilmente Mike Pompeo (che noi stessi avevamo segnalato) è un indizio che qualcosa bolliva in pentola. La scorsa settimana Trump aveva paventato la possibilità di bombardare la centrale nucleare atomica di Natanz, con l’obiettivo implicito di sabotare la strada che Joe Biden ha annunciato di voler percorrere di riappacificazione nei confronti dell’Iran.

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Netanyahu in visita segreta in Arabia Saudita


Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si sarebbe recato ieri in Arabia Saudita, dove ha avuto un incontro con il principe ereditario Mohammed bin Salman e con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo. Lo hanno riferito questa mattina la radio pubblica Kan e la Radio militare. Secondo alcune indiscrezioni, l’incontro avrebbe avuto luogo a Neom, a poche miglia dal confine meridionale di Israele.

Quest’incontro sarebbe la conferma che la politica mediorientale è stata ridisegnata. Gli accordi (per ora segreti), già voluti da Trump tra Israele e Arabia potrebbero essere, oltre che commerciali, anche politici, in funzione anti-iraniana.

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Washington: firmato l’accordo tra Israele, Emirati e Bahrein


Trump ha firmato alla Casa Bianca gli “accordi di Abramo” tra Israele, Emirati Uniti e Bahrein: in inglese, ebraico e arabo, che normalizzano le diplomazia tra i tre Paesi. “Dopo decenni di violenze questi accordi segnano l’alba di un nuovo Medio Oriente grazie al coraggio dei leader visionari di questi tre Paesi” ha affermato il presidente americano alla cerimonia alla Casa Bianca per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e i due Paesi del Golfo.
Lo scacchiare puramente diplomatico del Medio Oriente è sempre più complesso, considerando anche gli screzi tra Sauditi e Qatarini. Certamente a restare isolati sono la Palestina e l’Iran.

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Beirut, cosa c’è dietro l’esplosione?


Le esplosioni che hanno seminato morte e distruzione a Beirut sono ancora classificate come “incidente”, Ma a chi apparteneva l’esplosivo? Ed è stato davvero un incidente?

Mentre sono stati arrestati i “responsabili” dell'”incindente” al porto di Beirut, si possono fare delle ipotesi. Al momento sappiamo che nell’Hangar 12 c’erano 2750 tonnellate di nitrato di ammonio, (stoccato lì fin dal 2013) sostanza utilizzata per produrre fertilizzanti ma anche per produrre esplosivi, e vicino c’era anche un deposito di fuochi d’artificio. Gli Hezbollah hanno utilizzato il nitrato di ammonio per costruire esplosivi per le testate dei missili, inoltre si dice che ci fosse anche un loro deposito di armi coinvolto nell’esplosione. Le ipotesi possono essere varie, l’utilizzo del materiale da Hezbollah e Sciiti (filoiraniani) per preparare nuovi attacchi e anche l’esplosione guidata dai Servizi Segreti Israeliani che forse hanno sottovalutato il potenziale esplosivo. Naturalmente Hezbollah e Israele negano tutto. Per cui sono ipotesi destinte a rimanere tali perché difficilmente la realtà verrà a galla. Intanto, negli scorsi gorni c’è stato un incontro con accordo tra Israele ed Emirati Uniti in funzione antiiraniana. Il movimento sciita libanese, alleato di Siria e Iran, è al centro negli ultimi mesi di attacchi, pressioni e sanzioni Usa e l’esplosione “mirata” potrebbe essere al centro di questi movimenti per isolare l’Iran e i combattenti Sciiti.

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Iran: un riassunto degli ultimi giorni


Tre giorni di lutto stabiliti per commemorare il generale Soleimani, capo della divisione Al Quds dei Guardiani della rivoluzione, ucciso in un raid americano in Iraq. Nella capitale milioni di persone sono scese in strada per i funerali all’università di Teheran, una partecipazione paragonabile a quelli di Khomeini, negli anni 80. Zeinab Soleimani, sua figlia, promette giorni bui per gli Stati Uniti e Israele e Trump ribadisce via Twitter di essere pronto a rispondere anche in maniera sproporzionata e bombardare 52 siti culturali, se gli americani verranno colpiti. Il giorno dopo il feretro del generale viene portato nella città di Kerman, nel sud, vicino al suo villaggio natio tra le montagne. L’emotività e l’orgoglio nazionale finiscono con l’uccidere 56 persone, schiacciate dalla folla. Altre 213 rimangono ferite, la sepoltura viene rimandata. Gli Stati Uniti negano al ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif il visto per recarsi al Consiglio di sicurezza dell’Onu per parlare della crisi. Zarif spiega che non c’è bisogno di andare a New York per «dire la verità» all’opinione pubblica americana, e concede interviste alle tv Cnn e Cbs.

All’1.20 di mercoledì mattina, scatta l’operazione «Martire Soleimani». L’Iran rivendica un doppio attacco con missili balistici contro due basi irachene che ospitano truppe americane. L’ora non è casuale: coincide con il momento dell’uccisione di Soleimani, che alle 2 del mattino, viene seppellito.

Poche ore dopo, alle 6.18 del mattino, un aereo della Ukraine Arilines precipita non appena decollato dall’aeroporto Imam Khomeini di Teheran, facendo 176 vittime. Il giorno successivo, il Canada afferma che è probabile che il velivolo sia stato abbattuto per errore da un missile terra-aria iraniano. Teheran rifiuta di consegnare le scatole nere. Il capo dell’aviazione civile iraniana Ali Abezadeh si dice «certo» che non sia stato un missile. Ma, due giorni dopo, sabato mattina, dopo una riunione congiunta con le parti internazionali, l’Iran rivela che ha abbattuto per errore l’aereo ucraino, nelle ore successive al lancio di missili contro le basi irachene.

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Tensione Israele-Iran. “Pronti a distruggere Israele”


Israele rivendica la risposta armata dopo il missile lanciato sulle Alture del Golan e la Germania mette al bando gli aerei della compagnia iraniana Mahan Air per il sospetto di attentati.

“Siamo pronti per la guerra decisiva che porterà alla scomparsa di Israele. Le nostre forze armate sono preparate per il giorno in cui Israele sarà distrutto”. Queste le parole del capo dell’aeronautica iraniana Aziz Nasirzadeh secondo la tv di Stato di Teheran e riportate dal sito del Times of Israel.

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Aereo militare russo abbattuto dai siriani. Per i russi gli F16 israeliani si sono fatti scudo


Il governo russo ha confermato che l’aereo Ilyushin-20 dell’aeronautica militare russa è stato abbattuto per errore dalla contraerea siriana durante un attacco israeliano su Latakia. Gli F-16 israeliani che stavano attaccando la città siriana si sono fatti scudo con il velivolo russo, ed è per questo che è stato centrato dai missili antiaerei di Damasco.

La Russia minaccia ritorsioni contro Israele.

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Approvata la legge che dichiara Israele “Stato-nazione del popolo ebraico”


Al termine di un dibattito infiammato, la Knesset a maggioranza ha approvato la notte scorsa una controversa legge che definisce Israele come «Stato-nazione del popolo ebraico». Soddisfatto il premier Benyamin Netanyahu che ha parlato di «rispetto di tutti i cittadini», mentre Ayman Odeh, leader dei partiti arabi, ritiene che la norma dimostri che Israele «non ci vuole qui».

La legge dichiara anche Gerusalemme capitale di Israele e adotta il calendario ebraico come quello ufficiale dello Stato. In una clausola, secondo i media, retrocede la lingua araba da «ufficiale» a «speciale». Altra norma controversa è quella che sancisce che «lo Stato vede lo sviluppo dell’insediamento ebraico con valore nazionale e agirà per incoraggiare e promuovere il suo consolidamento».

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La situazione in Palestina


Stralci da Il Fatto Quotidiano (che ringraziamo): “la leadership dell’organizzazione guidata da Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh ha il pieno controllo su ciò che accade a Gaza. Ha incoraggiato le masse a raggiungere la Barriera di confine e sta gestendo l’intensità della violenza nelle manifestazioni. È la leadership di Hamas che ha deciso di astenersi dal lanciare missili contro Israele, nonostante i numerosi morti, anche nelle precedenti settimane. Questa leadership ha dimostrato a Israele cosa è in grado di fare con la folla dei disperati di Gaza, quanta rabbia e violenza può lasciare dilagare. Con devastanti effetti, anche per Israele. Se l’asimmetria dello scontro mette da un lato un esercito moderno, sofisticato e ben armato come l’Idf e dall’altro masse di civili disarmate con aquiloni e pietre, la débâcle mediatica e diplomatica è certa. Come la dura reazione dell’Onu e della comunità internazionale.

Dall’altro lato della Barriera di sicurezza, anche se la violenza dovesse scemare, Israele non ha una vera politica per affrontare i problemi della Striscia, oltre che rifiutare fermamente le richieste di Hamas.”

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A Gerusalemme inaugurata ambasciata Usa, a Gaza 52 palestinesi uccisi


Mentre Ivanka Trump celebra lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, con tanto di cerimonia e targa, nella striscia di Gaza è un massacro: 52 morti, otto minori di 16 anni, oltre duemila i feriti.

Gli Usa e Israele si isolano politicamente dal mondo. La condanna infatti è globale: arriva dall’Onu, dall’Unione Europea, dalla Francia, dal Regno Unito, dal Libano, dal Qatar e dalla Russia.

 

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Scontro Iran-Israele sul Golan


La forza iraniana Al Quds ha lanciato circa  20 razzi verso postazioni israeliane di prima linea sulle Alture del Golan, il territorio siriano occupato dalle forze israeliane.

Israele ha risposto lanciato circa 70 missili in territorio siriano. Gli ordini di quell’attacco sono stati impartiti dal generale iraniano Qassem Suleimani. Il loro lanciarazzi era situato a Kisweh, presso Damasco.

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Schermaglie nei cieli tra Israele e Iran


Un F16 israeliano che stava dando la caccia a un drone iraniano, è stato abbattuto dai sistemi di difesa siriani, precipitando nei pressi del villaggio israeliano di Harduf e facendo scattare i sistemi di allarme nel Golan occupato. I caccia israeliani avevano intercettato un drone iraniano lanciato dalla Siria che, secondo Israele, si trovava nello spazio aereo israeliano e come controrisposta hanno colpito obiettivi nella zona di Tadmor. Accuse respinte da Teheran, dalla Russia e da Hezbollah, che, in una dichiarazione congiunta, negano la violazione dello spazio aereo e accusano Israele di aver mentito per giustificare gli attacchi di risposta in Siria, e promettono una “risposta dura e ferma a ogni nuova aggressione”.

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Schiaffo dell’ONU a Israele e Usa. E Israele esce dell’UNESCO


L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha bocciato la decisione di Donald Trump di spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, con l’implicito riconoscimento della Città Santa quale capita di Israele. Contro la risoluzione Usa che avevano esplicitamente minacciato di rappresaglia i Paesi che si sarebbero espressi contro di loro. Hanno votato contro in 128, 9 a favore e 35 si sono astenuti. “E’ una vittoria per la Palestina”, ha dichiarato un portavoce del presidente palestinese, Mahmoud Abbas.
Due giorni dopo, Israele ha annunciato che lascerà l’Unesco entro la fine del 2018 per i “sistematici attacchi” da parte dell’organizzazione delle Nazioni Unite contro lo Stato ebraico. Il portavoce del ministero degli Esteri, Emmanuel Nahshon, ha precisato che la decisione è stata presa per i “tentativi” dell’Unesco “di disconnettere la storia ebraica dalla terra di Israele”, aggiungendo che la lettera formale sarà presentata all’agenzia Onu entro la fine di quest’anno e che quindi Israele lascerà l’Unesco entro la fine del 2018.

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La Nazione Oscura riconosce il Texas come parte del Messico


Il presidente Donald Trump ha annunciato uno spostamento della politica estera in base al quale gli Stati Uniti avrebbero riconosciuto ufficialmente Gerusalemme come capitale di Israele, mettendo in moto un piano per trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

In risposta al riconoscimento da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di Gerusalemme come capitale israeliana, l’Autorità Nazionale Palestinese ha annunciato che riconoscerà il Texas come stato del Messico da quando è stato violentemente annesso dagli Stati Uniti negli anni Quaranta dell’Ottocento.

La Nazione Oscura l’ha appena fatto.

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Netanyahu è un revisionista di stampo nazista


Ho sempre avuto in amicizia la comunità ebraica italiana, che ho avuto la fortuna di frequentare per un po’. Non posso dire la stessa cosa di chi, in Israele, ha votato per questo personaggio inquietante: Benjamin Netanyahu. Al congresso sionista mondiale, infatti, ha dichiarato che Adolf Hitler non aveva alcuna intenzione di sterminare gli ebrei, voleva solo espellerli, ma fu convinto dal muftì palestinese Haj Amin al-Husseini. Critiche dal leader dell’opposizione Itzjak Herzog che dimostra che una parte (ahimé minoritaria) di questo Paese non è rappresentato al Governo.
Secondo le parole di Netanyahu un incontro avvenuto nel 1941 a berlino, il muftì disse al leader nazista: “Se tu li espelli, verranno tutti qui (in Palestina)”. Allora, secondo Netanyahu, Hitler gli chiese: “Cosa dovrei fare con loro?”. E la risposta del muftì sarebbe stata: “Bruciali”. Come ricorda oggi il quotidiano Haaretz, Netanyahu aveva già sostenuto tale tesi in un discorso tenuto alla Knesset nel 2012.
Secondo le parole di Netanyahu, in incontro avvenuto nel 1941 a berlino, il muftì disse al leader nazista: “Se tu li espelli, verranno tutti qui (in Palestina)”. Allora, secondo Netanyahu, Hitler gli chiese: “Cosa dovrei fare con loro?”. E la risposta del muftì sarebbe stata: “Bruciali”. Come ricorda oggi il quotidiano Haaretz, Netanyahu aveva già sostenuto tale tesi in un discorso tenuto alla Knesset nel 2012.
La tesi che Hitler abbia ascoltato le ragioni di un muftì palestinese, oltre che falsa, è sopratuttto ridicla, come il resto del Revizionismo neonazista.

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Intifada dei coltelli: nuovi morti


Malgrado l’elevato stato di allerta in Israele e nei Territori, anche oggi, si sono avuti cinque attacchi da parte di lupi solitari palestinesi, quasi tutti minorenni.
Ma nei Territori Occupati da più parti si accusano con indignazione le forze israeliane di averli eliminati, in almeno due casi, a sangue freddo. Il bilancio della giornata è di tre palestinesi uccisi, due feriti in modo grave, e di tre militari israeliani feriti.

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Città arabe in Israele: è caos!


Mustafa al Khatib
Mustafa al Khatib

Sono trascorse quasi due settimane dal primo ottobre, il giovedì che ha riacceso le tensioni concrete tra palestinesi e israeliani. Tensioni latenti di cui oggi il mondo si accorge perché si mostrano sotto forma di coltelli e di omicidi sommari. In prima linea ci sono gli adolescenti: dei 25 morti palestinesi in 12 giorni la stragrande maggioranza è minorenne, tutti hanno meno di 30 anni. Un massacro a cui si aggiungono i 4 morti israeliani, uccisi proprio giovedì primo ottobre.
Stamattina la stampa ha riportato della 25esima vittima palestinese: un ragazzo di 18 anni, Mustafa al Khatib, è stato ucciso dalla polizia israeliana vicino alla Porta dei Leoni, uno degli ingressi in Città Vecchia.
Come non si vedeva da anni, le città palestinesi in territorio israeliano stanno esplodendo: le tv mostrano scene che di solito caratterizzano la Cisgiordania. Gli arabi israeliani (cioè cittadini arabi in territorio israeliano) rivendicano gli stessi diritti degli ebrei, ma sono considerati cittadini di serie B.

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J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque


Questo è un atto di accusa. Verso tutti i governi coinvolti e i loro doppi giochi. Verso le degeneri ideologie religiose, verso il colonialismo globale degli Usa e l’autoritarismo della Russia, verso i terroristi. Ma è anche un suggerimento. Perché le accuse devono essere seguite da ipotesi costruttive.
Dopo questa introduzione, leggetevi le schede proposte (linkate), complete di esaustive cartine.
Per scelta, questo articolo NON comprende alcune teorie dietrologiche anche se assolutamente valide, ma si attiene soltanto ai FATTI.

La chiave di lettura del disassetto del Medio Oriente e non solo e il conseguente esodo di questi giorni è la contrapposizione di quattro poteri forti: gli Stati Uniti, la Russia, l’Islam sunnita e quello sciita.
Durante la Guerra Fredda l’Unione Sovietica era alleata con gli sciiti, con l’Asse Urss-Iran. Discorso analogo l’alleanza tra Usa e sunniti, con l’asse Usa-Arabia Saudita, con la complicazione dal rapporto privilegiato Usa-Israele. I rapporti economici tra Israele e Sauditi anticipavano già le contraddizioni odierne, acuitesi dopo la fine della (prima) Guerra Fredda.
Una volta caduto il tabù della guerra nucleare tra superpotenze, la politica estera degli Stati Uniti è cominciata via via a essere sempre più “rilassata” nei confronti di nazioni che prima appartenevano al blocco sovietico (Europa dell’Est e Iran).
In Europa il frettoloso allargamento della NATO (che ha inglobato le repubbliche baltiche Lituania, Estonia, Lettonia) fino ad avviare trattative con l’Ucraina, ha aggravato il contrasto etnico tra ucraini e russi all’interno del Paese. Naturalmente la Russia è risentita dell’atteggiamento degli Stati Uniti che continuano a sanzionarla.
(Vedi la scheda “Ucraina”).
Nel frattempo lo scontro tra sunniti e sciiti si è aggravato per due motivi: l’allentamento delle alleanze con gli alleati storici, ma soprattutto l’avanzamento di ideologie salafite (e quindi fondamentaliste e jihadiste) in tutto il Medio Oriente. Le conseguenze sono state più estreme del previsto: 11 settembre, Al Qaeda e Stato Islamico hanno fatto in modo che Russia e Stati Uniti si trovassero coinvolti unitamente nello stesso punto strategico: la Siria e l’Iraq.
(Vedi le schede “Siria”, “Stato Islamico e Iraq”).
Lo scontro tra sciiti e sunniti però si gioca tra Arabia e Iran e la scintilla è scoccata con la guerra in Yemen (Vedi le schede “Yemen e Arabia Saudita” e la scheda “Iran”).
La partita oggi si gioca in 4 e le vecchie alleanze non hanno più l’esclusività di un tempo (ci sono alleanze incrociate, temporanee o ambigue). Resta alla periferia dal gioco la disastrosa situazione in Libia (vedi la scheda “Libia”) e l’annosa questione tra Israele e Palestina (che qui non affrontiamo in quanto lo abbiamo fatto già atre colte).
Nella varie schede ho descritto sommariamente, ma in modo accurato con cartine molto precise, la situazione etnica e religiosa, quella delle forze in campo, le alleanze ufficiali e le accuse reciproche a ogni attore politico. Questa parte è composta solo da fatti, nessuna opinione, né personale né dietrologica è contemplata. La schede terminano con un commento personale super partes e dei suggerimenti personali, questi sì ideologici.
Come potrete comprendere leggendo le schede, i governi sono interessati soprattutto ai vantaggi economici, le democrazie mettendo in primo piano solo i diritti civili dei propri cittadini, i regimi nemmeno questo.
L’Onu persegue la vecchia politica dell’integrità nazionale (come nel congresso di Vienna del 1815), mettendo in secondo piano il principio di autodeterminazione dei popoli.
Per perseguire entrambi questi principi termino questa introduzione con l’esempio del Libano.
Il Libano è sempre stato abbastanza stabile, vista l’assenza di una netta maggioranza sciita o sunnita all’interno del Paese. Il potere è distribuito ugualmente: il presidente del governo libanese deve essere un cristiano, il primo ministro un sunnita e il portavoce del parlamento uno sciita. I conflitti si concentrano principalmente nel nord del Paese, ai confini con la Siria, dove il gruppo militante sciita degli Hezbollah sostiene il governo di Bashar al-Assad.
La chiave sciiti contro sunniti e dei loro vecchi alleati, spiega solo in parte lo scontro nel e sul Golfo. Spiega ancor di più, e meglio, un’altra chiave di lettura: la crisi di legittimità dei poteri e la conseguente crisi ideologica.

Lukha B. Kremo, 11 settembre 2015

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La guerra civile in Yemen e l’Arabia Saudita


[tratto da “J’accuse (e Je Suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015]

Situazione etnico/religiosa:
L’Arabia è detta saudita perché è una monarchia assoluta in mano alla famiglia Saud. I sunniti hanno la stragrande maggioranza. Il regime appoggia l’islamismo salafita, nella fattispecie il wahabismo, che meritano un piccolo approfondimento.
Le teorie salafite nascono e si affermano nel corso di secoli: Ibn Taymiya era un giurista e teologo siriano vissuto nel XIV secolo, la cui teoria era che i testi sacri del Corano e della Sunna potevano essere interpretati individualmente. nel XVIII secolo anche Mohammed Ibn Abdel Wahab (1703-1792; fondatore del Wahabismo) vuole ritrovare un Islam puro. L’ultimo movimento salafita di rilievo, in ordine di tempo, a’ stato poi quello di Hassan al Banna che ha fondato nel 1928 l’Associazione dei Fratelli Musulmani. In questo caso, rispetto ai predecessori, il teologo egiziano introduceva una variante: l’utilizzo dell’Islam come strumento politico per la guida delle masse. Negli anni ’50 un altro egiziano, Sayyed Qutb (1906-1966), anch’egli membro dei Fratelli Musulmani, teorizzerà sul fronte del salafismo politico la lotta armata per prendere il potere sui capi arabi “empi” ed il ripristino di uno Stato islamico. Qutb è stato il referente ideologico di molti movimenti terroristici, non ultimo Al Qaeda.
Il salafismo quindi è diventato irredentismo, nazionalismo di matrice araba, lotta al consumismo e al lassismo dei costumi dell’Occidente, fino ad arrivare al Jihad ed al terrorismo islamico. I suoi principali rappresentanti sono oggi i Fratelli Musulmani (il partito che aveva vinto le elezioni in Egitto prima di essere destituito l’anno scorso) ed il wahabismo (oltre a quella pletora di sigle e organizzazione che compaiono periodicamente nel panorama mediorientale).
L’aspetto più pericoloso del wahabismo è l’alimentare una cultura religiosa di intolleranza e una lotta endogena senza quartiere verso quelli che non accettano le teorie salafite (l’adorazione dei santi e degli uomini pii è considerata alla stregua del politeismo) e tutti i sunniti moderati, come le confraternite sufi.
In Yemen (riunificatosi nel 1990 dopo la caduta dell’Unione Sovietica), i territori del nord-ovest vedono la maggioranza di sciiti zayditi Houthi, mentre il resto del Paese è a maggioranza sunnita.
La parte orientale del Paese è comunque sotto il controllo delle milizia di Al Qaeda (vedi mappa politico-religiosa dello Yemen, a fine articolo). Il presidente eletto nel 2012 Abd Rabbih Mansur Hadi (unico candidato).
Situazione sul campo:
Nel gennaio 2015 il presidente Abd Rabbih Mansur Hadi viene obbligato alle dimissioni dalla rivolta degli Houthi, che s’impadroniscono della capitale San’a.
La guerra si estende alla vicina Arabia Saudita, e assume sempre più i connotati di una resa dei conti tra Arabia Saudita e Iran, tra sunniti e sciiti. Non è propriamente un’azione di guerriglia, e nemmeno un’operazione senza ritorno, ma una vera e propria operazione di guerra, da esercito, pianificata nei minimi dettagli, non da milizia jihadista: i ribelli Houthi si sono infiltrati in Arabia Saudita e hanno attaccato Najran, città di confine.
Gli sciiti provano ciò cui Osama bin Laden ambiva ma che con la sua al Qaeda non era riuscito a realizzare: destabilizzare il regno saudita.
L’Iran, infatti, ha proprio negli Houthi il suo principale strumento di influenza nello Yemen. Sfruttando la comune appartenenza allo sciismo, l’obiettivo del regime iraniano sarebbe quello di favorire la creazione di un movimento per certi versi simile al libanese Hezbollah.
Ulteriori preoccupazioni geopolitiche arrivano dallo stretto di Bab-el-Mandeb. Da qui passano le rotte che collegano il mar Mediterraneo all’Oceano Indiano, attraverso il canale di Suez e il mar Rosso e da qui passa il 63% della produzione di greggio mondiale.
Gli Stati Uniti e la Francia, per tranquillizzare l’alleato Usa e NATO, sia per questa guerra e soprattutto dopo l’accordo tra Usa e Iran sul nucleare, vedi scheda dell’Iran) stanno armando i Sauditi.
La guerra rischia di deflagrare dallo Yemen alla confinante Arabia Saudita.
Visto il regime assolutistico dell’Arabia è quindi importante analizzare chi davvero comanda in questo Paese: Abd Allah, il re dell’Arabia Saudita, ha appena compiuto 90 anni. Ecco allora il settantanovenne Salman Bin Abdulaziz Al Saud, dar vita a una rivoluzione di palazzo, che porta l’ex ambasciatore a Washington. Rottamazione che non risparmia anche i parenti più stretti di re Salman, come il principe-fratello Muqrin, dimessosi di “sua spontanea volontà” per fra posto al principe-nipote Nayef, 55 anni, ministro dell’Interno, gran mastino dell’antiterrorismo e il trentenne figli di Salman, Mohammad Bin Salman.
Ma non si sa chi comandi davvero a Riyad. La classe dirigente incredibilmente ricca e potente che custodisce il luogo più sacro dell’islam, la Mecca, rappresenta un enigma inquietante. L’occidente da decenni la considera un baluardo da sostenere e da armare. Un intreccio di investimenti finanziari la lega indissolubilmente alle nostre economie. Perfino Israele gioca di sponda, pur senza dichiararlo, con la dinastia che fronteggia l’Iran e che da un lato dichiara di voler debellare il movimento dei Fratelli Musulmani, tanto da isolare la stessa Hamas nella morsa di Gaza, dall’altro alimenta un islam salafita, estremista, fondamentalista e anche jihadista. Le milizie dell’autoproclamatosi califfo al-Baghdadi godono di un indiretto ma decisivo supporto di Riad. Mai rivendicato, ma neppure smentito.
Posizioni ufficiali:
L’Onu ha aperto una discussione sulla guerra Yemenita. Gli Stati Uniti e l’Europa sono per l’integrità nazionale di Arabia e Yemen, quindi contro lo sconfinamento Houthi.
L’Iran appoggia gli Houthi yemeniti ufficialmente solo in Yemen.
Al Qaeda si è momentaneamente alleata con gli sciiti Houthi.
Accuse:
I Sauditi fanno il doppiogioco, nemmeno tanto segretamente, appoggiando la politica Usa e schierandosi contro gli estremisti sunniti deboli (Hamas), ma favorendo gli estremisti sunniti vincenti (prima Al Qaeda, ora L’IS), la rivoluzione di palazzo potrebbe essere solo presunta e il doppiogioco farsi soltanto più sottile.
L’Iran appoggia con armi e milizie gli sciiti Houthi dello Yemen contro l’Arabia.
Gli Stati Uniti e la Francia armano l’Arabia per tranquillizzarla sui nuovi accordi con l’Iran.
Israele fa affari con i Sauditi, mentre riceve armi, rassicurazioni e garanzie dagli Usa.
Al Qaeda, nonostante sia sunniti, si allea ambiguamente con gli sciiti Hothi per combattere l’Arabia Saudita.
Commento:
Nonostante le apparenze, nessuno combatte per i propri ideali, ma per un ritorno economico. I governi coinvolti (da Stati Uniti ad Arabia, dagli Houthi yemeniti ad Al Qaeda, da Israele all’Iran) sono disposti ad allearsi, fare affari e persino prendere o dare armi al nemico, mentre segretamente prendono altrettanti accordi con la fazione opposta.
Per superare questa situazione bisognerebbe innanzitutto eliminare il wahabismo, cioè il fondamentalismo religioso dallo Stato. Meglio ancora, dove possibile, creare stati laici, come in Egitto. A questo punto riequilibrare sciiti e sunniti in base a ciò che succede nel nord dell’Iraq (vedi scheda dello Stato Islamico e Iraq).
Previsioni:
La guerra verrà fermata dall’Arabia grazie all’apporto Usa. Ciò non avverrà in tempi brevi, viti i problemi più urgenti in Siria.
Molto più difficile prevedere la linea culturale religiosa seguita dai giovani Saud, visto che si tratta di pochi personaggi. Se prevale la linea moderata, tutti i punti caldi si raffredderanno, viceversa le guerre si accenderanno e saranno più numerose.
Suggerimenti:
Il migliore: 1) Eliminare la dinastia Saud e instaurare uno Stato moderato in Arabia (non necessariamente subito una democrazia, è ormai provato che molti dei paesi arabi, a causa della società di tipo tribale, necessitano di forme democratiche che non si basano sul suffragio universale). Creare un governo di unità nazionale in Yemen, equilibrato politicamente per costituzione (equilibrio zayditi e sunniti nelle istituzioni).
In alternativa: 2) Far prevalere l’ala moderata dei Saud tramite accordi e sanzioni internazionali.
Secessione dello Yemen in due parti, nel nord-ovest governo zaydita, nel sud e nell’est governo sunnita.

Mappa politico-religiosa Yemen
Mappa politico-religiosa Yemen

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L’Iran e gli accordi con gli Usa


(tratto da “J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015)

Situazione etnico/religiosa:
l’Iran è lo Stato con la più alta percentuale di islamici sciiti al mondo, inoltre, è il Paese più ricco insieme all’Arabia Saudita (a stragrande maggioranza sunnita), con la differenza che ha un’economia più diversificata e quindi meno petrolio-dipendente. Le due nazioni si contendono quindi il primato islamico e acuiscono il contrasto tra sciiti e sunniti.
Durante la Guerra Fredda si era instaurato un asse Russia-Iran contro l’asse Usa-Arabia. Le alleanze sono sostanzialmente invariate, fatti i debite modifiche della situazione (per esempio Yemen occidentale, Libia e Afghanistan erano nell’influenza sovietica, ora non sono alleate con la Russia).
Solo una piccola parte nord occidentale è a maggioranza curda (al confine con Iraq e Turchia). (vedi mappa etnico-religiosa Iran e mappa sciiti nel mondo islamico, a fine articolo).
Situazione sul campo:
l’Iran è stato il primo governo del Medio Oriente a scendere in campo con lo Stato Islamico per aiutare il liquefatto esercito iracheno allo sbando sotto l’attacco dell’Isis. È ovvio che Teheran insieme agli Hezbollah libanesi (sciiti) rafforza il fronte sciita contro quello sunnita e punta a estendere la sua influenza regionale nel Golfo del petrolio sostenendo anche i ribelli Houthi in Yemen (vedi scheda Yemen e Arabia Saudita).
Nel maggio 2015 il leader siriano Bashar Assad ha incontrato il rappresentante speciale dell’Iran Ali Akbar Velayati, reduce da un colloquio con Hasan Nasrallah di Hezbollah. Le parti hanno firmato una serie di accordi nella sfera economica e in quella della lotta al terrorismo. Assad ha dichiarato che l’Iran è il principale appoggio della Siria nella lotta al terrorismo.
La notizia degli ultimi giorni è che anche la Russia ha deciso d’intervenire contro il terrorismo dell’IS (ma anche contro i ribelli siriani).
Posizioni ufficiali:
evidente l’allineamento Russia-Iran-Siria e il contrasto paesi sciiti e sunniti (contrasti dichiarati a livello ufficiale).
Più ambigui i rapporti tra l’Iran e l’Occidente. Dopo dieci anni di sanzioni internazionali, nel luglio 2015 Stati Uniti hanno da poco firmato un importante accordo con l’Iran riguardo l’utilizzo dell’energia nucleare. Israele e naturalmente tutto il mondo arabo sunnita è molto preoccupato per questo accodo. Detto ciò, va considerato che la comunità internazionale è sempre stata incapace di impedire a uno Stato un programma di sviluppo nucleare. Così è avvenuto per l’Iran, dove l’unica dissuasione possibile è stata quella delle sanzioni internazionali, strumento però che non ha frenato lo sviluppo nucleare e che, in assenza di accordi, potrebbe avere dimensioni più preoccupanti. Inoltre In Iran sono diverse le posizioni e le prospettive del leader religioso l’Ayatollah Ali Khamenei e del presidente della Repubblica Hassan Rouhani, quest’ultimo appartenente a un orientamento moderato e riformista, sta cercando di allargare i diritti nel suo Paese, di farlo crescere dal punto di vista economico e non ha mai nascosto la sua propensione al dialogo con l’Occidente (come del resto fa l’Arabia Saudita).
Gli accordi permettono sia a Stati Uniti e Iran di presentarsi come vincitori, i primi perché potranno contare su controlli che prima non erano possibili, i secondi perché potranno continuare a sviluppare il programma nucleare aprendosi a interessanti prospettive di crescita economica con la fine delle sanzioni.
Accuse:
l’accordo ha creato risentimenti in quasi tutti: la Russia, per lo storico rapporto prediletto con l’Iran, l’Arabia Saudita e i paesi sunniti, per l’esplicito contrasto con il Paese sciita, Israele, che teme attacchi nucleari, e in generale la comunità internazionale ha espresso preoccupazione.
L’Iran è comunque accusato di portare avanti un programma nucleare anche allo scopo di costruire armamenti e naturalmente di non rispettare i diritti civili nel proprio Paese.
Commento:
l’accordo Usa-Iran non è da vedere solo in modo negativo, il rischio che l’Iran arrivi all’armamento nucleare e che lo utilizzi anche come minaccia è remoto (il Pakistan, l’India e la Corea del Nord hanno già missili a testata nucleare, ma esiste tutta una diplomazia che ha fatti sì il nucleare non siano mai più stato usato dal 1945) anche perché dopo la successione di Hassan Rouhani al posto di Mahmoud Ahmadinejad in Iran tira aria di riformismo e di moderazione. Probabilmente questo accordo, anche se sulla carta è rischioso, potrebbe essere l’occasione giusta per recuperare i rapporti con un importante partner dello scacchiere mediorientale e allontanarlo dalle posizioni estremiste e fondamentaliste.
Previsioni:
l’Iran condurrà una guerra all’IS insieme a Russia, Stati Uniti e Francia. L’amministrazione Obama chiuderà le trattative con l’Iran e la Russia e la partita siriana lasciando un’onorevole via di uscita al regime di Assad che eviti al Paese di finire nelle mani dei radicali islamici.
Suggerimenti:
Il migliore: 1) L’Iran ammorbidisce le proprie posizioni politiche e religiose, aprendosi all’Occidente senza rinunciare alla propria autonomia e al rapporto privilegiato con Russia e Siria.
Creare uno Stato di unità nazionale in Siria e uno in Iraq (equilibrio sciiti e sunniti nelle istituzioni, come nell’attuale Libano).
Creare uno Stato indipendente curdo che comprenda i territori dove i curdi sono in maggioranza (parte di Siria, Iraq, Iran e Turchia).
In alternativa: 2) Creare uno Stato Islamico, un Paese cuscinetto tra Siria occidentale, Iran e Iraq del sud che comprenda le popolazioni a maggioranza sunnita.
Creare uno Stato indipendente curdo che comprenda i territori dove i curdi sono in maggioranza (parte di Siria, Iraq, Iran e Turchia).
Creare uno Stato sciita dell’Iraq del Sud (o annetterlo all’Iran come compensazione per la creazione dello Stato Islamico sunnita).

Mappa etnico-religiosa Iran
Mappa etnico-religiosa Iran
Mappa sunniti e sciiti nel mondo islamico
Mappa sunniti e sciiti nel mondo islamico

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Dopo “anticamitismo”, impariamo un altro termine: terrorismo israeliano


israeleUn bimbo palestinese di 18 mesi è morto tra le fiamme appiccate alla sua casa da coloni israeliani nel villaggio di Kfar Douma, vicino a Nablus, in Cisgiordania. Altre tre persone, i familiari, sono rimaste gravemente ferite.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è detto scioccato dal raid. “Questo è un attacco terroristico” ha dichiarato il premier, usando una formulazione utilizzata molto raramente dalle autorità israeliane in caso di attacchi anti-palestinesi. Nel pomeriggio Netanyahu ha telefonato al presidente palestinese Abu Mazen: “Dobbiamo combattere assieme il terrorismo, da qualsiasi direzione provenga”.
Dopo “anticamitismo” proponiamo l’uso di “terrorismo israeliano”.

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Tutte le vergogne del mondo


Il governo ungherese ha appena annunciato che costruirà una barriera al confine con la Serbia per impedire ai migranti di entrare nel Paese. La recinzione  sarà lunga 175 chilometri e alta più di 4 metri. Ecco tutte le barriere esistenti nel mondo (fonte Internazionale.it):

Arabia Saudita–Yemen
Anno di costruzione: 2013
Lunghezza: 1.800 chilometri
Motivo: impedire presunte infiltrazioni terroristiche

Ceuta e Melilla–Marocco
Anno di costruzione: 1990
Lunghezza: 8,2 chilometri e 12 chilometri
Motivo: bloccare l’immigrazione irregolare dal Marocco nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla

Cipro zona greca–zona turca, linea verde
Anno di costruzione: 1974
Lunghezza: 300 chilometri
Motivo: il muro corrisponde alla linea del cessate il fuoco voluto dall’Onu in seguito al conflitto che divise l’isola

Bulgaria-Turchia
Anno di costruzione: 2014
Lunghezza: 30 chilometri
Motivo: arginare i flussi migratori provenienti da est

Iran–Pakistan
Anno di costruzione: 2007
Lunghezza: 700 chilometri
Motivo: proteggere il confine dalle infiltrazioni dei trafficanti di droga e dei gruppi armati sunniti

Israele–Egitto
Anno di costruzione: 2010
Lunghezza: 230 chilometri
Motivo: contrastare terrorismo e immigrazione irregolare

Zimbabwe–Botswana
Anno di costruzione: 2003
Lunghezza: 482 chilometri
Motivo: la motivazione ufficiale è contenere i contagi tra il bestiame ed evitare lo sconfinamento delle mandrie, ma in realtà la motivazione sembrerebbe essere quella di impedire l’arrivo di migranti irregolari

Corea del Nord–Corea del Sud
Anno di costruzione: 1953
Lunghezza: 4 chilometri
Motivo: la divisione delle due Coree in seguito alla guerra del 1953

Marocco–Sahara occidentale, Berm
Anno di costruzione: 1989
Lunghezza: 2720 chilometri
Motivo: difendere il territorio marocchino dal movimento indipendentista Fronte Polisario

Irlanda, Belfast cattolica–Belfast protestante, peace lines
Anno di costruzione: 1969
Lunghezza: 13 chilometri
Motivo: separare i cattolici e i protestanti dell’Irlanda del Nord

Stati Uniti–Messico, muro di Tijuana
Anno di costruzione: 1994
Lunghezza: 1.000 chilometri
Motivo: impedire l’arrivo negli Stati Uniti dei migranti irregolari messicani e bloccare il traffico di droga

Israele–Palestina
Anno di costruzione: 2002
Lunghezza: 730 chilometri
Motivo: impedire l’entrata in Israele dei palestinesi, prevenire attacchi terroristici

India–Pakistan, line of control
Lunghezza: 550 chilometri
Motivo: dividere la regione del Kashmir in due zone, quella sotto il controllo indiano e quella sotto il controllo pachistano

India–Bangladesh
Anno di costruzione: 1989
Lunghezza: 4.053 chilometri
Motivo: fermare il flusso di immigrati provenienti dal Bangladesh, bloccare traffici illegali e bloccare infiltrazioni terroristiche

Pakistan–Afghanistan, Durand Line
Lunghezza: 2.460
Motivo: chiudere i contenziosi territoriali tra i due stati che risalgono all’epoca coloniale

Kuwait–Iraq
Anno di costruzione: 1991
Lunghezza: 190 chilometri
Motivo: arginare un’eventuale nuova invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, dopo la guerra del golfo

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Israele continua i raid in Palestina


L’aviazione israeliana ha colpito la scorsa notte “obiettivi terroristici” nel nord della Striscia di Gaza in seguito al lancio, la scorsa notte, di un razzo palestinese verso la città israeliana di Ashqelon. In questi attacchi non si sono avute vittime. Il ministro israeliano della difesa Moshe Yaalon ha anche ordinato la chiusura fino a nuovo ordine dei valichi di transito con la Striscia di Erez e Kerem Shalom.

Comunicati · gazzetta ufficiale · Governo Oscuro

*** Netanyahu? Impariamo un nuovo termine: anticamitismo


NAZIONE OSCVRA CAOTICA
GOVERNO OSCVRO
QVESITO XXIII

giorno 0 germinale 134

*Siete favorevoli al governo presieduto da Benjamin Netanyahu in Israele?

Il Governo Oscuro ha votato così:

Qvesito23
Qvesito23

Commento: il Governo Oscuro è contrario al Governo che sarà presieduto in ISraele da Benjamin Netanyahu. Scontato il risultato del voto nei confronti di Netanyahu, che presiederà un Governo di centrodestra, dopo aver dichiarato di voler proseguire con la colonizzazione dei territori palestinesi e di non voler riconoscere lo Stato palestinese. Nella nostra opinione, Netanyahu fa tutto ciò che si può fare contro la pace e a favore della guerra. Infatti, la sacrosanta pretesa delle volontà di sicurezza dei propri cittadini contro il terrorismo è totalmente vanificata dalle posizioni teoriche e sul campo. Netanyahu vuole spegnere l’incendio con la benzina, è come se chiedesse la pace tirando pugni in faccia, mantenendo il potere grazie alle lobby teocratiche israeliane e alle fobie fomentate dalla destra nazionalista. Purtroppo, quello che pensiamo, è che questa politica non faccia malo solo alla Palestina, ma soprattutto a Israele, portandolo verso l’isolamento internazionale. Siamo con voi, israeliani, arabi ed ebrei, che dovete sopportare ancora anni di conflitti e tensioni.
Il presidente Lukha B. Kremo, infine, che ha avuto contatti con il rabbino Capo di Milano nel 2006 e che ha sempre avuto un riguardo speciale nei confronti delle comunità ebraiche, si rammarica per le recenti parole del rabbino capo di Roma che confermano un’idea diffusa in certi ambienti ebraici, ovvero dell’equiparazione dell’antisionismo all’antisemitismo, dimenticando che moltissimi ebrei (anche cosiddetti “ultraortodossi”) non sono sionisti.
L’antisionismo è l’avversione a uno stato israeliano colonialista e imperialista, non certo un motivo di discriminazione.
A questo punto sarebbe facile tacciare Netanyahu di “anticamitismo“, ovvero avversione alla popolazione e alla cultura araba, che mi pare sia sempre più diffusa in questo periodo e che necessiti di un nome, al pari dell’antisemitismo.

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Netanyahu: “L’Iran sarà sempre un nemico”. Obama: “Nulla di nuovo”


“Il più grande pericolo del nostro mondo è l’Islam combattente e le armi nucleari”. Così il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parlando del pericolo che l’Iran rappresenta per il mondo intero, nel suo intervento davanti al Congresso statunitense in cui si sapeva già che avrebbe parlato soprattutto di nucleare iraniano e del negoziato in corso a Ginevra con il 5+1, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania, in vista di un accordo da trovare entro giugno.
“Anche se Israele dovesse rimanere da solo reagirà alla minaccia nucleare attribuita all’Iran. Ma so che non sarà così, perché l’America sta dalla parte d’Israele, voi state con Israele”.
Nulla di nuovo? Sì, forse Israele si rende conto che le proprie milizie non hanno un reparto che stanzia negli Stati Uniti.

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Esce Flush.art 4, Arte e morte contemporanea


Esce il quarto numero di Flush-art – Arte e morte contemporanea,
l’irriverente e scioccante appuntamento con la morte in diretta mediatica con il mondo.
Scarica gratuitamente solo se sei maggiorenne e non impressionabile.

Vedi/scarica Flush.art_4

Flush.art 4 Je suis Charlie
Flush.art 4 Je suis Charlie

Flush.art N.4 pagina2
Flush.art N.4 pagina2

Vedi/scarica gli arretrati.
Vedi/scarica/acquista tutte le pubblicazioni di Arte Orrenda-Nasty Art.

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La marcia dell’ipocrisia parigina


Vi segnalo questa interessante riflessione di Bifo (Franco Berardi) sul libro La soumission di Michel Houellebecq:
Tristezza e sottomissione.
Aggiungo un brano particolarmente interessante, riguardante alla marcia parigina, due giorni dopo l’attentato alla sede di Charlie Hebdo:
La marcia dell’ipocrisia
“Alla testa della marcia parigina dell’11 novembre c’era un cordone di autentici cavalieri della libertà. Si distinguevano Victor Orban, che in Ungheria ha zittito le voci di dissenso e vuole tassare l’accesso a Internet. C’era Davitoglu ministro della Repubblica turca che incarcera gli attori di una telenovela sgradita al regime, e spalleggia l’armata Daesh [ISIS] per colpire il popolo curdo. C’era l’ambasciatore dell’Arabia Saudita che da sempre eccelle nella liberalità e nel rispetto dei diritti civili. C’era il premier israeliano Netanyahu che guida il popolo ebreo verso il fascismo e la guerra permanente. E c’era Jean-Claude Juncker, oggi incaricato di ridurre il salario dei lavoratori europei per far quadrare i conti delle banche, mentre ieri come Presidente del Lussemburgo invitava le grandi corporation che operano in Europa a non pagare le tasse europee depositando i capitali nel forziere del suo paese.
La marcia dell’ipocrisia ha rilegittimato il governo socialista che da tre anni si segnala per la sua totale subalternità dal potere finanziario.”

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Israele è degli ebrei


Una proposta di legge vuole far diventare Israele “lo stato-nazione del popolo ebraico” o “stato della nazione ebraica”. Il provvedimento è stato approvato domenica mattina dall’esecutivo di Benjamin Netanyahu nonostante la feroce opposizione di sette ministri, tra i quali la ministra della giustizia Tzipi Livni. Uno di essi, Yair Lapid, ha minacciato le dimissioni. 15 ministri hanno invece appoggiato il premier.

Ora attendiamo che gli Stati Uniti e l’Europa divengano “Nazione del popolo Cristiano” e il Medioevo e’ servito.

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Israele riprende a distruggere le case dei terroristi


Riportiamo alcune informazioni e considerazioni da sito ilpost.it, che ringraziamo:

“Nella notte tra martedì 18 e mercoledì 19 novembre ci sono state forti tensioni a Gerusalemme Est tra gruppi di palestinesi e i soldati israeliani, che hanno raggiunto la zona per distruggere le abitazioni degli autori dell’attacco di martedì all’interno di una sinagoga di Gerusalemme dove sono morte cinque persone, tra cui un poliziotto israeliano. Gli attentatori sono stati uccisi dalla polizia sul posto dopo una sparatoria: avevano assaltato la sinagoga utilizzando una pistola e alcuni coltelli da cucina. Gli israeliani uccisi avevano tra i 43 e i 68 anni e si trovavano nella sinagoga per pregare.”
“La pratica di distruggere le abitazioni degli autori di attacchi contro israeliani era stata sospesa dal governo nel 2005, in seguito al lavoro di una commissione che dopo avere analizzato diversi casi era arrivata alla conclusione che le demolizioni non contribuissero a fare da deterrente per nuovi attacchi. Dall’estate 2014, in seguito all’uccisione di tre adolescenti israeliani di un insediamento nei pressi della Cisgiordania, il governo ha ripreso la tattica delle distruzioni.”

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Noam Chomsky: la guerra nucleare non è lontana, e potrebbe essere innescata per un errore


Noam Chomsky
Noam Chomsky
A ottobre 2014 il Plymouth Institute for Peace Research ha chiesto a Noam Chomsky di commentare alcuni importanti sviluppi mondiali, tra cui la minaccia di una guerra nucleare, l’attuale aggravamento della violenza a Gaza e la crescita dell’ISIS in Iraq. Eccone alcuni stralci:
“C’è molta discussione a proposito dell’attribuzione della responsabilità/colpa per lo scoppio di questo orrendo conflitto e un generale accordo su un punto: ci fu un elevato livello di accidentalità e di contingenza; le decisioni avrebbero potuto facilmente essere diverse, evitando la catastrofe. Ci sono infausti paralleli con la catastrofe nucleare.
Un esame della storia dei quasi scontri con armi nucleari rivela quanto il mondo è arrivato vicino molte volte al virtuale auto-annullamento, tanto che sfuggirvi è stato quasi un miracolo, un miracolo che è improbabile si perpetui troppo a lungo. La storia sottolinea l’ammonimento di Bertrand Russell e Albert Einstein del 1955 che abbiamo di fronte una scelta che è forte e spaventosa e ineluttabile. Dovremo mettere fine alla razza umana o dovremo rinunciare alla guerra? […]
E’ d’importanza critica riconoscere che quasi un decennio fa è stato elaborato un disegno che da allora è stato seguito regolarmente: si addiviene a un cessate il fuoco, Israele rende chiaro che non lo rispetterà e continua i suoi assalti contro Gaza (e l’appropriazione di tutto quel che vuole altrove nei territori occupati), mentre Hamas rispetta il cessate il fuoco, come Israele ammette, fino a quando l’intensificazione israeliana non provoca una reazione, offrendo a Israele il pretesto per un altro episodio di “falcio dell’erba” (nel raffinato gergo israeliano). […]
L’ISIS è una progenie estremista delle dottrine saudite wahabite/salafite, esse stesse una versione estremista dell’Islam e una versione missionaria, che utilizza grandi risorse petrolifere saudite per diffondere i propri insegnamenti in gran parte del mondo mussulmano. Gli Stati Uniti, come in precedenza la Gran Bretagna, hanno teso ad appoggiare l’Islam radicale fondamentalista in contrasto con il nazionalismo laico e l’Arabia Saudita è stata uno dei principali alleati degli USA da quando la dittatura di famiglia si è consolidata e nel paese sono state scoperte grandi risorse petrolifere. […]
Mentre aumentano le operazioni militari in Iraq, la NATO destabilizza ulteriormente l’Ucraina. E’ uno sviluppo estremamente pericoloso, che è andando fermentando sin da quando Washington ha violato le sue promesse verbali a Gorbaciov e ha cominciato a espandere la NATO a est, propri ai confini con la Russia, e minacciando di incorporare l’Ucraina che ha un grande significato strategico per la Russia e naturalmente ha stretti legami storici e culturali.
C’è un’analisi sensata della situazione sulla principale rivista del sistema, Foreign Affairs [Affari Esteri], dello specialista in relazioni internazionali John Mearsheimer, intitolata “Perché la crisi Ucraina è colpa dell’Occidente”. L’autocrazia russa è lungi dall’essere innocente, ma qui si torna ai commenti precedenti: siamo già arrivati pericolosamente vicini al disastro in passato, e stiamo di nuovo giocando con la catastrofe.”