Sale la tensione nello Sri Lanka dopo la proclamazione dello stato d’emergenza e del coprifuoco per contenere le proteste di massa suscitate dalla grave crisi economica. Sfidando le autorità, decine di deputati delle forze di opposizione si sono riversate nelle strade della capitale per affluire davanti alla residenza del loro leader Sajith Premadasa, da dove hanno dato vita a un corteo. I manifestanti sono stati bloccati da militari e poliziotti armati di fucili. Bloccati i social network per qualche ora.
Tag: rivolte
Cile, milioni di persone in piazza
Passerà alla storia come “La Marcha más grande de Cile“. Solo a Santiago, in Plaza Italia, è stata stimata un’affluenza di più di un milione e duecentottantamila persone, e concentrazioni identiche e altrettanto affollate ci sono state in tutto il resto del paese.
Ma cosa chiede la gente? Principalmente, tre cose: allontanare le forze armate dalle strade, cancellare tutte le leggi che sono state fatte contro il popolo e convocare un’assemblea costituente per chiedere una nuova costituzione.
Cile, Hong Kong, Ecuador, Catalogna, Libano, Egitto e Russia: cos’hanno in comune tutte queste rivolte
In molti Paesi negli ultimi mesi abbiamo assistito a cortei di protesta imponenti. Ognuno con le sue priorità ma c’è un filo conduttore: Hong Kong reclama la propria autonomia e chiede che le sue prerogative siano preservate, anzi ampliate, nonostante la pressione della leadership comunista. Le proteste sono iniziate quando la governatrice Carrie Lam ha cercato di far passare una legge sull’estradizione di ricercati e sospetti in Cina, ma poi sono continuate nonostante la proposta sia stata ritirata.
Anche in Cile (l’aumento del costo dei mezzi pubblici) e in Libano (una tassa su Watsapp e le chiamate via internet) i cortei sono continuati nonostante venissero meno i motivi che avevano scatenato la protesta.
Ancora più drammatica la situazione in Ecuador, dove Lénin Moreno lascia la capitale Quito e trasferisce l’esecutivo nella città costiera di Guayaquil. Le proteste erano cominciate per l’aumento dei prezzi dei carburanti e il taglio dei sussidi.
In Catalogna la gente è scesa in strada dopo la dura condanna di 12 leader indipendentisti. In Egitto si sta protestando contro il governo del presidente Abdelfettah Al Sisi, e in Russia ci sono proteste per la libertà di espressione politica.
Un filo conduttore che unisce i contestatori nel mondo è la lotta contro la disuguaglianza sociale e le accuse di corruzione nei riguardi del governo.
E non dobbiamo dimenticare i Fridays for the Future di Greta Thunberg per il cambiamento climatico.
Gerusalemme: un milione in protesta a Gaza, 3 palestinesi morti
Un’adunata di quasi un milione di persone si è svolta in queste ore a Gaza partendo da Rafah, nel sud, fino Beit Hanoun, al nord, lungo la strada Salah Adin.
Palestinesi in rivolta a Gerusalemme, 4 morti
4 morti e 75o feriti nelle rivolte a Gerusalemme per le proteste contro la politica del presidente americano Donald Trump per la nuova capitale di Israele.
Trump, dopo aver acceso la miccia, ha lanciato un appello alla calma e alla moderazione. Che sia lui io prim a seguire il proprio appello!
Brasile: asssalto ai Ministeri
Michel Temer aveva deciso di mobilitare le forze armate per difendere gli edifici pubblici a Brasilia contro le violenti proteste anti-governative scoppiate nella capitale federale.
La massiccia manifestazione contro il governo Temer – iniziata in maniera pacifica e alla quale avrebbero partecipato 200 mila persone – era terminata con sette arresti, 49 feriti, tra dimostranti e agenti, oltre a numerosi atti di vandalismo. Nelle sedi dei ministeri dell’Agricoltura, della Pianificazione e della Cultura si sono registrati anche principi di incendio.
Il Decreto è stato revocato oggi dal capo di Stato.
In Belgio esplode la rabbia per l’Austerity
Almeno 100.000 persone hanno sfilato per la capitale Bruxelles (circa l’1% della popolazione del regno), la protesta prende di mira le misure annunciate dal nuovo governo conservatore liberale del primo ministro Charles Michel: dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, al congelamento degli adeguamenti salariali all’inflazione, ai tagli a scuola, ricerca e servizi.
Golpe in Burkina Faso, militari al potere, ma Campaoré non lascia
Il regime di Blaise Compaoré, padre padrone del Burkina Faso da 27 anni, è sul punto di crollare. Ma dopo quattro giorni di manifestazioni di massa, e un mezzo colpo di Stato orchestrato dai generali, il presidente ancora non molla. Il presidente ha accettato di rinunciare al progetto di riforma costituzionale che gli avrebbe ancora allungato il mandato, ma non intende dimettersi anche se è disposto a «trattare» con l’opposizione.
A Hong Kong ancora scontri
La richiesta di democrazia torna a infiammare Hong Kong dove ci sono stati nuovi scontri tra polizia e manifestanti. Epicentro è ancora il distretto di Mongkok, uno dei tre siti principali dell’occupazione che va avanti da tre settimane per chiedere libere elezioni senza ingerenze da parte del governo centrale cinese.
Rivolta nella favela, Rio brucia
Notizia dalla Reuters/Landau: la morte di un giovane ballerino durante un’operazione della polizia a Rio de Janeiro ha scatenato scontri in una favela che hanno causato almeno una vittima, un giovane di trent’anni, la cui identità non è ancora nota, e un ragazzino di 12. La favela si trova tra Copacabana e Ipanema, i due quartieri più turistici della città brasiliana, e come misura precauzionale, le autorità hanno chiuso diverse strade proprio di Copacabana. Gli scontri, ad appena 51 giorni dall’inizio del Mondiale di calcio, sono avvenuti nella favela di Pavão-Pavãozinho dopo la morte del ballerino 25enne Douglas Rafael da Silva Pereira, durante una perquisizione della polizia nella notte di lunedì. Il giovane danzatore, che lavorava in un programma di varietà della televisione Globo, è stato ritrovato morto nei locali di una scuola. Le cause e le circostanze del decesso non sono chiare: secondo gli abitanti della favela, il giovane voleva fuggire da uno scontro a fuoco tra trafficanti di droga e la polizia e ha saltato un muro per rifugiarsi nella scuola, ma è stato scambiato per un malvivente ed è stato picchiato a morte dalla polizia. In segno di protesta, alcun abitanti hanno appiccato vari incendi in diverse strade della favela.
Ucraina: liberata la Tymoshenko, mentre la Zhukovska, l’infermiera simbolo della rivolta, si dichiara “nazista”
Approvato l’impeachment del presidente, il Parlamento ucraino rimuove Viktor Yanukovich. Kiev è in mano agli attivisti, liberata Julija Tymošenko, ex primo nimistro, che in piazza Maidan dichiara: “La dittatura è finita”.
Sta bene Olesya Zhukovska, l’infermiera ferita diventata simbolo della Rivoluzione Arancione che vuole l’Europa contro il regime filorusso, e ha confessato di fare parte di Praviy Sektor (Settore Destro), gruppo filonazista e antisemita.
Come spesso succede, l’Europa prende un simbolo perché gli fa comodo, trascurando che lo spirito che lo muove è in realtà antirusso e con forti connotazioni nazionaliste.
Il Parlamento ha approvato elezioni anticipate per il 25 maggio.
Egitto sull’orlo della guerra civile
La repressione dei Fratelli Musulmani (con la caduta del governo eletto democraticamente) fa ricomparire la jihad, ecco il risultato. Privata di ogni sbocco politico e legale, è fatale che la base del movimento produca delle frange estreme pronte a fare uso della violenza. Già da tempo la penisola del Sinai è il campo di prova di questo nuovo terrorismo. Repressione-reazione violenta-leggi illiberali-terrorismo: è un processo quasi fatale nelle condizioni in cui si trova oggi l’Egitto.
Ora l’Occidente si sveglia allarmato, ma è il processo naturale della repressione che porta a questo.
Non ci sembra esagerato dire che siamo sull’orlo della guerra civile e che è necessario cambiare rotta subito, ma siamo pessimisti: si doveva evitare questa situazione prima, durante questi mesi.
Ucraina, le rivolte che sanno di guerra fredda
Tre morti in queste ore. L’Unione Europea chiede di fermare le violenze e gli Usa minacciano sanzioni. Mentre la Russia punta il dito contro la Ue.
Il presidente ucraino Viktor Yanukovych ha convocato l’opposizione per una tregua.
Le proteste sono contro la politica di Yanukovych, cha da oggi ha fatto entrare in vigore le leggi anti-sommossa approvate la settimana scorsa in maniera frettolosa la settimana scorsa.
Naturalmente alla base c’è il conflitto (anche civile) tra chi propende per una politica filoeuropea di integrazione dell’Ucraina nella Ue (parte del popolo e dell’opposizione), e chi invece protende per una politica filorussa nell’ambito del ferrovecchio della CSI (il governo e un’altra parte del popolo).
Bifo: i Forconi e la deflagrazione dell’Europa
Interessante articolo di Franco “Bifo” Berardi su MicroMega, avrei voluto citarne degli estratti, ma non sono riuscito, l’articolo non è lungo e si legge in un sol fiato (qui il link originale, ringrazio Bifo e MicroMega)
“Ciò che sta accadendo in Italia va letto nel contesto della deflagrazione dell’Unione europea, provocata dall’aggressione finanzista guidata dalla Banca centrale europea e dal governo tedesco.
Da Maastricht in poi, il ceto finanzista globale ha deciso di cancellare in Europa le tracce della forza operaia del passato, la democrazia, la garanzia salariale, la spesa sociale. In nome del fanatismo liberista ha finito per sradicare le radici del consenso su sui si fondava l’Unione europea. L’effetto, però, non è solo il dimezzamento del monte salari dei lavoratori europei, la distruzione della scuola e della sanità pubblica, l’abolizione del limite dell’orario di lavoro, la precarizzazione generalizzata. E’ anche la guerra.
Era prevedibile, era previsto, ora comincia ad accadere.
La disgregazione finale dell’Unione europea possiamo leggerla sulla carta geografica.
Cominciamo da est. L’insurrezione ucraina è prova di come sia mutata la natura d’Europa. Nata come progetto di pace tra tedeschi e francesi, e quindi di pace in tutto il continente, l’Unione è oggi divenuta l’esatto contrario. Gli europeisti ucraini usano l’europeismo come arma puntata contro l’imperialismo russo, e risvegliano fantasmi del nazismo. L’ingresso in Europa è visto come una promessa di guerra, e la precipitazione del conflitto in Ucraina non potrà che avere conseguenze spaventose per l’Europa intera. Bruxelles reagirà aprendo un confronto con la Russia di Putin, oppure lascerà che la Russia di Putin soffochi una rivolta che è nata nel nome dell’Europa?
Spostiamoci a ovest. Il Parlamento catalano ha indetto il referendum indipendentista per l’autunno del 2014. I franchisti del governo madrileno hanno risposto che il referendum non si farà mai.
Nel frattempo, in Francia i sondaggi prevedono che il Front National diverrà partito di maggioranza alle prossime elezioni. A quel punto il patto franco-tedesco su cui si fonda l’Unione sarà cancellato nella coscienza della maggioranza dei francesi, e la balcanizzazione del continente precipiterà.
Questa dinamica mi pare il contesto in cui leggere le convulsioni agoniche della penisola italiana.
Il governo Letta-Alfano-Napolitano, filiale del partito distruttori d’Europa, è in camera di rianimazione. Può durare o crollare poco importa: non è in grado di mantenere nessuna promessa, neppure quelle fatte ai suoi padroni di Francoforte.
Il movimento dei forconi è il tracimare del nervosismo sociale. Nel 2011 il movimento anticapitalista tentò di fermare l’aggressione finanzista, ma non ebbe la forza per mettere in moto una sollevazione solidale. La precarizzazione ha sgretolato la solidarietà tra lavoratori, e il movimento si risolse in una protesta che il ceto politico-finanziario, per criminale interesse e per imbecillità conformista, rifiutò perfino di ascoltare.
Ma la sollevazione non si ferma, perché ha i caratteri tellurici di una disgregazione della base stessa del consenso sociale. E’ una sollevazione priva di interna coerenza, priva di strategia progressiva. Ci sono dentro elementi di nazionalismo, di razzismo, di egoismo piccolo-proprietario, ma anche elementi di ribellione operaia, di democrazia diretta e rabbia libertaria. Non è importante la sua confusa coscienza, le contrastanti ideologie e i contrastanti interessi che la mobilitano. Conta il fatto che il suo collante obbiettivo è l’odio contro l’Europa. Questo odio non può che essere portatore di disgrazie.”
L’Italia dei Forconi e l’Egitto: proteste a confronto
Pubblichiamo un estratto dell’articolo pubblicato da un certo tweet su fanpage.it, che ringraziamo (qui l’articolo completo)
Forconi e quattro dita in Egitto, la rabbia di due proteste così diverse.
Fra i forconi rabbiosi d’Italia e le quattro dita ribelli egiziane c’è di mezzo un Mediterraneo che su sponde opposte, e non necessariamente contrapposte, mostra differenti versioni d’un diffuso malcontento.
In Egitto, L’attacco a quest’organizzazione, che aveva stravinto elezioni politiche e presidenziali, s’è materializzato col golpe bianco di luglio, il massacro di oltre mille attivisti e simpatizzanti, l’arresto della leadership e di migliaia di militanti con successiva messa al bando del movimento. Contro questo disegno un pezzo d’Egitto sta scendendo in piazza ormai da cinque mesi e subisce una repressione senza precedenti al cospetto d’una silente comunità internazionale.
I giovani urlanti a Torino oppure a Napoli, fuori dalle infiltrazioni fascistoidi o dalle strumentali sassaiole ultrà, accusano la politica ma non sembrano darsi prospettive. A ragione maledicono i governi ladri e gabellieri, imprecano contro i partiti che non li proteggono come un tempo, vomitano improperi su un sistema che non gli garantisce più il ruolo di padroncino, fosse pure di se stesso, usurpandogli lo status, dopo averne incentivato iniziative iper individuali nella corsa sfrenata del tutti contro tutti d’un mercato corsaro che premia ogni sgambetto e colpo basso.
La trasformazione del nostro orizzonte lavorativo ha ingigantito oltre misura il terziario soggiogandolo al clientelare voto di scambio, mentre su un altro versante incentivava l’anabolizzazione del mercantilismo commerciale. Le città rigurgitano impiegati d’ogni genere di servizi spesso inservibili, di negozianti, dettaglianti, trasportatori di merci vaganti come mine per lavori che rischiano di girare a vuoto. E’ l’altra faccia della medaglia d’un capitalismo incapace di sbrogliare una matassa che stritola vite umane, produce storture invogliando inefficaci luddismi. Al cui cospetto il braccio armato dello sfruttamento slaccia in casco e strizza un occhio solidale. Fratellanza sentimentale delle nostre Forze dell’Ordine? Chissà. I loro colleghi in nero al Cairo non l’hanno mai fatto. Anzi. Lì picchiano, sparano, uccidono. Come da noi quando chi protesta fa tremare i Palazzi. E’ qui la differenza fra uomini e donne delle quattro dita e il popolo dei forconi.
Cronache della rivolta
Ucraina: scontri tra polizia e manifestanti a favore dell’ingresso nell’Ue. A Kiev gli attivisti del partito ucraino nazionalista di opposizione Svoboda (Libertà) hanno occupato il municipio di Kiev, come ha reso noto il loro leader Oleg Tiagnibok, in piazza Maidan, cuore della protesta a favore dell’Unione europea. Alcuni manifestanti sono rimasti feriti negli scontri con la polizia vicino al palazzo presidenziale ucraino. Feriti un centinaio di agenti, secondo fonti della polizia.
Thailandia: assedio al governo, cinque morti. Guerriglia a Bangkok. Doveva essere il “Giorno della vittoria finale” per i manifestanti anti-governativi a Bangkok. Ma dopo una notte di guerriglia la premier Yingluck Shinawatra portata in un luogo segreto, una tv pubblica occupata dai rivoltosi e la popolazione della capitale invitata a rimanere a casa nella notte, la situazione è però ben lontana dall’essere “sotto controllo”, nonostante le dichiarazioni in tal senso del governo.
Egitto: ancora proteste in piazza Tahrir al Cairo, dove le forze dell’ordine hanno sparato per disperdere i manifestanti dei Fratelli Musulmani che protestavano dopo l’uccisione di uno studente avvenuta giorni fa.
Egitto: dalla primavera all’autunno
In Egitto è stato dichiarato lo stato di emergenza per almeno un mese a partire dalle 16 di oggi. Lo ha annunciato la Tv di stato citando un comunicato della presidenza. Mohammed el-Beltagy, uno dei leader dei Fratelli musulmani, ha dichiarato che il bilancio dei morti dopo gli sgomberi dei sit in dei sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi è di più di 300 persone.
Ai sud-Europei (dai, chiamiamoli con il loro nome), considerata la loro sensibilità politica internazionale, consiglio una bella cammellata in Egitto.
Egitto: Revolution Reloaded
Golpe dei militari in Egitto. Destituito il presidente Mohamed Morsi, costituzione sospesa e poteri al presidente della Corte costituzionale. Morsi è stato informato dai militari di non essere più presidente dell’Egitto dalle 19 di mercoledì in seguito al fallimento dei negoziati con i militari per lasciare il potere. E al cairo è scoppiata la festa
E in Turchia è arrivata la primavera…
Nuova notte di scontri e molotov contro gli uffici dell’Akp del premier Recep Tayyip Erdogan, che accusa: “Rivolta organizzata da gruppi estremisti con collegamenti esteri”. Il bilancio parla di 1.700 persone arrestate e di 480 feriti nella sola Istanbul. A fuoco le sedi del partito islamico. “Morte cerebrale” di un giovane colpito da un colpo d’arma da fuoco durante le proteste anti-governative ad Ankara
No comment – sin comentarios
Difficile aggiungere un commento alla foto scattata oggi a Madrid. Questa fotografia è un’ottima rappresentazione di ciò che sta avvenendo in questo momento in non poche parti del mondo.
Egitto: no a finte rivoluzioni
Il popolo di piazza Tahrir, cittadini/rivoluzionari sembra non si siano fatti incantare da tutti i buoni propositi del Consiglio Supremo militare al potere in Egitto.
Vorrei citare il giornalista Maurizio Musu che esemplifica perfettamente la nostra lettura della primavera araba, soprattutto alla luce dei duri scontri (e delle morti) di questi giorni al Cairo.
“Se è vero che noi tutti occidentali siamo figli ed eredi legittimi della rivoluzione vissuta alla fine del Settecento, è altrettanto vero che noi oggi siamo i pre-destinati di quella Europa che oggi pare abbia scordato quegli stessi principi messi in luce nel decantato ed osannato 1789 come primigenio palcoscenico della Libertà come garanzia del futuro, ed essendo questo principio il padre fondatore della nostra attuale esistenza di cittadini pensanti piuttosto che di cittadini viziati e corrotti dal senso di illibertà quale era l’epoca pre-illuministica, viene naturale pensare che qualcosa si debba pur spiegare a coloro che oggi scendono nella piazza Tahrir ai fini di quella stessa giustificazione che noi avemmo a suo tempo, non solo per le loro lotte quanto per la stessa egemonia di un pensiero ancora discusso in Occidente quale garante unico del futuro.”
Lezione numero 1 dall’Egitto
L’Egitto torna a infiammarsi, oggi battaglia per ore con lanci di pietre, lacrimogeni e di proiettili di gomma in piazza Tahrir, la
piazza che era stata il palcoscenico della rivolta del 25 gennaio scorso. Sono circa 500, secondo fonti mediche, le persone finora ferite negli scontri e 18 gli arresti.
I laici protestano contro il nuovo governo militare (provvisorio?), dopo 10 mesi il popolo non ha ancora visto le riforme promesse.
Una grande lezione dal popolo egiziano, che ha compreso i nuovi trucchi della politica: pulire i panni sporchi senza prevenire la sporcizia, cambiare tutto perché nulla cambi.
Ma il popolo deve essere il controllore dei governanti giorno per giorno (il popolo elegge i propri rappresentanti, non i propri comandanti, questa è la regola numero 1 della democrazia)
Lezione che dovrebbe essere tenuta a mente dovunque, persino nelle democrazie occidentali.
Occupy Wall Street non si ferma
Wall Street ha aperto con il Dow Jones in picchiata, mentre le barricate hanno tenuto e i manifestanti sono tornati a Zuccotti Park, dove abbattono le transenne, e continuano gli scontri con i poliziotti. Ci sono feriti in entrambe le parti, gli arresti salgono ad almeno 270. Alle 3, poi, appuntamento nelle stazioni della metropolitana per bloccare il traffico, e alle 5 in migliaia marciano verso il ponte di Brooklyn. Li blocca la polizia, altri arresti: 99, numero simbolico.
Draghi, indignati e griffati, la galassia del popolo che protesta
Oggi, 15 ottobre 2001, in tutto il mondo si svolgeranno manifestazioni, in Italia a Roma ci saranno gli “Indignados” italiani, o meglio i “Draghi Ribelli”. Ci sarà chi si definisce “Tea Party”, richiamandosi al “Tea Party Movement” statunitense, e forse si vedranno scene alla “Consumer Riots” del Regno Unito. Una pletora di (nomi di) movimenti non si sentiva dal “Seattle Movement” del 1999.
In quell’epoca usciva il libro “No Logo” della canadese Naomi Klein e questo titolo ha dato il nome al movimento stesso, che prima si chiamava semplicemente “No-Global”, e successivamente “Neo-Global”.
Ancora oggi le proteste statunitensi per l’occasione proclamatesi “Occupy Wall St” si rifanno al modello “No Logo”. Per l’Europa c’è qualcosa di diverso. Da un lato l‘influenza della “Primavera araba”, delle rivoluzioni in Tunisia, Egitto, Siria e Yemen e le proteste in quasi tutti gli altri Paesi arabi, compresa quella pacifica del Maghreb, che ha influenzato gli “Indignados” spagnoli. Dall’altro una protesta più trasversale, meno politica, più vicina ai Consumer Riot inglesi e ai movimenti contro la “casta parlamentare” in Italia.
Senza andare a chiedere se la loro ispirazione è neomarxista, anticonformista o giacobino (alcuni non sanno di esserlo), basta vedere come si vestono: i vestiti, i loro accessori, le loro telecamere sono spesso griffate (quidi “Sì Logo”).
Probabilmente oggi a Roma il grosso sarà comunque formato dalle sigle della sinistra attiva (Arci, Attac Italia, Cobas, Cub, Federazione Anarchica Italiana, Federazione della Sinistra, Gruppo Abele, Il Popolo Viola, Legambiente, Partito comunista dei lavoratori, CGIL, Sinistra Ecologia Libertà, Sinistra Critica, Snater, USB, eccetera) e dai centri sociali, ma non mancheranno movimenti all’insegna del “No Flag”, che non si presenteranno sotto alcuna bandiera o simbolo (ma con le loro Nike fabbricate in Corea, lo zainetto Invicta e la telecamera Panasonic).
Vedremo sul campo la sensazione che si avrà: se prevarrà l’aspetto politico neomarxista o un’eterogeneità di cittadini. Nel primo caso il movimento rischierebbe di mostrare la solita immagine, quindi un movimento che si rinnova solo nei nomi, e non nei contenuti. Dall’altra, a parte dei limiti culturali e alcune contraddizione che andrebbero con il tempo superate, credo che sarebbe comunque una dimostrazione che il movimento è spontaneo e non si scaglia contro un’idea, ma, pragmatica come solo i politici sanno essere, protesta contro la contingenza politica che, Paese per Paese, ha le sue peculiarità.
Di positivo, prima ancora che cominci, c’è il fatto che gli organizzatori coordineranno spostamenti ed eventuali allerte grazie a Twitter su cellulare. Credo sia la prima volta in Italia, una vera web riot!
L’Autunno americano si scarica dal Web
Qualcuno l’ha già chiamato “autunno americano”, per contrapporlo alla primavera araba.
I manifestanti si chiamano “Occupy Wall Street” e hanno in comune con i corrispettivi arabi, l’uso creativo del Web (soprattutto dei social network) per fare da cassa di risonanza.
Con Twitter si diffondono velocemente le comunicazioni, con Facebook si possono seguire gli sviluppi e le immagini, con Flickr vedere le fotografie delle manifestazioni.
Ancora una volta, il modo di pensare del web scende in strada, e non più pre bizzarri incontri di massa a scopo ludico o artistico, ma questa volta per vere proteste politiche e sociali.
Dall’URL (indirizzo internet) si passa all’IRL (In Real Life), il web-pensiero fa il download e invade la realtà fisica.
Grecia, assalto al Parlamento
Ad Atene, i manifestanti hanno cercato di raggiungere il Parlamento dove i deputati stanno votando il piano di austerity per salvare l’economia del Paese. In piazza molti giovani.
Scontri con la polizia e lancio di lacrimogeni.
La situazione della Grecia è economicamente disastrosa, a causa della criminale gestione economica del precedente governo conservatore greco di Costas Karamanlis (con le solite collusioni con interessi privati e via dicendo, cose molto comuni in tutti i governi del mondo, Italia compresa).
Il governo attuale di George Papandreou si trova in una difficile posizione, ma l’Europa crede in una positiva risoluzione. Papandreou ha pensato a grandi tasse (abbassamento delle aliquote e quindi più tasse per i ceti in difficoltà) e maxi condono. Considerando che il reddito medio della Grecia è di 600 euro al mese e la disoccupazione tra le più alte in Europa, è normale che la popolazione insorga.
Siria: è rivoluzione!
Dopo Tunisia, Egitto e Libia, anche in Siria le rivolte (scoppiate in moltissimi paesi arabi e chiamate nel complesso la “primavera araba”) sono state represse con il fuoco e si contano alcune centinaia di morti, soprattutto a Deraa, nel sud del Paese. Il regime del presidente Bashar al Assad parla di secessione salafita (integralista), ma pare un’evidente giustificazione senza fondamento.
La nostra neorepubblica è solidale con le proteste anti-regime.