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Sale tensione tra Israele, Libano e Palestina


Sempre più tesa la situazione nella striscia di Gaza e nel sud del Libano, dove Israele tra giovedì e venerdì ha bombardato centri di addestramento e depositi di armi di Hamas, il cui leader politico Ismail Haniyeh si trova a Beirut da mercoledì, oltre ad alcuni luoghi disabitati nei pressi di Al Kolayleh, vicino alla città meridionale libanese di Tiro. Nel primo pomeriggio, il Capo dell’Esercito israeliano Herzl Halevi ha ordinato poi la mobilitazione dei riservisti. Nelle stesse ore, tre coloni israeliani sono stati uccisi da alcuni colpi d’arma da fuoco sparati da militanti palestinesi nella West Bank, scatenando ulteriori rappresaglie di altri coloni nei confronti di cittadini palestinesi in uscita o in ingresso a Ramallah.

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Escalation di violenza tra Palestina e Israele


Un razzo proveniente da Gaza mercoledì sera è caduto nel sud di Sderot, seguito da un ulteriore lancio di almeno quattro razzi. Israeliani reagiscono con incursione aerea. E’  la più grande escalation armata dopo gli scontri del maggio 2021. L’esercito israeliano ha reagito con un’incursione area nel centro di Gaza, dopo la mezzanotte, a cui è seguito un lancio di altri quattro razzi da parte di militanti di Hamas.

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Israele continua a bombardare Gaza. Razzi dal Libano


Il premier Benyamin Netanyahu ha detto di essere determinato ad andare avanti con l’operazione. Un convoglio di aiuti umanitari giordani destinato all’ospedale giordano di Gaza non ha potuto entrare oggi nella Striscia perchè il valico di Kerem Shalom da cui doveva transitare è stato oggetto di un attacco di mortai palestinesi. La Casa Bianca ha reso noto che il presidente Usa Joe Biden ha parlato oggi con il premier israeliano Netanyahu esprimendogli la sua volontà di arrivare al cessate il fuoco. Intanto le sirene di allarme antimissili stanno risuonando nel nord di Israele, nella zona compresa tra Haifa e il Libano.

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A Gaza più di 100 morti, pronta l’invasione di Israele


I razzi lanciati dai territori palestinesi sono più di un migliaio, quasi tutti intercettati dal sistema di difesa Iron Drone. Israele ha risposto con centinaia di attacchi aerei e Netanyahu esclude il cessate il fuoco. Strage in un villaggio della Striscia. Oltre 100i morti dall’inizio degli scontri.

Israele ha richiamato altri 9mila riservisti, con il totale che sale così a 16mila, e sono state bloccate tutte le licenze. SI prepara l’invasione via Terra nella Striscia di Gaza.

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Bombe tra Hamas e Israele


Hamas ha inasprito gli attacchi contro Israele lanciando una grande salva di razzi (circa 40) verso Ashdod, circa 40 chilometri a nord di Gaza, comereazione ai disordini della Spianata delle Moschee. Israele ha reagito bombardando alcuni obiettivi palestinesi e sono rimaste uccise 28 persone e dferite 152 feriti. Successivamente Hamas ha lanciato 130 razzi contro Tel Aviv, chiuso l’aeroporto.

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Washington: firmato l’accordo tra Israele, Emirati e Bahrein


Trump ha firmato alla Casa Bianca gli “accordi di Abramo” tra Israele, Emirati Uniti e Bahrein: in inglese, ebraico e arabo, che normalizzano le diplomazia tra i tre Paesi. “Dopo decenni di violenze questi accordi segnano l’alba di un nuovo Medio Oriente grazie al coraggio dei leader visionari di questi tre Paesi” ha affermato il presidente americano alla cerimonia alla Casa Bianca per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e i due Paesi del Golfo.
Lo scacchiare puramente diplomatico del Medio Oriente è sempre più complesso, considerando anche gli screzi tra Sauditi e Qatarini. Certamente a restare isolati sono la Palestina e l’Iran.

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La situazione in Palestina


Stralci da Il Fatto Quotidiano (che ringraziamo): “la leadership dell’organizzazione guidata da Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh ha il pieno controllo su ciò che accade a Gaza. Ha incoraggiato le masse a raggiungere la Barriera di confine e sta gestendo l’intensità della violenza nelle manifestazioni. È la leadership di Hamas che ha deciso di astenersi dal lanciare missili contro Israele, nonostante i numerosi morti, anche nelle precedenti settimane. Questa leadership ha dimostrato a Israele cosa è in grado di fare con la folla dei disperati di Gaza, quanta rabbia e violenza può lasciare dilagare. Con devastanti effetti, anche per Israele. Se l’asimmetria dello scontro mette da un lato un esercito moderno, sofisticato e ben armato come l’Idf e dall’altro masse di civili disarmate con aquiloni e pietre, la débâcle mediatica e diplomatica è certa. Come la dura reazione dell’Onu e della comunità internazionale.

Dall’altro lato della Barriera di sicurezza, anche se la violenza dovesse scemare, Israele non ha una vera politica per affrontare i problemi della Striscia, oltre che rifiutare fermamente le richieste di Hamas.”

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A Gerusalemme inaugurata ambasciata Usa, a Gaza 52 palestinesi uccisi


Mentre Ivanka Trump celebra lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, con tanto di cerimonia e targa, nella striscia di Gaza è un massacro: 52 morti, otto minori di 16 anni, oltre duemila i feriti.

Gli Usa e Israele si isolano politicamente dal mondo. La condanna infatti è globale: arriva dall’Onu, dall’Unione Europea, dalla Francia, dal Regno Unito, dal Libano, dal Qatar e dalla Russia.

 

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Schiaffo dell’ONU a Israele e Usa. E Israele esce dell’UNESCO


L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha bocciato la decisione di Donald Trump di spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, con l’implicito riconoscimento della Città Santa quale capita di Israele. Contro la risoluzione Usa che avevano esplicitamente minacciato di rappresaglia i Paesi che si sarebbero espressi contro di loro. Hanno votato contro in 128, 9 a favore e 35 si sono astenuti. “E’ una vittoria per la Palestina”, ha dichiarato un portavoce del presidente palestinese, Mahmoud Abbas.
Due giorni dopo, Israele ha annunciato che lascerà l’Unesco entro la fine del 2018 per i “sistematici attacchi” da parte dell’organizzazione delle Nazioni Unite contro lo Stato ebraico. Il portavoce del ministero degli Esteri, Emmanuel Nahshon, ha precisato che la decisione è stata presa per i “tentativi” dell’Unesco “di disconnettere la storia ebraica dalla terra di Israele”, aggiungendo che la lettera formale sarà presentata all’agenzia Onu entro la fine di quest’anno e che quindi Israele lascerà l’Unesco entro la fine del 2018.

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Ashraf Fayadh: il poeta condannato a morte


L’Arabia dei Saud, dove il capo di stato italiano Matteo Renzi si è da poco recato per i salemelecchi d’inaugurazione di una metropolitana, ha appena condannato a morte Ashraf Fayadh, poesta rifugiato Palestinese, ma nativo Saudita, per blasfemia dopo che un suo lettore lo aveva accusato di incitamento a rinunciare all’Islam, a causa del contenuto di una sua raccolta di poesie del 2008. Rilasciato dopo pochi giorni, il poeta 50enne era stato arrestato nuovamente a gennaio 2014 nella città sud-occidentale di Abha. Una prima sentenza lo aveva condannato a quattro anni di prigione e 800 frustate (sì, queste sono le pene del Regno del Male), ma il giudice d’appello ha deciso di condannarlo a morte.
Per chiedere la sua liberazione, lo scorso anno è stata lanciata una petizione, sottoscritta da centinaia di artisti e intellettuali. Almeno 150 persone sono state giustiziate in Arabia Saudita nel 2015, il dato più alto degli ultimi anni.

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Netanyahu è un revisionista di stampo nazista


Ho sempre avuto in amicizia la comunità ebraica italiana, che ho avuto la fortuna di frequentare per un po’. Non posso dire la stessa cosa di chi, in Israele, ha votato per questo personaggio inquietante: Benjamin Netanyahu. Al congresso sionista mondiale, infatti, ha dichiarato che Adolf Hitler non aveva alcuna intenzione di sterminare gli ebrei, voleva solo espellerli, ma fu convinto dal muftì palestinese Haj Amin al-Husseini. Critiche dal leader dell’opposizione Itzjak Herzog che dimostra che una parte (ahimé minoritaria) di questo Paese non è rappresentato al Governo.
Secondo le parole di Netanyahu un incontro avvenuto nel 1941 a berlino, il muftì disse al leader nazista: “Se tu li espelli, verranno tutti qui (in Palestina)”. Allora, secondo Netanyahu, Hitler gli chiese: “Cosa dovrei fare con loro?”. E la risposta del muftì sarebbe stata: “Bruciali”. Come ricorda oggi il quotidiano Haaretz, Netanyahu aveva già sostenuto tale tesi in un discorso tenuto alla Knesset nel 2012.
Secondo le parole di Netanyahu, in incontro avvenuto nel 1941 a berlino, il muftì disse al leader nazista: “Se tu li espelli, verranno tutti qui (in Palestina)”. Allora, secondo Netanyahu, Hitler gli chiese: “Cosa dovrei fare con loro?”. E la risposta del muftì sarebbe stata: “Bruciali”. Come ricorda oggi il quotidiano Haaretz, Netanyahu aveva già sostenuto tale tesi in un discorso tenuto alla Knesset nel 2012.
La tesi che Hitler abbia ascoltato le ragioni di un muftì palestinese, oltre che falsa, è sopratuttto ridicla, come il resto del Revizionismo neonazista.

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Intifada dei coltelli: nuovi morti


Malgrado l’elevato stato di allerta in Israele e nei Territori, anche oggi, si sono avuti cinque attacchi da parte di lupi solitari palestinesi, quasi tutti minorenni.
Ma nei Territori Occupati da più parti si accusano con indignazione le forze israeliane di averli eliminati, in almeno due casi, a sangue freddo. Il bilancio della giornata è di tre palestinesi uccisi, due feriti in modo grave, e di tre militari israeliani feriti.

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Città arabe in Israele: è caos!


Mustafa al Khatib
Mustafa al Khatib

Sono trascorse quasi due settimane dal primo ottobre, il giovedì che ha riacceso le tensioni concrete tra palestinesi e israeliani. Tensioni latenti di cui oggi il mondo si accorge perché si mostrano sotto forma di coltelli e di omicidi sommari. In prima linea ci sono gli adolescenti: dei 25 morti palestinesi in 12 giorni la stragrande maggioranza è minorenne, tutti hanno meno di 30 anni. Un massacro a cui si aggiungono i 4 morti israeliani, uccisi proprio giovedì primo ottobre.
Stamattina la stampa ha riportato della 25esima vittima palestinese: un ragazzo di 18 anni, Mustafa al Khatib, è stato ucciso dalla polizia israeliana vicino alla Porta dei Leoni, uno degli ingressi in Città Vecchia.
Come non si vedeva da anni, le città palestinesi in territorio israeliano stanno esplodendo: le tv mostrano scene che di solito caratterizzano la Cisgiordania. Gli arabi israeliani (cioè cittadini arabi in territorio israeliano) rivendicano gli stessi diritti degli ebrei, ma sono considerati cittadini di serie B.

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J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque


Questo è un atto di accusa. Verso tutti i governi coinvolti e i loro doppi giochi. Verso le degeneri ideologie religiose, verso il colonialismo globale degli Usa e l’autoritarismo della Russia, verso i terroristi. Ma è anche un suggerimento. Perché le accuse devono essere seguite da ipotesi costruttive.
Dopo questa introduzione, leggetevi le schede proposte (linkate), complete di esaustive cartine.
Per scelta, questo articolo NON comprende alcune teorie dietrologiche anche se assolutamente valide, ma si attiene soltanto ai FATTI.

La chiave di lettura del disassetto del Medio Oriente e non solo e il conseguente esodo di questi giorni è la contrapposizione di quattro poteri forti: gli Stati Uniti, la Russia, l’Islam sunnita e quello sciita.
Durante la Guerra Fredda l’Unione Sovietica era alleata con gli sciiti, con l’Asse Urss-Iran. Discorso analogo l’alleanza tra Usa e sunniti, con l’asse Usa-Arabia Saudita, con la complicazione dal rapporto privilegiato Usa-Israele. I rapporti economici tra Israele e Sauditi anticipavano già le contraddizioni odierne, acuitesi dopo la fine della (prima) Guerra Fredda.
Una volta caduto il tabù della guerra nucleare tra superpotenze, la politica estera degli Stati Uniti è cominciata via via a essere sempre più “rilassata” nei confronti di nazioni che prima appartenevano al blocco sovietico (Europa dell’Est e Iran).
In Europa il frettoloso allargamento della NATO (che ha inglobato le repubbliche baltiche Lituania, Estonia, Lettonia) fino ad avviare trattative con l’Ucraina, ha aggravato il contrasto etnico tra ucraini e russi all’interno del Paese. Naturalmente la Russia è risentita dell’atteggiamento degli Stati Uniti che continuano a sanzionarla.
(Vedi la scheda “Ucraina”).
Nel frattempo lo scontro tra sunniti e sciiti si è aggravato per due motivi: l’allentamento delle alleanze con gli alleati storici, ma soprattutto l’avanzamento di ideologie salafite (e quindi fondamentaliste e jihadiste) in tutto il Medio Oriente. Le conseguenze sono state più estreme del previsto: 11 settembre, Al Qaeda e Stato Islamico hanno fatto in modo che Russia e Stati Uniti si trovassero coinvolti unitamente nello stesso punto strategico: la Siria e l’Iraq.
(Vedi le schede “Siria”, “Stato Islamico e Iraq”).
Lo scontro tra sciiti e sunniti però si gioca tra Arabia e Iran e la scintilla è scoccata con la guerra in Yemen (Vedi le schede “Yemen e Arabia Saudita” e la scheda “Iran”).
La partita oggi si gioca in 4 e le vecchie alleanze non hanno più l’esclusività di un tempo (ci sono alleanze incrociate, temporanee o ambigue). Resta alla periferia dal gioco la disastrosa situazione in Libia (vedi la scheda “Libia”) e l’annosa questione tra Israele e Palestina (che qui non affrontiamo in quanto lo abbiamo fatto già atre colte).
Nella varie schede ho descritto sommariamente, ma in modo accurato con cartine molto precise, la situazione etnica e religiosa, quella delle forze in campo, le alleanze ufficiali e le accuse reciproche a ogni attore politico. Questa parte è composta solo da fatti, nessuna opinione, né personale né dietrologica è contemplata. La schede terminano con un commento personale super partes e dei suggerimenti personali, questi sì ideologici.
Come potrete comprendere leggendo le schede, i governi sono interessati soprattutto ai vantaggi economici, le democrazie mettendo in primo piano solo i diritti civili dei propri cittadini, i regimi nemmeno questo.
L’Onu persegue la vecchia politica dell’integrità nazionale (come nel congresso di Vienna del 1815), mettendo in secondo piano il principio di autodeterminazione dei popoli.
Per perseguire entrambi questi principi termino questa introduzione con l’esempio del Libano.
Il Libano è sempre stato abbastanza stabile, vista l’assenza di una netta maggioranza sciita o sunnita all’interno del Paese. Il potere è distribuito ugualmente: il presidente del governo libanese deve essere un cristiano, il primo ministro un sunnita e il portavoce del parlamento uno sciita. I conflitti si concentrano principalmente nel nord del Paese, ai confini con la Siria, dove il gruppo militante sciita degli Hezbollah sostiene il governo di Bashar al-Assad.
La chiave sciiti contro sunniti e dei loro vecchi alleati, spiega solo in parte lo scontro nel e sul Golfo. Spiega ancor di più, e meglio, un’altra chiave di lettura: la crisi di legittimità dei poteri e la conseguente crisi ideologica.

Lukha B. Kremo, 11 settembre 2015

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La guerra civile in Siria


(tratto da “J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015)

Situazione etnico/religiosa:
Il presidente al potere Bashar al-Assad appartiene alla minoranza degli alawiti che è una ramo degli sciiti (confessione islamica storicamente in conflitto con i sunniti). Per questo motivo è storicamente alleato con l’Iran, il paese a più larga maggioranza di Sciiti. L’Iran faceva parte dell’orbita politica Sovietica, ed è ancora oggi legata alla Russia. Di conseguenza anche la Siria (dall’altro campo, durante la Guerra fredda, la NATO era alleata con Iraq e Arabia Saudita).
In realtà in Siria la maggioranza è sunnita (vedi mappe etnica Siria e religiosa Siria a fine articolo), ma gli Sciiti occupano le zone di maggiore influenza tra Damasco e il Mediterraneo.
Gli Sciiti sono in maggioranza nell’Iraq meridionale (a sud di Baghdad), e nello Yemen nord-occidentale.
Situazione sul campo:
le proteste contro il governo di Bashar al-Assad sono cominciate al seguito delle “Primavere Arabe” nel marzo del 2011 e sono state represse con la violenza. La guerra civile (noi siamo stati tra i primi a parlare di Guerra Civile in Siria, nel 2012), tutt’oggi in corso, ha in parte contribuito a esasperare i sentimenti di odio e rancore tra sciiti e sunniti all’interno del Paese.
Nel maggio 2014 si è votato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla possibilità di avviare un’indagine per verificare se siano stati compiuti crimini di guerra in Siria. I governi di Russia e Cina hanno posto il veto, cioè hanno usato la possibilità che gli viene data dalla Carta dell’ONU di bloccare qualsiasi risoluzione. Dall’inizio della guerra in Siria è la quarta volta che Russia e Cina usano il loro potere di veto per bloccare una proposta di azione nella guerra in Siria.
La situazione si è ulteriormente aggravata e complicata con l’avanzata dell’IS (ex ISIS) nell’Est del Paese. [Vedi mappa Stato Islamico a fine articolo, che distingue tra posizione governative, ribelli, ISIS e postazioni curde e vedi scheda dello Stato Islamico e l’Iraq]
Mentre i curdi, sebbene sunniti, si sono opposti senza ambiguità ai miliziani dell’IS perché hanno conquistato i loro territori, i territori curdi occupano la parte settentrionale dell’Iraq, una striscia settentrionale della Siria (Kobane), quella meridionale della Turchia e una minima parte dell’Iran, praticando la pulizia etnica e religiosa, i ribelli del regime di Assad si sono divisi tra gruppi che combattono l’IS e gruppi alleati con loro perché sunniti.
Siria, Iran e Hezbollah sciiti del Libano hanno firmato una serie di accordi nella sfera economica e in quella della lotta al terrorismo. Assad ha dichiarato che l’Iran è il principale appoggio della Siria nella lotta al terrorismo.
La notizia degli ultimi giorni è che anche la Rusia ha deciso d’intervenire contro il terroristo dell’IS (ma anche contro i ribelli siriani).
Posizioni ufficiali:
gli Stati Uniti e l’Europa hanno condannato a più tempi le milizia governative di Assad e sono propense per un intervento armato.
Fin dall’inizio della guerra i governi di Russia e Cina, con intensità e impegni diversi, si sono schierati apertamente a favore del regime del presidente siriano Bashar al Assad.
Ufficialmente nessuno appoggia l’ISIS, ma questi continuano a conseguire vittorie perché bene armati (vedi nelle accuse).
Accuse:
L’esercito di Bashar al-Assad ha fatto uso di armi chimiche.
Russia e Iran ammettono la vendita di armi al regime di Assad e ai walabiti.
Molti sono accusati di armare l’IS, compresi gli Stati Uniti (indirettamente). Molto probabilmente sono i Sauditi ad armare direttamente i miliziani dell’IS: l’alimentazione di un islam salafita, wahabita (fondamentalista e jihadista) [vedi la scheda dell’Arabia Saudita] e la posizione strategica (tra gli sciiti siriani e quelli iracheni e iraniani) [vedi la scheda dell’Iraq] porta un indiretto ma decisivo supporto al califfatto dell’IS mai rivendicato dei sauditi, ma neppure smentito.
Anche la Turchia fa un doppio gioco: per anni ha discriminato la minoranza curda e ultimamente ha rafforzando la lotta al “terrorismo curdo” (tra virgolette perché fino all’anno scorso reggeva una tregua con i combattenti del PKK che aveva fatto superare questa parola), favorisce indirettamente l’IS. Inoltre pur essendo membro NATO non concede le basi per raid aerei.
Commento:
Le volontà di Stati Uniti ed Europa di sovvertire il governo di Assad sono evidenti come quello di tenerlo al suo posto da parte di Russia e Cina. Questo stallo ha portato ad alimentare la guerra civile siriana e a estendere l’ISIS soprattutto nei territori dell’est della Siria.
In Siria, anche se gli alawiti occupano le terre occidentali più popolose e redditizie, sono la minoranza, per l’autodeterminazione dei popoli non dovrebbero essere da soli al governo, ma dovrebbero tenere conto delle motivazioni dei ribelli. Noi ci schieriamo con i ribelli (curdi compresi) e contro il regime di Assad, ma la ricostituzione dello stato dovrà tutelare anche gli sciiti alawiti (tranquillizzando gli alleati russi e iraniani). I curdi dovrebbero ottenere una stato indipendente a partire da Kobane.
Previsioni:
a causa dell’IS, presto Russia e Cina rinunceranno al veto per un intervento internazionale multilaterale in Siria congiunto alla NATO, che però non sia mirato contro i governativi. Per far ciò si troverà un compromesso: Bashar al-Assad lascerà il posto a un alawita moderato, che accolga alcune istanze dei ribelli. In questo modo i ribelli saranno divisi tra chi accetta le condizioni del nuovo governo moderato e chi passa dalla parte dell’IS, i cui territori occupati verranno bombardati massicciamente.
Suggerimenti:
Il migliore: 1) Creare un governo di unità nazionale, equilibrato politicamente per costituzione (equilibrio alawiti e sunniti nelle istituzioni), rendere indipendente Kobane come stato curdo (eventualmente insieme ad altri piccoli stati curdi nei territori turchi, iracheni e iraniani a maggioranza curdi, in modo analogo alla Palestina).
In alternativa: 2) Secessione della Siria in due parti, nell’ovest governo alawita, nell’est annessione a uno stato sunnita moderato che prenda il posto dei territori a prevalenza sunnita (nord Iraq, est Siria) oggi occupati dell’IS.
JAC-syria-ethnic-map1

Mappa religiosa Siria
Mappa religiosa Siria
Mappa occupazioni Siria
Mappa occupazioni Siria

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Dopo “anticamitismo”, impariamo un altro termine: terrorismo israeliano


israeleUn bimbo palestinese di 18 mesi è morto tra le fiamme appiccate alla sua casa da coloni israeliani nel villaggio di Kfar Douma, vicino a Nablus, in Cisgiordania. Altre tre persone, i familiari, sono rimaste gravemente ferite.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è detto scioccato dal raid. “Questo è un attacco terroristico” ha dichiarato il premier, usando una formulazione utilizzata molto raramente dalle autorità israeliane in caso di attacchi anti-palestinesi. Nel pomeriggio Netanyahu ha telefonato al presidente palestinese Abu Mazen: “Dobbiamo combattere assieme il terrorismo, da qualsiasi direzione provenga”.
Dopo “anticamitismo” proponiamo l’uso di “terrorismo israeliano”.

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Tutte le vergogne del mondo


Il governo ungherese ha appena annunciato che costruirà una barriera al confine con la Serbia per impedire ai migranti di entrare nel Paese. La recinzione  sarà lunga 175 chilometri e alta più di 4 metri. Ecco tutte le barriere esistenti nel mondo (fonte Internazionale.it):

Arabia Saudita–Yemen
Anno di costruzione: 2013
Lunghezza: 1.800 chilometri
Motivo: impedire presunte infiltrazioni terroristiche

Ceuta e Melilla–Marocco
Anno di costruzione: 1990
Lunghezza: 8,2 chilometri e 12 chilometri
Motivo: bloccare l’immigrazione irregolare dal Marocco nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla

Cipro zona greca–zona turca, linea verde
Anno di costruzione: 1974
Lunghezza: 300 chilometri
Motivo: il muro corrisponde alla linea del cessate il fuoco voluto dall’Onu in seguito al conflitto che divise l’isola

Bulgaria-Turchia
Anno di costruzione: 2014
Lunghezza: 30 chilometri
Motivo: arginare i flussi migratori provenienti da est

Iran–Pakistan
Anno di costruzione: 2007
Lunghezza: 700 chilometri
Motivo: proteggere il confine dalle infiltrazioni dei trafficanti di droga e dei gruppi armati sunniti

Israele–Egitto
Anno di costruzione: 2010
Lunghezza: 230 chilometri
Motivo: contrastare terrorismo e immigrazione irregolare

Zimbabwe–Botswana
Anno di costruzione: 2003
Lunghezza: 482 chilometri
Motivo: la motivazione ufficiale è contenere i contagi tra il bestiame ed evitare lo sconfinamento delle mandrie, ma in realtà la motivazione sembrerebbe essere quella di impedire l’arrivo di migranti irregolari

Corea del Nord–Corea del Sud
Anno di costruzione: 1953
Lunghezza: 4 chilometri
Motivo: la divisione delle due Coree in seguito alla guerra del 1953

Marocco–Sahara occidentale, Berm
Anno di costruzione: 1989
Lunghezza: 2720 chilometri
Motivo: difendere il territorio marocchino dal movimento indipendentista Fronte Polisario

Irlanda, Belfast cattolica–Belfast protestante, peace lines
Anno di costruzione: 1969
Lunghezza: 13 chilometri
Motivo: separare i cattolici e i protestanti dell’Irlanda del Nord

Stati Uniti–Messico, muro di Tijuana
Anno di costruzione: 1994
Lunghezza: 1.000 chilometri
Motivo: impedire l’arrivo negli Stati Uniti dei migranti irregolari messicani e bloccare il traffico di droga

Israele–Palestina
Anno di costruzione: 2002
Lunghezza: 730 chilometri
Motivo: impedire l’entrata in Israele dei palestinesi, prevenire attacchi terroristici

India–Pakistan, line of control
Lunghezza: 550 chilometri
Motivo: dividere la regione del Kashmir in due zone, quella sotto il controllo indiano e quella sotto il controllo pachistano

India–Bangladesh
Anno di costruzione: 1989
Lunghezza: 4.053 chilometri
Motivo: fermare il flusso di immigrati provenienti dal Bangladesh, bloccare traffici illegali e bloccare infiltrazioni terroristiche

Pakistan–Afghanistan, Durand Line
Lunghezza: 2.460
Motivo: chiudere i contenziosi territoriali tra i due stati che risalgono all’epoca coloniale

Kuwait–Iraq
Anno di costruzione: 1991
Lunghezza: 190 chilometri
Motivo: arginare un’eventuale nuova invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, dopo la guerra del golfo

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Israele continua i raid in Palestina


L’aviazione israeliana ha colpito la scorsa notte “obiettivi terroristici” nel nord della Striscia di Gaza in seguito al lancio, la scorsa notte, di un razzo palestinese verso la città israeliana di Ashqelon. In questi attacchi non si sono avute vittime. Il ministro israeliano della difesa Moshe Yaalon ha anche ordinato la chiusura fino a nuovo ordine dei valichi di transito con la Striscia di Erez e Kerem Shalom.

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Il Vaticano decide di riconoscere la Palestina


Al termine di una riunione tra le delegazioni palestinese e vaticana, è stata raggiunta l’Intesa di un testo di prossima firma riguardante un accorgo globale tra lo Stato vaticano e le autorità palestinesi. Al centro il riconoscimento dello Stato di Palestina. “Le parti hanno concordato che il lavoro della commissione sul testo dell’accordo è stato concluso”, si legge in un comunicato congiunto, “e che l’accordo sarà sottoposto alle rispettive autorità per l’approvazione prima di fissare una data nel prossimo futuro per la firma”.
A breve Abu Mazen sarà in visita in Vaticano da papa Francesco.

Comunicati · gazzetta ufficiale · Governo Oscuro

*** Netanyahu? Impariamo un nuovo termine: anticamitismo


NAZIONE OSCVRA CAOTICA
GOVERNO OSCVRO
QVESITO XXIII

giorno 0 germinale 134

*Siete favorevoli al governo presieduto da Benjamin Netanyahu in Israele?

Il Governo Oscuro ha votato così:

Qvesito23
Qvesito23

Commento: il Governo Oscuro è contrario al Governo che sarà presieduto in ISraele da Benjamin Netanyahu. Scontato il risultato del voto nei confronti di Netanyahu, che presiederà un Governo di centrodestra, dopo aver dichiarato di voler proseguire con la colonizzazione dei territori palestinesi e di non voler riconoscere lo Stato palestinese. Nella nostra opinione, Netanyahu fa tutto ciò che si può fare contro la pace e a favore della guerra. Infatti, la sacrosanta pretesa delle volontà di sicurezza dei propri cittadini contro il terrorismo è totalmente vanificata dalle posizioni teoriche e sul campo. Netanyahu vuole spegnere l’incendio con la benzina, è come se chiedesse la pace tirando pugni in faccia, mantenendo il potere grazie alle lobby teocratiche israeliane e alle fobie fomentate dalla destra nazionalista. Purtroppo, quello che pensiamo, è che questa politica non faccia malo solo alla Palestina, ma soprattutto a Israele, portandolo verso l’isolamento internazionale. Siamo con voi, israeliani, arabi ed ebrei, che dovete sopportare ancora anni di conflitti e tensioni.
Il presidente Lukha B. Kremo, infine, che ha avuto contatti con il rabbino Capo di Milano nel 2006 e che ha sempre avuto un riguardo speciale nei confronti delle comunità ebraiche, si rammarica per le recenti parole del rabbino capo di Roma che confermano un’idea diffusa in certi ambienti ebraici, ovvero dell’equiparazione dell’antisionismo all’antisemitismo, dimenticando che moltissimi ebrei (anche cosiddetti “ultraortodossi”) non sono sionisti.
L’antisionismo è l’avversione a uno stato israeliano colonialista e imperialista, non certo un motivo di discriminazione.
A questo punto sarebbe facile tacciare Netanyahu di “anticamitismo“, ovvero avversione alla popolazione e alla cultura araba, che mi pare sia sempre più diffusa in questo periodo e che necessiti di un nome, al pari dell’antisemitismo.

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Israele riprende a distruggere le case dei terroristi


Riportiamo alcune informazioni e considerazioni da sito ilpost.it, che ringraziamo:

“Nella notte tra martedì 18 e mercoledì 19 novembre ci sono state forti tensioni a Gerusalemme Est tra gruppi di palestinesi e i soldati israeliani, che hanno raggiunto la zona per distruggere le abitazioni degli autori dell’attacco di martedì all’interno di una sinagoga di Gerusalemme dove sono morte cinque persone, tra cui un poliziotto israeliano. Gli attentatori sono stati uccisi dalla polizia sul posto dopo una sparatoria: avevano assaltato la sinagoga utilizzando una pistola e alcuni coltelli da cucina. Gli israeliani uccisi avevano tra i 43 e i 68 anni e si trovavano nella sinagoga per pregare.”
“La pratica di distruggere le abitazioni degli autori di attacchi contro israeliani era stata sospesa dal governo nel 2005, in seguito al lavoro di una commissione che dopo avere analizzato diversi casi era arrivata alla conclusione che le demolizioni non contribuissero a fare da deterrente per nuovi attacchi. Dall’estate 2014, in seguito all’uccisione di tre adolescenti israeliani di un insediamento nei pressi della Cisgiordania, il governo ha ripreso la tattica delle distruzioni.”

Comunicati · gazzetta ufficiale · Governo Oscuro

*** La Nazione Oscura condanna gli attacchi di Israele alla Palestina


NAZIONE OSCVRA CAOTICA
GOVERNO OSCVRO
QVESITO XVIII

giorno 17 termidoro 133

*Condannate l’intervento armato di Israele a Gaza nei confronti della Palestina?

Il Governo Oscuro ha votato così:

Qvesito 18
Qvesito 18

Commento: il Governo Oscuro approva la condanna degli attacchi di Israele contro la Palestina sulla Striscia di Gaza.
Nonostante alcune assenze visto il periodo di ferie/vacanze, il governo non ha dubbi sugli effetti deleteri di questi attacchi, nonostante l’onestà intellettuale del Governo Oscuro si renda conto delle difficoltà che pone Hamas per la popolazione israeliana (nonostante il risultato scontato, questo si evince dalle 2 astensioni precauzionali). Ma il risultato non può che essere la condanna di una nuova guerra Israeliano-Palestinese.

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Esce Flush.art 3, Arte e morte contemporanea


Esce il terzo numero di Flush-art – Arte e morte contemporanea,
l’irriverente e scioccante appuntamento con la morte in diretta mediatica con il mondo.
Scarica gratuitamente solo se sei maggiorenne e non impressionabile.

Vedi/scarica Flush.art_3.

Flush.art 3
Flush.art 3

Vedi/scarica gli arretrati.
Vedi/scarica/acquista tutte le pubblicazioni di Arte Orrenda-Nasty Art.

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Che cos’è lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante


Lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (o della Grande Siria) (acronimo ISIL o ISIS) è uno stato autoproclamatosi il 3 gennaio 2014 nel nord-ovest dell’Iraq, da un’organizzazione jihadista, figlia di Al Qaeda, oggi capeggiata da Abū Bakr al-Baghdādī, approfittando della situazione di caos e debolezza politica della zona dell’Iraq e della Siria. Il 29 giugno 2014 si è proclamato califfato.
Dopo aver autoproclamato la propria sovranità politica su Siria e Iraq, ha occupato il nord-ovest dell’Iraq, con le città di Mosul e Falluja, proclamando l’intenzione di allargare il suo progetto di dominio, come suggerisce la stessa inclusione del “Levante” nella denominazione, anche su Giordania, Israele, Palestina, Libano, Kuwait, Cipro e una zona meridionale della Turchia (l’ex Vilayet di Aleppo).

ISIS. Zone occupate (a luglio 2014) e rivendicate.
ISIS. Zone occupate (a luglio 2014) e rivendicate.

L’ISIS obbliga il pagamento della Dhimma (una tassa) ai non musulmani (secondo una consuetudine islamica medievale). Chi si rifiuta “sceglie la spada”. Di fatto quasi tutti i cristiani sono fuggiti da Mosul, dove ieri i jihadisti stessi hanno fatto esplodere la Moschea di Giona (perché di professione Sciita e non Sunnita come i jihadisti).
Ancora più inquietante l’annuncio dell’obbligo di infubilazione per tutte le donne dello Stato, che al momento non è ancora da ritenersi un provvedimento.

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Le necessità di Stato sono prioritarie rispetto alla vita dei bambini


No, questo non è un titolo provocatorio. E’ la disequazione che seguono certi Governi mondiali (molto di più di quanto si pensi).
Il risultato di questa disequazione è che Israele rifiuta le tregue, che i ribelli filorussi bombardano un aereo civile, che in Siria si fa un genocidio sotto gli occhi del mondo.
Ma a noi piace fare i nomi, perché di solito si nascondono dietro sigle e organizzazioni.
In Palestina sono stati ampiamente superati i 500 morti, in gran parte giovani, minorenni e bambini, e questo perché il premier israeliano Benjamin Netanyahu non punta ad annientare l’organizzazione islamica, ma a far sì che continui a governare nella Striscia di Gaza perché l’alternativa sarebbe uno stato di anarchia impossibile da controllare.
In Siria Bashar al-Assad è conscio che il suo governo è un ago della bilancia russo-statunitense e che nessuno delle due potenze (né tantomeno Europa o altri interlocutori) non possono intervenire per impedire il genocidio che questa persona autorizza a fare ai danni dei ribelli.
Il leader dei filorussi della neoproclamata repubblica di Donetsk, Alexandr Borodai, avallato dall’appoggio politico e militare di Vladimir Putin, abbattono in Ucraina deliberatamente un aereo carico di 298 civili (no, non si scambia un Boeng 777 a 10000 metri di altitudine con un caccia militare), per ottenere una no-fly zone e l’attenzione dei media mondiali.
Infine, ricordate sempre che non esistono governi canaglia, ma governi un po’ più decisionisti di altri, più ponderanti, che magari rimuginano su questa disequazione più a lungo. Prendendo l’esempio dell’Italia, uno dei governi meno guerrafondai al mondo, ricordiamo che hanno sacrificato Aldo Moro per necessità di Stato, e nel 2001 a Genova, hanno ucciso un ragazzo, Carlo Giuliani, per motivi di sicurezza di Stato.
Voi pensate con la vostra testa, analizzando la storia recente, e traete le vostre conclusioni.

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Disastro mondiale: non in Brasile, ma in Palestina


Bombardamenti israeliani su Gaza, 9-7-2014
Bombardamenti israeliani su Gaza, 9-7-2014
I media mondiali mostrano le lacrime di un Paese, il Brasile, che ai campionati mondiali di calcio ha perso in casa per 7-1 contro la Germania.
Nel frattempo non si è vista una lacrima dai 35 morti e 300 feriti degli attacchi di Israele a Gaza, offensiva sulla zona da parte di Tel Aviv, che punta a stanare Hamas. L’aviazione israeliana ha attaccato con oltre 160 raid aerei contro la Striscia al lancio di razzi dai Territori occupati. Tra le vittime, a Gaza, anche bambini.
Sull’area metropolitana di Tel Aviv nella mattinata sono stati intercettati dall’Iron Dome cinque razzi partiti dalla Striscia. I proiettili lanciati da Gaza sono stati indirizzati in 20 differenti località di Israele, compresa la zona centrale del Paese. Le sirene sono risuonate a Tel Aviv, Modin, Rishon Letzion, Ashdod, Ashkelon, Rehovot, ma anche nel sud del paese. La polizia ha invitato i cittadini a essere sempre vicini ai rifugi.

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Escalation di violenza tra israeliani e palestinesi


Cronaca di una degenerazione:
Lo scorso 12 giugno tre adolescenti israeliani sono stati rapiti mentre facevano l’autostop nei pressi di Gush Etzion, un gruppo di insediamenti ebraici in Cisgiordania.
Il 1° luglio i loro corpi senza vita sono stati ritrovati in un appezzamento nella cittadina palestinese di Halhul, non lontano da Hebron, a pochi chilometri da dove erano stati rapiti: Gilad Shaer e Naftali Frenkel avevano 16 anni, Eyal Yifrah ne aveva 19. Il terreno dove erano nascosti i cadaveri appartiene alla famiglia vicina ad Hamas.
Benyamin Netanyahu, in ritorsione, ha lanciato una serie di operazioni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, volte soprattutto a colpire le infrastrutture e la leadership di Hamas.
Il 2 luglio, Mohammed Abu Khdeir, ragazzo palestinese di 16 anni, è stato sequestrato e ucciso da coloni ebrei per vendetta, è stato bruciato vivo e il suo cadavere è stato trovato in un bosco a Gerusalemme.
I funerali si sono svolti oggi a Shufat, Gerusalemme Est, dove ci sono stati violenti scontri.
Qualsiasi commento sarebbe futile. La politica di Abu Mazen sta fallendo, Hamas potrebbe trarne vantaggio… Meglio le fotografie e una preghiera. Possibilmente verso un Dio bipartisan.

Mohammed Abu Khdeir
Mohammed Abu Khdeir
Eyal Yifrah, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel
Eyal Yifrah, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel

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…E intanto, in Siria…


In Siria negli ultimi giorni i soldati dell’esercito governativo hanno ucciso almeno 75 ribelli nei combattimenti per il controllo della capitale Damasco. 49 delle vittime sono morte in un’imboscata tesa dai soldati ad Adra.
Nel frattempo miliziani curdi siriani hanno preso il controllo oggi di Ras al Ayn, uno dei valichi di frontiera con la Turchia nel settore orientale del confine. Le milizie curde hanno avuto ragione dei rivali arabi del qaidista Fronte al Nusra. A Ras al-Ayn i combattimenti fra curdi e jihadisti proseguono.
Il capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, il generale Martin Dempsey, ha comunicato le opzioni militari che Washington potrebbe applicare nella complessa crisi siriana. Dempsey evidenzia cinque opzioni: la più “morbida” e la meno costosa è rappresentata dalla fornitura di armi e addestramento ai ribelli che combattono il regime di Bashar Assad.
La Conferenza di Ginevra per risolvere il caso siriano, programmata da Washington e Mosca, avrebbe dovuto tenersi a fine maggio, poi a giugno, quindi a luglio, infine ad agosto. Ora la sua convocazione è slittata a settembre.
La gente comune forse non ha compreso in pieno l’importanza di questa nuova breccia aperta in Medio Oriente, grave come la questione Palestinese.
A questo punto riportiamo una riflessione di Bifo (Franco Berardi), che condividiamo in pieno:
“Sappiamo che la fine della guerra fredda non ha aperto un’epoca di armonia universale con qualche marginale disturbatore esaltato, ma ha inaugurato un’epoca di aggressività identitaria e di follia suicida. Il suicidio non faceva parte dell’armamentario dei sovietici, mentre è un elemento essenziale dell’islamismo contemporaneo. Perciò la guerra che Bush dichiarò infinita ha caratteri di asimmetria e d’imprevedibilità che non si possono ricondurre ad alcun pensiero strategico. L’illuminismo protestante che sta a fondamento dell’episteme strategica americana è incapace di interpretare i segni della cultura islamica, e la nozione formale di democrazia è inadatta per interpretare l’evoluzione attuale della guerra che si va diffondendo nel continente euroasiatico. Nessuna potenza militare pare in grado di ridurre la violenza contemporanea perché questa sfugge alle categorie della politica.
Nello scacchiere del mondo islamico si combattono diverse guerre, e nessuna di queste ha molto a che fare con la democrazia, questo feticcio che, svuotato di contenuto e di efficacia in Occidente, viene pubblicizzato con insistenza come un prodotto di scarto che gli occidentali sperano di rifilare a chi non l’ha mai visto.
Ciò mi ha fatto riflettere su questa generazione che si ribella con forza e radicalità senza nutrire alcuna speranza, senza attendersi alcun miglioramento. Come se la rivolta fosse, in sé, la sospensione temporanea di una condizione intollerabile – e il momento di riconoscimento di tutti coloro (e il numero cresce) che non vogliono più condividere nulla, credere in nulla, né partecipare a nulla. Solo vivere, inventando un altro mondo, non importa quanto impossibile.

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Il mondo si accorge che la Palestina è uno Stato


“Ora non sara più Israele a decidere se i palestinesi possano avere uno Stato, dopo che l’Assemblea generale Onu ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore non membro”. Così Nabil Shaath, esponente del comitato centrale di Fatah.
Le neorepubblica di Torriglia aveva già riconosciuto la Palestina (vedi articolo ufficiale).
Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha ringraziato i Paesi che ieri hanno votato contro il riconoscimento della Palestina come stato osservatore non membro dell’Onu, che sono: Stati Uniti, Israele, Canada, Repubblica Ceca, Palau, Micronesia, Nauru, Panama e le Isole Marshall (quindi Israele, Canada, Usa e altri Paesi ex protettorati Usa). Restiamo stupiti delle decisioni della Repubblica Ceca, ma ancora più sorprendente è l’atollo di Nauru, in quanto è uno dei pochi Stati che ha sempre appoggiato l’indipendenza di molti Paesi non riconosciuti dalla maggioranza, e ora, a sorpresa, nega l’esistenza della Palestina. Ci chiediamo se il delegato Nauru abbia capito cosa si votava e consideriamo la possibilità di prendere un provvedimento per questo “atollo impazzito” con un’invasione pacifica in bikini, pinne e maschere.

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Palestina e Israele: tutti colpevoli!


La dissoluzione dei territori palestinesi
La dissoluzione dei territori palestinesi

Lo scontro decennale tra palestinesi e israeliani si riaccende per l’ennesima volta. Sembra che il bioritmo guerra-pace segua una sinusoide, i periodi di tregua e l’avvicinarsi della pace vengono puntualmente interrotti da un’inversione di tendenza che riporta tutto verso la guerra. Come un profondo respiro senza fine. Qualche studioso potrebbe pensare che questo conflitto sia una specie di termometro del mondo e scovare dei paralleli tra le alternanze pace-guerra e la situazione mondiale, vista sia la regolarità delle ricadute, sia la particolare risonanza mediatica di questo conflitto. E alla crisi economica mondiale non poteva mancare la guerra “per eccellenza”.
Noi non siamo ancora velleitari a tal punto da formulare questa ipotesi, ma sicuramente possiamo legare questo conflitto a una guerra “sotterranea”, o se preferite “fredda”, che ha come baricentro il Medio Oriente. Pensiamo sia all’Iran che fornisce armi alla Palestina che ha come obiettivo il sodalizio Israele-Stati Uniti, sia all’asse Russia-Cina, che, come ha dimostrato il caso della Siria, si oppone all’egemonia degli Stati Uniti in Medio Oriente.
L’immensa partita a scacchi mondiale porta a una guerra stretta e angusta combattuta addiruttura in una Striscia di trra di pochi chilometri.
E se a Gaza i bambini muoiono è colpa di tutti questi “poteri forti”, non solo del missile israeliano di turno. Ma nessuno è esente da responsabilità.
E tutti i politici da bar che riemergono in situazioni come queste dovrebbero, oltre a studiarsi la storia, tenere presente i seguenti fatti.
Israele
Israele è uno Stato, e come tutti gli Stati comprende una moltitudine di persone, tra cui pacifisti e integralisti religiosi (nella fattispecie ultraortodossi), ebrei sionisti e non, arabi ebrei (lo sapevate?), e musulmani israeliani, ma soprattutto comprende anche il Governo Netanyahu. Una cosa è essere ebrei ortodossi, un’altra sionisti (esistono anche ortodossi non sionisti, soprattutto in Usa), un’altra ancora Israeliani. Quindi chi si riempie la bocca di Israele dovrebbe fare queste distinzioni, perché le manifestazioni pacifiste degli israeliani non vanno d’accordo con la politica di aggressione della destra che il governo israeliano asseconda.
I sionisti hanno la responsabilità di violare costantemente (fino a oggi) i trattati internazionali e continuare a costruire colonie nei territori occupati.
Il Governo ha la responsabilità di assecondare i sionisti e la destra per avere l’appoggio politico e poter governare.
Palestina
Anche in questo caso, servono dei distinguo. Ci sono i palestinesi, Hamas (attualmente al governo), gli integralisti pro jihad e l’ANP.
Hamas, con l’appoggio degli integralisti, viola regolarmente gli accordi, le tregue e protegge i terroristi al proprio interno. Ora, considerare combattenti e non terroristi Hamas e gli integralisti kamikaze è controverso. Faccio degli esempi per ognuna delle fazioni: rivolgendomi agli italiani come chiamereste Pietro Micca che si fece esplodere per impedire alle truppe francesi di conquistare Torino durante l’assedio del 1706?
Come dimenticare, del resto, Il massacro di Monaco del 1972, in cui dei fedayyìn palestinesi palestinesi uccisero 11 atleti israeliani che stavano partecipando alle Olimpiadi.
Inoltre, giusto per stare in Italia, molti hanno dimenticato la strage di Fiumicino nel 1985, dove i terroristi palestinesi uccisero 16 persone ferendone circa 100.
Credo che, aparte eccezioni, la differenza tra terrorismo e lotta per la libertà sia abbastanza semplice.
L’intifadah (il lancio di pietre) è lotta per la libertà, farsi esplodere in un autobus israeliano è terrorismo. L’ANP è un organizzazione lecita, mentre non dimentichiamo che i kamikaze palestinesi sono stati la fonte d’ispirazione di Osama Bin Laden e dei Talebani, niente meno.
È quindi necessario, sia per noi, ma soprattutto per i Palestinesi, cominciare a distinguere gli integralisti religiosi dai combattenti per la libertà. La jihad non c’entra niente con la Palestina, o almeno non dovrebbe.
Stati Uniti
Non mi stupisce come gli Stati Uniti (in cui vivono milioni di ebrei) siano filoisraeliani, non stupisce nemmeno che gli Stati Uniti abbiano ottimi rapporti con l’Arabia Saudita (monarchia assoluta, con la più integrale versione dell’Islam, ma ricca della materia prima che fa muovere il mondo, ovvero il petrolio), mentre i rapporti con la Palestina non sono per niente buoni (è una democrazia, non è integralista, ma è un Paese molto povero).
Queste riflessioni fanno capire che le democrazie occidentali non creano alleanze in base alle proprie idee democratiche, ma al profitto. Più che “democrazie” si tratta di “capitalismi”.
Europa
Il vecchio continente sembra ergersi ad arbitro (inascoltato) del conflitto. Sembra invece comportarti come gli Stati Uniti, solo che in Europa vivono milioni di musulmani e non di ebrei (che inazisti – che erano europei – hanno eliminato in massa), quindi sembra ovvio che si parteggi leggermente più per le motivazioni dei palestinesi. Falso buonismo.

Resta il fatto che la Palestina ha il diritto di avere uno Stato vero (non le vergognose riserve “indiane” di adesso, entro i confini stabiliti nel 1967), e che Israele ha diritto alla propria tranquillità e non si deve sentire minacciato dall’Iran e da gran parte dei Paesi del Medio Oriente.
Resta il fatto che Israele è un paese ricco che continua a colonizzare terre di un Paese povero.
Resta il fatto che nessuno dei due contendenti vuole la pace.
Antisemitismo
Infine, non poteva mancare l’antisemitismo, che ultimamente ha permeato pure certi ambienti di estrema sinistr! Essere fascisti, nazisti, neonazisti o postfascisti è vergognoso, ma essere comunisti antisemiti è lo stesso.
Contestare Israele e le scelte del proprio governo è lecito, essere contro gli ebrei no.
Contestare i Palestinesi perché hanno eletto Hamas al Governo è incomprensione dei livelli indecenti di vita dei palestinesi.
Al Salaam! Shalom!

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Israele, Italia e Spagna: la violenza è l’unica soluzione


Lo sciopero europeo contro le misure di austerity è degenerato in scontri in Spagna, a Madrid, e in diverse città italiane (Roma, Milano, Torino, Padova, Brescia). Scioperi ci sono stati anche in Portogallo, Grecia, Polonia e Germania, dove pare la polizia si sia comportata in modo molto diverso, agevolando il corteo anziché impedirne l’avanzata.
Nel frattempo Israele lancia un missile sull’auto di Ahmed Jaabari, capo militare di Hamas, uccidendolo. Hamas giura sanguinosa vendetta. Gli Usa sostengono che Israele abbia diritto di difendersi, approvando inconsapevolmente (?) anche la dichiarata rappresaglia palestinese: è evidente che anche loro vogliono la guerra.
I ministri italiani fanno spallucce e lanciano condanne generiche contro le violenze (ma mi chiedo cosa ci sia di più violento che far pagare la crisi alle classi meno abbienti), senza chiedersi le motivazioni degli studenti (forse se li aspettavano un po’ più choosy).
Sia il governo, sia i media, sia la sinistra, dividono i “facinorosi infiltrati” dai “manifestanti pacifici”, senza chiedersi se sia una divisione artificiosa, di comodo o no (certo che è di comodo, ognuno per un motivo diverso), senza chiedersi le motivazioni che spingono alla rabbia, senza chiedersi se la questura sia stata in grado di controllare l’ordine pubblico o abbia commesso degli errori.
Io invece mi chiedo se sia giusto assegnare a un corteo un percorso che non comprenda il luogo dell’istituzione contro cui vuole protestare (se io protesto contro il parlamento, dove lo vorrei fare, secondo voi?).
L’assegnazione di un percorso secondo la questura più sicuro, diventa insicuro perché evidentemente “fuori strada” e non concorde al volere di chi organizza la protesta. E lo scontro (o l’errore) nasce in questo momento, poi sapere chi sia stato il primo a lanciare la molotov/bomba carta/lacrimogeno lo lasciamo ai discorsi da bar.
Come tutti sanno, la guerra si dichiara prima di combattere.
Noi la pensiamo come Pier Paolo Pasolini: siamo dalla parte degli offesi, quindi in primis le forze dell’ordine di prima fila e i manifestanti. I responsabili, anche questo lo sanno tutti, vanno cercati più in alto.
Le questure hanno voluto la guerra, i “facinorosi” hanno voluto la guerra, Israele e gli Usa vogliono la guerra, Palestina vuole la guerra. Ma attenzione, guerrafondai: ci sono i ministri tecnici/finanzieri/economisti che vi condannano, che paura, eh?!
Chissà come andrà a finire…?
Intanto a Gaza stanno bombardando (e non sono le uova sulle vetrine di Roma).

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Gli uomini preferiscono le bombe


40 morti negli attentati multipli in Nigeria davanti alle chiese cristiane di Boko Aram, che già in passato si è resa protagonista di stragi (vedi nostri articoli di giugno e di novembre), una formazione estremista, filomusulmana, ma in generale contro lo stile occidentale e quindi assimilabile ad Al Qaeda e formazioni simili. In totale, 100 morti in una settimana in Nigeria.
In Siria 44 morti in un attentato al tritolo a Damasco, di cui non sono ancora del tutto chiare le responsabilità, e 15 morti in un bombardamento a Homs. Alla base c’è la ribellione contro il regime di Bashar al Assad e, naturalmente, le tensioni Israelo-palestinesi.
Infine, “solo” 7 morti negli attentati a Baghdad, “saluto” di certi iracheni al contingente statunitense che ha appena concluso, dopo 8 anni, la sua “missione di pace”.
Forse peggio dei secoli passati, mai come oggi, l’uomo dialoga sempre di più con le bombe, ci si fa conoscere con il tritolo, si proclama con i bombardamenti e ci si saluta con le armi. A volte, anzi molto spesso, in nome della religione, che dovrebbe significare “spiritualità e amore”.
Chiediamoci però COME si è creata tale situazione e CHI ha cominciato a usare le armi come strumento di dialogo. Una risposta possibile potrebbe essere: il Colonialismo Occidentale.
Altra concausa: i media che non danno rilevanza alle stragi in Nigeria (come più volte abbiamo denunciato in questo blog, leggetevi cosa dicevamo a novembre di quest’anno).

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Gaza e Israele: giornalisti sparano sulla folla!


Liberato il soldato israeliano Gilad Shalit dopo più di 5 anni di prigionia nella Striscia di Gaza, in cambio di 1027 prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane.
Le tv ha seguito il fatto da vicino: a Mitzpei Hila, dove Noam Shalit ha piazzato un’enorme bandiera con la stella di David sul tetto; a Kerem Shalom, punto d’incontro fra Israele, Gaza e Egitto, dove Gilad è stato prima passato agli egiziani e poi a Israele; infine a Tel Nof, base aeronautica dove Gilad ha incontrato Bibi Netanyahu e i suoi genitori, per poi tornare a casa.
Lettura di questo fatto?
Molti in Europa parlano di vittoria morale per Israele: il movimento Hamas e gli altri estremisti palestinesi mandano i loro adepti in missioni suicide per uccidere il maggior numero di donne, uomini e bambini israeliani, Israele ha accettato di mettere in libertà terroristi pericolosi e colpevoli di atti sanguinari per salvare uno solo dei suoi soldati.
Poi c’è chi sottolinea che a Gaza la gente esultava inneggiando ai terroristi.
Mentre da parti politiche opposte si parla di coloni (facciamo il nome, il rabbino Avichai Rontskiche) che vorrebbero cercare e uccidere questi terroristi liberati.
Facciamo i complimenti vivissimi a tutti coloro che fomentano un conflitto che presenta oggi un momento di tregua.
Facciamo i nomi, quel concentrato di faziosità e incompetenza che è “il Giornale” e tale “ticinolive.ch” (svizzeri ex neutralisti?), ma anche altri.
La guerra tra palestinesi e israeliani è anche mediatica, VOI che scrivete queste cose siete dei soldati che sparano sulla folla chiamando degli ex prigionieri terroristi (in realtà fino a prova contraria sono attivisti ed ex prigionieri poi, se su parte di loro ci sono le prove della loro colpevolezza, hanno scontato una pena, quindi, come in tutti i Paesi del mondo, sono ex rei) e pubblicando parole di rabbini qualunquisti che, a parte il loro ruolo, rimangono esseri umani che esprimono futili opinioni dettate dal solito integralismo religioso tale quale gli integralisti islamici palestinesi. Insomma, palestinesi ed israeliani sono molto più simili di quanto possa sembrare, sia ai livelli alti e istituzionali (con la loro volontà di pace), sia a quelli popolareschi, rabbini compresi (e la loro stupida voglia di vendetta).
La tregua, signori giornalisti, è un primo effetto della primavera araba e della volotà di Israele di mostrarsi connivente al passaggio dei regimi arabi alla democrazia. E come dare loro torto?
Finalmente, forse, una volta che tutte i Paesi arabi si saranno trasformati in democrazia (ma ancora non è vicino il momento), Israele potrà essere più tranquilla dal punto di vista della sicurezza (loro obiettivo principale), e vedere prendere in considerazione veramente le sacrosante ragioni di autodeterminazione della Palestina, in parte da loro ancora oggi colonizzata.

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La Neorepubblica di Torriglia riconosce la Palestina e il Sudan del Sud


Mentre il mondo si trastulla in disquisizioni al limite della filosofia riguardo al fatto di riconoscere o meno uno Stato già indipendente da anni come la Palestina, (con l’ipocrisia degli stati Uniti, pericolosamente influenzati dal ceto dirigenziale ebraico) la NeoRepubblica di Torriglia comunica ufficialmente l’elenco della nazioni da essa riconosciute, sottolineando come riconosca lo Stato indipendente della Palestina fin dal 22 dicembre 2004 e che le ultime due nazioni riconosciute sono il Sudan del Sud (il 9 luglio 2001) e la Repubblica di Uzhupis (il 22 agosto 2011).

Da notare che i riconoscimenti di Stati Sovrani da parte della Neorepubblica Kaotica di Torriglia saranno ratificati al momento della nomina del Governo, che dovrà confermare o meno tali riconoscimenti e che il riconoscimento non presuppone l’indipendenza, ma è un riconoscimento di autonomia e/o indipendenza solo laddove richiesta dalla maggioranza dei cittadini/abitanti.

Al momento questi sono gli Stati che la NeoRepubblica di Torriglia riconosce e quelli che “non ne condanna l’indipendenza” dalla fondazione della n/azione Oscura KAOS-SF (22 dicembre 2004).

RICONOSCIUTI:

– I 193 stati membri dell’ONU (vedi elenco ufficiale aggiornato a oggi) con le seguenti eccezioni:
1. Regno Unito solo come Inghilterra.
2. Australia, Azerbaijan, Cina, Cipro, Danimarca, Francia, Georgia, Italia, Iraq, Israele, Lituania, Marocco, Moldavia, Nuova Zelanda, Serbia, Somalia, Sudan, Turchia, Ucraina e USA con le limitazioni in base agli altri Stati riconosciuti che non sono membri ONU.
[Da tenere presente che l’elenco comprende il nuovo membro dell’ONU Sudan Sud (riconosciuto dall’ONU dal 14 luglio 2011 e da noi il 9 luglio 2011)].
– I seguenti Stati sovrani non membri dell’ONU (riconosciuti dal 22 dicembre 2004 ove non indicato):
Cook Islands
Euskadi
Far Oer
Galles
Gibilterra
Groenlandia (dal 25 novembre 2008)
Guam
Guyana (ex francese)
Irlanda del Nord
Kosovo
Kurdistan
Malta
Norfolk
Niue
Nuova Caledonia
Palestina
Polinesia (ex francese)
Puerto Rico
Sahrawi (Sahara occidentale)
Scozia
Sealand
Seborga
Somaliland
Taiwan
Tibet
Tokelau
Uzhupic (dal 22 agosto 2011)
Zanzibar

NON NE CONDANNA L’INDIPENDENZA (astensione in merito):

Abcasia (dal 26 agosto 2008)
Cipro Nord
Crimea (dal 16 marzo 2014)
Gagauzia
Nagorno-Karabakh
Ossezia Sud (dal 12 novembre 2006)
Transnistria
Vaticano

Per un totale di 228 Stati Sovrani (l’elenco comprende Stati indipendenti de facto, che hanno ottenuto status di forte automonia o che hanno avuto forti manifestazioni autonomiste).

Di seguito gli eventi che hanno portato alla decisione di riconoscere gli Stati sovrani successivamente alla fondazione della n/azione oscura KAOS-SF, oggi NeoRepubblica di Torriglia (22 dicembre 2004).

12 novembre 2006: la Russia riconosce l’Ossezia del Sud indipendente dalla Georgia.
26 agosto 2008: la Russia riconosce l’Abcasia indipendente dalla Georgia.
25 novembre 2008: la Groenlandia approva un referendum che estende l’autonomia a tutto il territorio trasferendo al governo locale diverse competenze.
9 luglio 2011: il Sud Sudan ottiene l’indipendenza grazie a un referendum (verrà riconosciuto dall’ONU il 14 luglio).
22 agosto 2011: l’ambasciatore di Uzhupis in Italia del Nord prende contatti con il Capo di Stato della NeoRepubblica di Torriglia che gli concede il riconoscimento.

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Nobel per la Guerra a Israele


La NeoRepubblica di Torriglia propone al Comitato del Premio Nobel l’istitzione della categoria “Nobel per la Guerra” per chi si evidenziasse per un uso sistematico delle armi e della rappresaglia, noonché di continui investimenti nel campo militare.
Inoltre propone la candidatura del Governo di Israele a tale categoria. Ne rimangono esclusi i cittadini israeliani, militari compresi, che non esercitano un vero potere decisionale bellico.
I fatti: una notte di scontri in Israele ha seguito l’attentato di giovedì mattina a Eilat in cui hanno perso la vita otto israeliani e sette palestinesi. Nella notte l’aviazione israeliana ha risposto inviando sul cielo di Gaza i propri caccia. I missili hanno colpito diversi obiettivi militari di Hamas, fra cui un campo di addestramento, magazzini di armi ed almeno un tunnel che conduceva al territorio israeliano. In questi attacchi, affermano fonti palestinesi, un adolescente è rimasto ucciso e diverse persone sono state ferite. Intanto in tutta la zona la tensione resta molto elevata.
Hamas ha annunciato stamattina di non ritenersi più vincolato alla tregua con Israele.
Se il Governo di Israele voleva la guerra, l’ha ottenuta. Condanniamo fermamente l’attentato filopalestinese, ma condanniamo anche la reazione di Israele, abituata ormai a reagire contro il terrorismo con veri bombardamenti di guerra e raid improvvisi.
Se la Norvegia avesse reagito allo stesso modo (un centinaio le vittime dell’attentato a Oslo e all’isola Utoya), probabilmente avrebbe dovuto bombardare una regione intera.
Il terrorismo non si combatte in questo modo, così si fa solo il loro gioco; anche se probabilmente il governo di Israele ha scopi secondari: come l’intimidazione dell’intero mondo arabo e forse un utilizza di una grande risorsa interna (quella militare) in un momento di crisi internazionale.