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Pop-politics: capire la politica attuale divertendosi


Un pamphlet acido, beffardo e scanzonato, scritto a quattro mani da Lukha B. Kremo e Pee Gee Daniel, che vuole restituire lo scenario politico attuale, nazionale e internazionale, tentando di coglierne l’essenza e le contraddizioni dei suoi principali protagonisti con lo strumento della dissacrazione. La prefazione è di Lietta Manganelli.

In cartaceo e digitale, l’opera è disponibile in cartaceo e digitale su www.kipple.it e nelle librerie online.

Pee Gee Daniel e Lukha B. Kremo sono gli autori di questo esperimento dove l’ironia e il sarcasmo divengono oggetti taglienti con cui sezionare e dissacrare il nostro mondo contemporaneo, dove i residui di un tempo che si vorrebbe morto e sepolto continuano a fiorire generando mostri.
Grillo, Renzi, Salvini, Putin, Trump, Kim Jong-un e molti altri: nessuno di loro sfugge alla penna caustica e derisoria dei due autori, che attraverso uno stile sperimentale e affastellato dissezionano, grazie al bisturi della più tagliente ironia, il potere e i suoi più recenti detentori.

Estratto

Gli uomini veri sono quelli che se la prendono con chi gli è pari, gli eroi con chi gli sia superiore, la merda umana se la prende coi poveracci, svantaggiati rispetto a essa sul piano sociale, reddituale, sessuale, legislativo e così via.
L’è poi codesta la quintessenza del fascista.
A livello politico, nel momento in cui uno Stato comincia a perseguire i più deboli, anziché soccorrerli, allora tecnicamente nasce un regime fascista.
Il fascismo è, socialmente parlando, sopraffazione tramite vigliaccheria istituzionalizzata. È la rivincita sociopolitica della mezza tacca, del niente di che, dello sfigatello, del subumano, che finalmente, se ha il beato chiccherone di nascere, crescere e pascere dentro quel particolare milieu, entro quel pur poco durevole periodo storico, si vedrà nobilitato da una qualche patacca infilzata sul petto, da un fez o da un copricapo con protuberanze cornee calzato sulla testaccia sua idrocefalica, da un paro de stivaloni a tutto polpaccio tirati a cera o anfibi con la suola a carrarmato o ancora delle Hogan Interactive da 300 cucuzze al paio (lì va a mode), arricchito di una tessera di partito e di un’iscrizione alle parate domenicali o sabatine, potrà farsene bello, primeggiare a suo agio, montare in boria – non men che il facchino di Pascal – appropriarsi di quel posto nel mondo che natura e giustizia di regola il negherebbono, tenendo a vile e soperchiando e male trattando coloro che, la gran parte delle volte ben più meritevoli, più dabbene, più dotati e presentabili di cotestui, si trovino loro malgrado collocati, a opera dell’ingrata temperie storica corrente (vuoi per questioni di etnia, sproloquiata: razza, vuoi per ragioni culturali, anagrafiche, economiche) in uno stato di subalternità rispetto al sovrano citrullo.
Allo scemoide, ominicchio o ciapa-ciapa aderente della prima ora al partito unico o di stragrande maggioranza, sarà pertanto pubblicamente consentito di dar calci ai cani in cui la s’imbatta giùe per la strada, sparacchiare a o percuotere li negri mangiabanane che faccino la questua all’egresso dei supermarket presso cui si rifornisce, proibire a’ bimbini loro (de li negri, de’ maruga, de’ zingheri, de’ stirpi loro tutte quante malnate) di desinare spalla a spalla con i compagnucci de scola – e che la ci pensino Allah e Macometto appaiati a li filii sua e a li loro stomachini, puttanaèva! – trasformare i luoghi di culto altrui in posteggi e parcheggiarci le macchine con ancora i fedeli lì dentro, senza manco avvisarli, levar loro il pane di bocca, sdentata e fetente, il tetto da sopra le loro capocce pulciose, la machena, che se ne vadino a piotte ovvero sulle mani fino alla raccolta dei pomidori o sopra le lor traballanti impalcature, se davvero tanto gli garba! Levargli pur’anche la cadrega da sott’il culo, così, senza alcuna ragione apparente, giusto per dar loro sempre più handicap, porli in uno stato di difficoltà crescente, farli sentire alla stregua del vermiciattolo che repta rasoterra. Tutto a favore dell’ambecillone, dell’uomo dominante, der fascio che in quella gara impari potrà sempre più accrescere un’autostima che ha il peso di una bava di vento, mentre spinge il proditorio piede di contro la giugulare del sottomesso, in un paradossale quanto labile ribaltamento sossopra delle regole del giuoco, laddove è lo scarto antropologico a sopraffare chi gli sia migliore, non viceversa.
Ecco compendiato il fascismo. Termine che può essere inteso in du’ modi, che qui di seguito tenteremo di discriminare sommariamente.

Gli autori

Pee Gee Daniel è nato a Torino nel 1976. È stato poliziotto, impiegato, camionista, bibliotecario, direttore di sale-scommesse. Ha pubblicato i romanzi Gigi il bastardo (& le sue 5 morti), Il politico, Lo scommettitore, Ingrid e Riccione, Il lungo sentiero dai mattoni dorati, Freakshow, Un’infilata di onesti accidenti, Il messia di Orogrande, Ego e libido, Yellow Kid, Pistolero e i saggi Il riso e il comico, Breve compendio sopra gli umani caratteri e Il manuale dei baffi. Ha partecipato all’antologia La prima Frontiera (Kipple Officina Libraria).

Lukha B. Kremo è autore di romanzi e racconti non solo di fantascienza. Vincitore del Premio Urania 2016 con Pulphagus® – Fango dei cieli, del Premio Cassiopea, del Premio Vegetti, del Premio Robot e di quattro Premi Italia. Ha pubblicato molti racconti e i romanzi Il Grande Tritacarne, Storie di Scintilla, Gli occhi dell’anti-Dio, Trans-Human Express, la Trilogia degli Inframondi e Korchin e l’odio. Ha partecipato all’antologia La prima Frontiera (Kipple Officina Libraria) e ha pubblicato diversi cd di musica elettronica con lo pseudonimo di Krell, organizzando il progetto Sonora Commedia.

Lietta Manganelli, figlia di Giorgio Manganelli, da anni porta avanti un lavoro incessante per la diffusione e la valorizzazione dei lavori del padre. Ha pubblicato Album fotografico di Giorgio Manganelli. Racconto biografico, e ha curato Intervista a Dio, di Manganelli, pubblicato, tra gli altri, da Kipple Officina Libraria.

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Ucraina: il comico è Presidente


Vladimir Zelens’ky ha prestato giuramento in Parlamento, la Rada, ed è ufficialmente diventato il nuovo presidente ucraino. Non è il primo esempio di attori che diventano Presidenti (Ronald Reagan), nemmeno di comici che diventano leader del primo partito (Beppe Grillo), ma qui abbiamo un attore comico che ha interpretato ciò che sarebbe poi diventato.

Infatti, Zelens’kyj nel 2015 ha interpretato il ruolo di Presidente ucraino nella serie televisiva “Sluha Narodu” (“Servitore del popolo”), un capo di Stato onesto capace di superare in astuzia antagonisti e detrattori. Sulla scia del successo di tale programma, nel marzo 2018 fu creato un partito politico omonimo da parte dello staff di Kvartal 95, produttrice della serie. Il Partito ha raggiunto il ballottaggio nelle elezioni nel 2019, vincendolo.

Molti semiologi (e artisti) già dagli anni ’40 hanno parlato della potenza dei media di massa e del loro valore propagandistico e numerosi sono gli esempi (oltre ai già citati, Silvio Berlusconi). A prescindere dal merito di chi si candida avendo una visibilità di massa enorme per motivi non politici, questo fattore non può assolutamente essere messo in secondo piano ed è una delle minacce principali all’essenza delle democrazia. In Italia, nonostante Berlusconi sia sceso in campo politico nel 1994 (25 anni fa) non c’è ancora una legge sul conflitto di interessi soprattutto riguardante i media di massa, e così in molti altri Paesi. Matteo Salvini sta utilizzando la rete e l’effetto “virale” di immagini e video che lo riguardano che influenzano (ci sono dati statistici) la volontà di voto alle urne.

La decisione politica dei cittadini non è più basata solo sul presunto merito politico e sulle idee del candidato, ma sulla frequenza della sua apparizione agli occhi dell’elettore. L’elevata frequenza dell’immagine del candidato, anche se in alcuni casi può indurre a non votarlo, è statisticamente provato che induce a sceglierlo in un numero enormemente più alto di casi. E così la scelta politica diventa scelta estetica (nella sua più ampia accezione che non riguarda solo la “bellezza”, ma l’onnipresenza dell’immagine).

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Il Salone del Libro di Torino è anche fascista


Al #SalTo (Salone del Libro di Torino) il vero problema, mi pare, è che il Comitato abbia invitato una casa editrice fascista (l’intervista a Salvini è un altro aspetto inquietante, ma esula dalle loro scelte), dichiaratamente tale (leggere interviste) e con un catalogo di pubblicazioni nazifasciste (l’ho visto) come niente fosse. Allora il boicottaggio (di tutti, non solo autori e standisti, ma anche del pubblico) sarebbe veramente un’azione efficace perché il Comitato li escluda e questi fascisti stiano a casa a fare l’unica cosa che gli è lecita: fare il saluto romano allo specchio. Lo rispiego: il fascismo è antidemocrazia, quindi pensiero contro lo Stato in cui questi vivono, indipercui non è un’opinione, ma un pensiero sovversivo, quello che è alla base del terrorismo, sia pur fatto con le parole anziché le armi. Meno grave del terrorismo, ma pur sempre un reato contro lo Stato di diritto. Detto questo, non si deve spostare il problema sul boicottaggio sì/no. Sono d’accordo con Michela Murgia che essere presenti (e magari andare davanti al banchetto e cantare Bella Ciao) sarebbe un segno di riprendersi la “piazza”, ma sarebbe anche un modo di avallare che la loro sia un'”opinione”: caspita, abbiamo un Comitato che preferisce 2000 euro alla perdita della dignità del Salone, facciamoci sentire da Nicola Lagioia, NE DEVE RISPONDERE: se è lecito pensare che il Comitato non abbia sfogliato il catalogo di Altaforte, ora è sotto gli occhi di tutti. La soluzione è molto semplice: è necessario escludere i sovversivi per poter continuare a dire che viviamo in uno Stato di Diritto.
Io sto con Wu Ming e Zero Calcare, ma sto anche con tutti coloro che sentono di fare presenza: nessuna scissione davanti al neofascismo!

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Nazismo o Fina(n)zismo?


IL NUOVO ORDINE di Franco Berardi Bifo

“Comunque vada a finire l’imbarazzante spettacolo della terza repubblica netta è la sensazione che la svolta italiana del 4 marzo, oltre a seppellire per sempre la sinistra liberista, sia il colpo definitivo all’ordine globalista e alla democrazia liberale. Cosa accadrà nei prossimi mesi in Italia lo vedremo, ma intanto siamo entrati definitivamente nell’epoca del dopo. Le sparpagliate truppe democratiche si azzuffano tra di loro e pateticamente si illudono che la loro democrazia ritornerà: ma il vecchio ordine liberal-democratico è andato, e il nuovo ordine è questo. Il risentimento della società impoverita e umiliata si esprimerà a lungo nella forma della vendetta nazionalista. Anche se la vendetta nazionalista non smonterà l’automa finanziario.
Come definire il nuovo ordine? La parola “populista” mescola la rabbia sociale di coloro che hanno un salario decurtato dalle politiche liberiste, e il nazionalismo aggressivo che nasce dall’umiliazione inflitta dalla gabbia finanziaria. Queste due questioni vanno distinte. La parola populismo è un pudico eufemismo storicamente impreciso.
Il nome tecnico di quel che sta accadendo in tutto l’Occidente è: nazional-socialismo. Non è una parola nuova? Lo so e me ne dispiace, ma questo è quello che passa il convento. Lo stesso nome per lo stesso fatto, per la stessa dinamica sociale, e probabilmente anche per lo stesso esito. Ma questo lo vedremo.
Intanto facciamoci alcune domande: riuscirà la diarchia dove fallì Syriza nel 2015? Riusciranno Salvini e Di Maio a rompere la gabbia del capitalismo finanziario cui Tsipras dovette piegarsi pur avendo il 62% dei voti al referendum di luglio? Tsipras, che piaccia o no, (a me non piacque) si comportò da persona responsabile. Tentò di proteggere il suo popolo dalla violenza predatoria del sistema finanziario. Che poi ci sia riuscito è un altro discorso, ma fu costretto a piegarsi al volere del più forte.
Salvini non avrà gli stessi scrupoli, anche perché lui sa bene di avere il coltello dalla parte del manico. L’Italia ha un peso economico e politico di gran lunga superiore alla Grecia, e tra il 2015 al 2018 l’Unione Europea si è ridotta a un cadavere di cui resta solo lo scheletro: la governance finanziaria, il sistema di automatismi che hanno depredato la società riducendo i salari, precarizzando il lavoro, abbattendo strutture dello stato sociale. L’Unione Europea è una finzione, un organismo politico che non può decidere niente, un castello di interdizioni reciproche: i nordici interdicono ulteriori cessioni di sovranità, i Visegrad interdicono la redistribuzione dei pochi migranti che arrivano sulle coste del sud. Ma il paradosso europeo consiste proprio nel fatto che, per quanto l’Europa non esista più, nessuno può liberarsi dall’euro e dal sistema di obblighi che esso comporta, chiamato Fiscal Compact e inserito nella Costituzione con un atto di violenza criminale.
Ma perché l’Italia dovrebbe pagare il suo debito ora se negli ultimi dieci anni l’ammontare del debito è aumentato in maniera astronomica proprio perché gli italiani hanno accettato di pagarlo? L’avevamo capito fin dal principio: se paghiamo il debito il debito crescerà, perché l’anno prossimo la produzione si sarà ridotta e l’imponibile si sarà ridotto di conseguenza, e dovremo aumentare il debito per poterlo pagare. Ma la sinistra liberista non ha voluto ascoltare ragioni, ci ha portati a questo punto e ora finalmente scompare.
E poi?
E poi ne riparliamo domani.”

27-5-’18

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Monza, travolge e uccide un’anziana. “Radiamo al suolo le case dei monzesi”


ZingariRoma27 maggio 2015: una settantottenne travolta da un’auto pirata ieri sera a Cesano Maderno (Monza), è deceduta in mattinata all’ospedale San Gerardo di Monza. La responsabile una donna, fuggita, che oggi è stata individuata da i Carabinieri.
L’incidente è une delle migliaia di investimenti mortali annui causati da italiani che poi fuggono, omettendo il soccorso, quasi sempre sotto l’effetto di alcool e stupefacenti.
Ma alla vigilia delle elezioni si parla solo di uno di questi incidenti, avvenuto a Roma a causa di due ragazzi rom.
Se la persona è italiana si parla di “reato di omicidio stradale“, se è straniera di “pena di morte“.
Lukha B. Kremo prende alla lettera l’idea di Matteo Salvini: “Radiamo al suolo tutti i quartieri dove abitano i maledetti pirati della strada”. Inoltre ricorda che la nostra costituzione caotica prevede la “pena di morte” solo per chi è favore della stessa.