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La Lega Araba riammette la Siria di Assad dopo 12 anni


Continua il processo di normalizzazione del regime siriano di Bashar al-Assad. Dopo i viaggi in diversi Paesi del Golfo, il Paese viene riammesso ufficialmente nella Lega Araba, dopo 12 anni di assenza dovuti alla dura repressione delle proteste all’origine della guerra civile siriana che ancora oggi vive i suoi ultimi sussulti.

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Onu vota risoluzione contro Mosca. Domani proseguono i negoziati


L’Assemblea generale delle Nazioni Unite condanna l’invasione con 141 Paesi che hanno votato a favore, cinque contrari (Russia, Bielorussia, Cuba, Corea del Nord, Siria ed Eritrea) e 35 astenuti.
A Kiev si parla di oltre 2mila vittime civili. A Kharkiv è stata colpita anche l’Università. Mosca annuncia anche la conquista di Kherson.

Biden chiude lo spazio aereo alla Russia. Dall’inizio dell’offensiva, le forze russe hanno ucciso oltre 2.870 soldati e “nazionalisti” ucraini, feriti circa 3.700. Lavrov: “La Terza guerra mondiale sarebbe nucleare”

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Israele vuol raddoppiare gli abitanti del Golan


In Israele il Golan, è immaginato come un insediamento, o si pensa ai suoi abitanti come coloni. Il Golan è una terrazza di basalto e erba indispensabile per la difesa del Paese intero, senza il Golan ogni invasione dal Nord, dove molti nemici, fino all’Irak e alll’Iran, risiedono oltre la Siria, sarebbe molto più facile. Il primo ministro Naftali Bennett ha potuto tranquillamente presentare come una scelta collettiva dei tanti partiti che compongono il suo governo, dalla sua destra sionista fino al partito arabo di Ram, il piano da 317 milioni di dollari per il Golan, con cui si invita la popolazione a venire a vivere nella natura (7mila case e due quartieri da 2mila alloggi l’uno), promettendo case e infrastrutture oltre che possibilità di lavoro.

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Beirut, cosa c’è dietro l’esplosione?


Le esplosioni che hanno seminato morte e distruzione a Beirut sono ancora classificate come “incidente”, Ma a chi apparteneva l’esplosivo? Ed è stato davvero un incidente?

Mentre sono stati arrestati i “responsabili” dell'”incindente” al porto di Beirut, si possono fare delle ipotesi. Al momento sappiamo che nell’Hangar 12 c’erano 2750 tonnellate di nitrato di ammonio, (stoccato lì fin dal 2013) sostanza utilizzata per produrre fertilizzanti ma anche per produrre esplosivi, e vicino c’era anche un deposito di fuochi d’artificio. Gli Hezbollah hanno utilizzato il nitrato di ammonio per costruire esplosivi per le testate dei missili, inoltre si dice che ci fosse anche un loro deposito di armi coinvolto nell’esplosione. Le ipotesi possono essere varie, l’utilizzo del materiale da Hezbollah e Sciiti (filoiraniani) per preparare nuovi attacchi e anche l’esplosione guidata dai Servizi Segreti Israeliani che forse hanno sottovalutato il potenziale esplosivo. Naturalmente Hezbollah e Israele negano tutto. Per cui sono ipotesi destinte a rimanere tali perché difficilmente la realtà verrà a galla. Intanto, negli scorsi gorni c’è stato un incontro con accordo tra Israele ed Emirati Uniti in funzione antiiraniana. Il movimento sciita libanese, alleato di Siria e Iran, è al centro negli ultimi mesi di attacchi, pressioni e sanzioni Usa e l’esplosione “mirata” potrebbe essere al centro di questi movimenti per isolare l’Iran e i combattenti Sciiti.

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Al Baghdadi muore per la settima volta: forse è quella giusta


Secondo fonti militari della tv “un obiettivo di alto profilo dell’Is” è stato colpito nel corso di un raid Usa nella zona di Idlib,  in Siria. L’identità della persona uccisa non è stata confermata, ma si crede si tratti proprio del leader dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi (cosa confermata da fonti ufficiali iraniane e irachene), sono in corso i test del Dna. Il leader islamista si sarebbe fatto esplodere dopo un breve scontro a fuoco con i soldati Usa entrati nel compound dove si nascondeva e avrebbe azionato il detonatore di un giubbotto esplosivo facendosi saltare in aria.
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L’attacco della Turchia alla Siria e ai Curdi fa i primi morti


Escalation militare in Siria dopo l’attacco della Turchia, migliaia di persone in fuga. Primo soldato turco morto.

La possibilità di imporre sanzioni alla Turchia è sul tavolo e l’Ue ne discuterà al Consiglio europeo della settimana prossima”. Così la viceministra francese per gli Affari europei, Amelie de Montchalin, sottolineando che “non si può rimanere impotenti di fronte a una situazione scioccante per i civili, per le forze siriane per 5 anni al fianco della coalizione anti-Isis, ma soprattutto per la stabilità della regione”.

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Trump abbandona le forze curde che hanno sconfitto l’ISIS. Pronta l’invasione turca


Le truppe americane in Siria si allontaneranno dal confine turco in modo che la Turchia possa “attuare presto un’operazione militare pianificata da tempo”, che porterà all’invasione della Siria curda Lo ha reso noto la Casa Bianca dando conto di un colloquio telefonico tra il presidente americano, Donald Trump, e Recep Tayyip Erdogan. L’operazione militare turca spazzerebbe via le forze curde appoggiate dagli Usa vicino al confine in Siria, le stesse forze che hanno sconfitto l’Isis nella parte curda di Siria e Irak.

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Aereo militare russo abbattuto dai siriani. Per i russi gli F16 israeliani si sono fatti scudo


Il governo russo ha confermato che l’aereo Ilyushin-20 dell’aeronautica militare russa è stato abbattuto per errore dalla contraerea siriana durante un attacco israeliano su Latakia. Gli F-16 israeliani che stavano attaccando la città siriana si sono fatti scudo con il velivolo russo, ed è per questo che è stato centrato dai missili antiaerei di Damasco.

La Russia minaccia ritorsioni contro Israele.

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Scontro Iran-Israele sul Golan


La forza iraniana Al Quds ha lanciato circa  20 razzi verso postazioni israeliane di prima linea sulle Alture del Golan, il territorio siriano occupato dalle forze israeliane.

Israele ha risposto lanciato circa 70 missili in territorio siriano. Gli ordini di quell’attacco sono stati impartiti dal generale iraniano Qassem Suleimani. Il loro lanciarazzi era situato a Kisweh, presso Damasco.

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In Siria un attacco in più del solito


Trump dà il via libera, partito lʼattacco contro la Siria: una pioggia di missili si è abbattuta contro Damasco e altri obiettivi sensibili. Blitz militare condotto assieme in accordo con Emmanuel Macron (Francia) e Theresa May (Gran Bretagna). Usati sia missili Tomahawk che jet militari. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha definito l’attacco “un atto di aggressione” contro un Paese che sta combattendo il terrorismo sul suo territorio. Per Putin, inoltre, l’intervento senza un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu è una violazione del diritto internazionale.

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La Terza Guerra Mondiale è finita (meglio, sospesa) con l’elezione di Trump


In questi giorni, dopo la minaccia di Donald Trump di attaccare la Siria (anche quella parte controllata dall’esercito governativo siriano di Assad e da quello russo) campeggiano sui media allarmi di Terza Guerra Mondiale. Noi abbiamo ripetuto questo allarme diverse volte, sopratutto nel 2015 (vedi per esempio qui), sia per la guerra in Ucraina, sia per strane manovre della Nato e dell Russia nei mari europei. Dal 2017 (con l’elezione di Donald Trump), la minaccia viene soprattutto dallo scontro politico tra Usa e Kim Jong-un.

Come è già successo nel recente passato, l’esercito Usa ha già bombardato zone della Siria non di sua diretta pertinenza, e viceversa hanno fatto i russi venendo più volte “a contatto” con gli statunitensi. Ma è bastato  avvisare i luoghi che si sarebbero bombardati. E’ come avvisare un condannato di spostarsi prima di sparare. Una farsa, se preferite.

Quindi niente Terza Guerra Mondiale in Siria, per il momento, ma solo e sempre civili ammazzati perché si trovano al centro della scacchiera.

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Siria, Trump avverte la Russia: “Preparatevi, arriveranno i missili”.


Donald Trump avverte la Russia: i missili arriveranno. Lo fa con un tweet in cui avverte Mosca di prepararsi. “La Russia giura di abbattere tutti i missili sparati sulla Siria. Preparati Russia perché arriveranno, belli e nuovi e intelligenti!

Trump risponde a varie dichiarazioni di esponenti di alto rango russi, che hanno messo in guardia gli Usa affermando che Mosca risponderà a un eventuale attacco americano. Tra essi l’ambasciatore russo in Libano, Alexander Zasypkin, che ha affermato i missili statunitensi verrebbero intercettati e abbattuti, e i loro siti di lancio sarebbero a loro volta colpiti. Zasypkin ha parlato alla tv libanese al-Manar, dichiarazioni poi riprese dai media russi tra cui Ria.

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Ad Afrin nasce il protettorato ottomano in Siria


L’esercito turco e i ribelli siriani pro-Ankara hanno preso il controllo della città curda. Afrin non sarà restituita alla Siria e sarà la capitale del protettorato turco di Siria. Il principio della spartizione. Sono circa 150mila i civili che da mercoledì a oggi sono fuggiti.

Ricordiamo che le forze turche, con avallo della NATO del gennaio scorso, hanno varcato il confine per costituire quel “protettorato” costituito con i ribelli siriani alleati con i jihadisti dell’ex Isis, mentre Erdogan inneggia alla “neutralizzazione dei terroristi” riferendosi all’esercito Kurdo.

La guerra tra terroristi continua, ombra dell’ennesima sfida NATO / BLOCCO RUSSO.

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Siria, la Turchia bombarda truppe di Assad


Si va inasprendo di ora in ora il conflitto tra le varie parti in causa in Turchia. Nelle prime ore del pomeriggio truppe fedeli al regime di Assad si sono avvicinate ad Afrin, l’enclave curda in territorio siriano sulla quale da giorni stanno premendo anche le forze della Turchia, che vedono nei curdi il loro principale avversario. In tutta risposta i caccia turchi hanno bombardato la strada che conduce ad Afrin, l’enclave curda nel nord della Siria.

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Schermaglie nei cieli tra Israele e Iran


Un F16 israeliano che stava dando la caccia a un drone iraniano, è stato abbattuto dai sistemi di difesa siriani, precipitando nei pressi del villaggio israeliano di Harduf e facendo scattare i sistemi di allarme nel Golan occupato. I caccia israeliani avevano intercettato un drone iraniano lanciato dalla Siria che, secondo Israele, si trovava nello spazio aereo israeliano e come controrisposta hanno colpito obiettivi nella zona di Tadmor. Accuse respinte da Teheran, dalla Russia e da Hezbollah, che, in una dichiarazione congiunta, negano la violazione dello spazio aereo e accusano Israele di aver mentito per giustificare gli attacchi di risposta in Siria, e promettono una “risposta dura e ferma a ogni nuova aggressione”.

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Raqqa liberata dai Curdi appoggiati dagli Usa


Raqqa è stata liberata, gli ultimi miliziani dell’Isis sono stati uccisi o si sono arresi. Ad annunciare la liberazione di Raqqa sono state le milizie curde siriane dell’Ypg e i combattenti arabi sostenuti e armati dagli Stati Uniti. Ma una vittoria militare può rivelarsi l’anticamera di un altro conflitto armato. È quello che vedrà contrapposti i curdi siriani e l’esercito turco. Il presidente Recep Tayyp Erdogan teme di più è la costituzione del Grande Kurdistan, che dalle provincie a maggioranza curda dell’Iraq si estenda all’area della Siria prospiciente i confini della Turchia per poi avere un deflagrante effetto domino nelle regioni turche a maggioranza curda.

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Al Baghdadi muore per la terza volta (ma ora lo dicono loro)


Annunciata qualche settimana fa dai russi, ma senza alcuna prova concreta, adesso la notizia della morte del califfo dello stato islamico sembra essere definitivamente vera. E’ lo stesso stato islamico a darne notizia in un comunicato dopo che ieri l’esercito iracheno aveva del tutto liberato la loro capitale, Mosul. Abu Bkar al Baghdadi è morto (non viene specificato quando e in che modo) ed è stato nominato un nuovo califfo di cui non viene detto il nome, mentre si chiede ai combattenti dello stato islamico di resistere. Come si sa, all’Isis rimane in mano la sola città di Raqqa in Siria sotto assedio da alcune settimane.

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Primo effetto della visita di Trump a Riyad: terrorismo in Iran


La visita di Donald Trump a Riyad, in Arabia Saudita, avvenuta il 21 maggio scorso, a omaggiare la teocrazia assoluta dei Saud, dittatura senza eguali che fa eccezione alla bandiera dell'”esportazione di democrazia” tanto sventolata dagli Usa contro Iraq, Afghanistan, Corea del Nord, eccetera (reverenza del resto emulata da tanti leader occidentali, tra i quali Matteo Renzi), è passata nei media occidentali come “la visita in cui Melania Trump non ha indossato il velo”. Oltre alla sciatteria (forse volontaria), bisogna dire che i media non hanno saputo dirci cosa si siano veramente detti.

Ma si è scoperto il 6 giugno, quando 6 paesi arabi capeggiati dai Sauditi e dall’Egitto (successivamente seguiti da altri) hanno messo al bando il Qatar, con la motivazine (davvero ridicola) dell’appoggio qatarino al terrorismo (quando tutti sappiamo, e non lo hanno nemmeno negato, che sono i sauditi a finanziare l’Isis).

Il Qatar è un regno a prevalenza sunnita, ma con forte presenza sciita, e spartisce con l’Iran uno dei più grossi giacimenti di gas naturale del golfo Persico, nonché è uno dei paesi più ricco al mondo, al pari del Kuwait. La costante presenza militare degli Usa nel Qatar rende le cose ancora più ambigue. Ma la contrapposizione Sauditi/Iran ha prevalso. Ci si chiede allora se Trump ci sia o ci faccia, cioè se si è ingenuamente fatto persuadere dai Saud, o se sotto l’aspetto naive nasconde una strategia (quale? usare il terrorismo, proprio ciò che dice di voler combattere). Questa riflessione che stavamo elaborando (era già stata accennata ieri sul profilo Fb di Lukha B. Kremo), non è uscita in tempo perché già oggi siamo costretti ad assistere alle prime conseguenze.

L’Isis, che si sente forte dell’accordo Usa/Saud, attacca l’Iran con kamikaze e sparatorie al Parlamento e al Mausoleo di Khomeini. Ormai circondata in Siria (proprio in questi giorni c’è l’attacco finale su Raqqah), prova la strada dell’Iran.

I miei personali complimeti vanno a: Trump, paladino dell’antiterrorismo che fomenta il terrorismo, i leader occidentali, che nulla fanno per opporsi a politiche internazionali irresponsabili e naturalmente tutti coloro che li hanno votati e che sono contro l’Isis. Se volete combattere veramnte l’Isis mandate al governo uno che rompa le relazioni internazionali con l’Arabia Saudita. Altrimenti andate al supermercato e… buna fortuna!

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La prossima settimana scoppia la guerra mondiale?


Dopo il bombardamento notturno deciso da Donald Trump per mezzo di 59 missili Tomahawk verso la base aerea siriana da cui era partito l’attacco chimico nella provincia di Idlib, lo scacchiere mondiale è nuovamente in fermento.
L’attacco, appoggiato dall’Europa e osannato da parte dell’opinione pubblica occidentale è avvenuto prima che si sia aperta una vera inchiesta internazionale.
Trump ha affermato che fosse nel vitale interesse della sicurezza degli Stati Uniti.
Putin sostiene che non ci siano prove che il governo siriano abbia usato armi chimiche nella provincia di Idlib, ma che ci siano prove che il diritto internazionale è stato violato dagli Stati Uniti.
Buthayna Shaaban, consigliere politico del presidente siriano Bashar al Assad, promette che la Siria e i suoi alleati risponderanno in maniera appropriata.
Infine, la Corea del Nord ha dichiarato che l’attacco degli Stati Uniti contro la Siria è un atto di aggressione intollerabile che prova più di un milione di volte quanto sia giusto che la Corea del nord continui il proprio programma nucleare.
Gli stessi analisti indicano come l’attacco alla Siria sia un segnale non solo per l’ISIS, Assad e Putin, ma anche e soprattutto per Kim Jong-un.
Questo per rimarcare il pessimo comportamento di Trump non solo in politca interna, ma anche in politica internazionale, anche se rimaniamo convinti che Assad sia il vero responsabile dell’attacco chimico. Inoltre, pare che in queste ultime ore trapelano voci che Putin cominci a essere insofferente con il suo alleato.
Ma il problema più grave sembra al momento essere l’Oriente: l’esercito degli Stati Uniti ha deciso di spostare le navi del Carl Vinson Strike Group, di cui fanno parte una portaerei con 60 aerei, una nave usata per lanciare missili e due in grado di intercettarli e 5000 soldati vicino alla Corea del Nord, minacciando l’uso della forza se Pyongyang dovesse effettuare nuovi test.
Il regime dittatoriale di Pyongyang non ha più dubbi che gli Usa e la Corea del sud stiano preparando un’invasione (e, a dire il vero, gli Usa non negano, anzi ci sono prove che l’invasione sia stata almeno progettata.)
La Corea del Nord ha già sviluppato e dispiegato almeno 7 testate nucleari, le ha installate sui suoi Scud ER, sui missili a raggio intermedio a combustibile solido. Ha completato i lavori nel terzo tunnel del sito di Punggye ad una profondità di 550 metri. Si teme che il sesto test nucleare abbia una resa esplosiva fino a 14 volte maggiore di quella avvenuta lo scorso settembre. Gli Stati Uniti mantengono permanentemente nella regione uno sniffer WC-135, per eseguire il campionamento dell’aria e rilevare possibili test.
L’incontro tra il Presidente Trump e il presidente cinese Xi Jinping ha fruttato un accordo per mettere pressione sul governo di Pyongyang e cercare di farlo desistere dalla sua politica di corsa agli armamenti atomici. Resta il fatto che la Corea del Nord non è un alleato subalterno della Cina (come la Siria per la Russia), e che potrebbe non seguire i consigli di Pechino.
Per finire in bellezza, il 15 aprile è il 105esimo anniversario dalla nascita del “presidente eterno” Kim Il-sung, nonno del leader Kim Jong-un. Un evento che verrà presumibilmente festeggiato con una maestosa parata militare presso il Mirim Airport di Pyongyang, in un meno provocatorio sfoggio di muscoli.

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Siria: test chimici (via bomba) su civili. Morti come piovesse: non è stato nessuno


L’umanità dà un altro esempio della sua invulnerabilità all’emozione, uccidendo almeno 72 civili innocenti, in gran parte bambini, e intossicandone diverse centinaia. Nella provincia siriana di Idlib è stato compiuto un bombardamento chimico che ha provocato questa strage. Il bombardamento è cominciato poco dopo le 6 di mattina ora locale e ha colpito la città di Khan Shaykhun. Qualche ora dopo un altro attacco, questa volta con armi convenzionali, ha colpito l’ospedale che aveva accolto la maggior parte dei feriti fino a quel momento. In molti hanno parlato di un attacco “double tap”, che significa bombardare i soccorritori che si stanno prendendo cura delle persone rimaste ferite in un primo bombardamento. Il governo russo ha detto che l’attacco è arrivato via terra ed è stato compiuto dagli stessi ribelli; ha confermato che l’aviazione siriana ha colpito la città di Khan Sheikhoun, ma ha detto che gli attacchi sono stati diretti contro un deposito di sostanze chimiche e non contro la popolazione civile.
In pratica, non è stato nessuno. Ma basta analizzare un po’ meglio la situazione per capire.
La zona è sotto il controllo dei ribelli, quindi il regime siriano e i suoi alleati sono le uniche forze coinvolte militarmente in Siria che hanno mostrato l’interesse e la volontà a bombardare i ribelli e a usare le morti dei civili come un’arma strategica finalizzata a distruggere il morale della popolazione. L’attacco è avvenuto via cielo, e le forze ribelli non hanno forze aeree.
La verità è che il massmurder Assad ha usato le armi chimiche perché poteva farlo, consapevole che non ci sarebbe stata una reazione militare della comunità internazionale, soprattutto per la nuova linea politica estera di Trump. Una sorta di “test politico” per vedere fino a dove può spingersi senza troppe conseguenze.

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Ventimila civili in fuga da Aleppo


Almeno 20mila persone sono fuggite nelle ultime 48 ore dai quartieri controllati dai ribelli nella parte orientale di Aleppo, nel Nord della Siria. Le forze governative, negli ultimi giorni, stanno avanzando nell’area grazie anche ad un crollo nelle file dell’opposizione armata al regime di Bashar al Assad. La stima del numero dei fuggitivi è stata fatta dalla Croce Rossa.

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La Nato condanna la decisione della Spagna di aprire i porti alla flotta russa per i rifornimenti


Gli alleati della NATO hanno condannato la decisione di Madrid di autorizzare l’ingresso nei suoi porti delle navi da guerra russe dirette in Siria per le operazioni di rifornimento. Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato, ha detto, “mi sono espresso molto chiaramente circa l’uso potenziale di questa flotta di aumentare la capacità della Russia e di essere una piattaforma per gli attacchi aerei contro la Siria.

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Nell’inferno di Aleppo


Ad Aleppo la popolazione agonizza sotto i bombardamenti dell’ultima settimana che stanno riducendo la città allo stremo: “Siamo intrappolati in casa, non c’è via di fuga e non possiamo muoverci. Sta iniziando a mancare tutto, e da quattro giorni non c’è più acqua”. Il grido di dolore proviene dallo staff siriano di Gvc, l’unica associazione italiana presente nella città mediorientale straziata dalla guerra civile: qui, fra mille difficoltà, una squadra di cinque volontari che ne coordinano altre decine fanno formazione rivolta agli insegnanti, oltre a intervenire nella riparazione dei pozzi d’acqua e a fornire taniche e cisterne.

Condizioni estreme, aggravate dalla mancanza di cibo e di acqua, che portano a problemi del sonno e a sofferenze psicologiche di varia natura e gravità”. Il quadro apocalittico di una città da due milioni di abitanti dove si affrontano quattro fazioni armate – le truppe governative, le milizie di Al Nusra, di Free Syrian Army e dell’Isis – negli ultimi giorni si è ulteriormente aggravato: “Aleppo è circondata ed è diventata una trappola mortale per la popolazione civile sotto assedio – aggiungono i responsabili di Gvc -. I nostri colleghi ci raccontano che non possono muoversi nelle aree ad ovest dove sono sempre andati, come ad Al Hamadaniah, dove risiede il maggior numero di rifugiati interni, a causa dei colpi e del fumo dei pneumatici bruciati per nascondere gli obiettivi. Non ci sono carne, frutta né carburante. I prezzi di quel poco che c’è sono alle stelle”.

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Ilaria Alpi, la Cia e Gladio


Abbiamo molt a cuore l’argoento Ilaria Alpi, per cui riportiamo l’articolo di “Repubblicaonline” di Manlio Dinucci che ringraziamo:

“La docu­fic­tion «Ila­ria Alpi – L’ultimo viag­gio» getta luce, soprat­tutto gra­zie a prove sco­perte dal gior­na­li­sta Luigi Gri­maldi, sull’omicidio della gior­na­li­sta e del suo ope­ra­tore Miran Hro­va­tin il 20 marzo 1994 a Moga­di­scio. Furono assas­si­nati, in un agguato orga­niz­zato dalla Cia con l’aiuto di Gla­dio e ser­vizi segreti ita­liani, per­ché ave­vano sco­perto un traf­fico di armi gestito dalla Cia attra­verso la flotta della società Schi­fco, donata dalla Coo­pe­ra­zione ita­liana alla Soma­lia uffi­cial­mente per la pesca.

In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shi­fco erano usate, insieme a navi della Let­to­nia, per tra­spor­tare armi Usa e rifiuti tos­sici anche radioat­tivi in Soma­lia e per rifor­nire di armi la Croa­zia in guerra con­tro la Jugoslavia.

Anche se nella docu­fic­tion non se ne parla, risulta che una nave della Shi­fco, la 21 Oktoo­bar II (poi sotto ban­diera pana­mense col nome di Urgull), si tro­vava il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno dove era in corso una ope­ra­zione segreta di tra­sbordo di armi sta­tu­ni­tensi rien­trate a Camp Darby dopo la guerra all’Iraq, e dove si con­sumò la tra­ge­dia della Moby Prince in cui mori­rono 140 persone.

Sul caso Alpi, dopo otto pro­cessi (con la con­danna di un somalo rite­nuto inno­cente dagli stessi geni­tori di Ila­ria) e quat­tro com­mis­sioni par­la­men­tari, sta venendo alla luce la verità, ossia ciò che Ila­ria Alpi aveva sco­perto e appun­tato sui tac­cuini, fatti spa­rire dai ser­vizi segreti. Una verità di scot­tante, dram­ma­tica attualità.

L’operazione «Restore Hope», lan­ciata nel dicem­bre 1992 in Soma­lia (paese di grande impor­tanza geo­stra­te­gica) dal pre­si­dente Bush, con l’assenso del neo-presidente Clin­ton, è stata la prima mis­sione di «inge­renza umanitaria».

Con la stessa moti­va­zione, ossia che occorre inter­ve­nire mili­tar­mente quando è in peri­colo la soprav­vi­venza di un popolo, sono state lan­ciate le suc­ces­sive guerre Usa/Nato con­tro la Jugo­sla­via, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria e altre ope­ra­zioni come quelle in corso nello Yemen e in Ucraina.

Pre­pa­rate e accom­pa­gnate, sotto la veste «uma­ni­ta­ria», da atti­vità segrete. Una inchie­sta del New York Times del 24 marzo 2013) ha con­fer­mato l’esistenza di una rete inter­na­zio­nale della Cia, che con aerei qata­riani, gior­dani e sau­diti for­ni­sce ai «ribelli» in Siria, attra­verso la Tur­chia, armi pro­ve­nienti anche dalla Croa­zia, che resti­tui­sce così alla Cia il «favore» rice­vuto negli anni Novanta.

Quando il 29 mag­gio scorso il quo­ti­diano turco Cum­hu­riyet ha pub­bli­cato un video che mostra il tran­sito di tali armi attra­verso la Tur­chia, il pre­si­dente Erdo­gan ha dichia­rato che il diret­tore del gior­nale pagherà «un prezzo pesante».

Ven­tun anni fa Ila­ria Alpi pagò con la vita il ten­ta­tivo di dimo­strare che la realtà della guerra non è solo quella che viene fatta appa­rire ai nostri occhi.

Da allora la guerra è dive­nuta sem­pre più «coperta». Lo con­ferma un ser­vi­zio del New York Times (7 giu­gno) sulla «Team 6», unità super­se­greta del Comando Usa per le ope­ra­zioni spe­ciali, inca­ri­cata delle «ucci­sioni silen­ziose». I suoi spe­cia­li­sti «hanno tra­mato azioni mor­tali da basi segrete sui calan­chi della Soma­lia, in Afgha­ni­stan si sono impe­gnati in com­bat­ti­menti così rav­vi­ci­nati da ritor­nare imbe­vuti di san­gue non loro», ucci­dendo anche con «pri­mi­tivi tomahawk».

Usando «sta­zioni di spio­nag­gio in tutto il mondo», camuf­fan­dosi da «impie­gati civili di com­pa­gnie o fun­zio­nari di amba­sciate», seguono coloro che «gli Stati uniti vogliono ucci­dere o catturare».

Il «Team 6» è dive­nuta «una mac­china glo­bale di cac­cia all’uomo». I kil­ler di Ila­ria Alpi sono oggi ancora più potenti. Ma la verità è dura da uccidere.”

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Tutti contro tutti (cronaca di un luglio nero)


2016
29 giugno Istambul, terroristi sparano sulla folla all’aeroporto di Ataturk, prima di farsi esplodere, 42 morti.
1 luglio Dacca, sette terroristi islamici aprono il fuoco all’interno di un ristorante uccidendo 20 persone.
3 luglio Baghdad, due auto-bombe dell’IS uccidono più di 200 persone, tra cui 25 bambini.
8 luglio Dallas, sparatoria di un riservista afroamericano contro la Polizia Usa: 5 agenti uccisi.
14 luglio Nizza, uno squilibrato con contatti telematici con l’IS s’impadronisce di un TIR, passa gli scarsi controlli della Polizia Francese e investe decine di persone, uccidendone almeno 84.
15 luglio Turchia, l’esercito occupa le sedi della TV nazionale e blocca i ponti sul Bosforo dichiarando il golpe. Poche ore dopo il golpe fallisce. Morte circa 290 persone.
17 luglio Baton Rouge, un afroamericano spara contro la Polizia Usa: 3 agenti morti.
20 luglio Wurzburg, ragazzo rifugiato afghano ferisce 5 persone su un
treno dichiarandosi soldato dell’IS.
22 luglio Monaco di Baviera, un ragazzo tedesco di origini iraniane (ex islamico convertitosi al Cristianesimo, di ispirazione nazista) spara sulla folla in un centro commerciale causando 10 morti, scegliendo l’anniversario della strage di Anders Breivik, il folle d’ispirazione nazista che nel 2011 ammazzò in Norvegia 77 persone.
23 luglio Kabul, kamikaze si fa esplodere in un corteo: 80 morti.
24 luglio Un rifugiato uccide una donna con un machete nel centro di Reutlingen, città tedesca del Baden-Württemberg.
24 luglio Ansbach, rifugiato siriano si fa esplodere, provocando 15 feriti.
25 luglio Dintorni di Tokyo, uomo fa strage con un coltello, uccidendo 19 persone disabili.
26 luglio Saint-Etienne-du-Rouvray, nei pressi di Rouen, terroristi islamici prendono in ostaggio alcune persone in una chiesa: il prete viene sgozzato.

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Evviva: tutti in Siria a fare la guerra!


La Turchia e l’Arabia Saudita sono pronte a condurre un’operazione con truppe di terra contro l’Isis in Siria, e l’aeronautica saudita ha ottenuto da Ankara il «via libera» a utilizzare la base aerea turca di Incirlik, vicina al confine siriano, per le operazioni di decollo e atterraggio dei suoi caccia.
L’opzione di un’azione terrestre è stata indirettamente confermata anche dal segretario di Stato Usa, John Kerry.

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Siria, strage di civili dell’Isis a Deir el Zour: 300 morti, 400 rapiti


Il governo della Siria ha alzato a 300 il bilancio dei morti della giornata di attacchi di ieri da parte dell’Isis nella zona di Deir el Zour nell’area di Bghiliyyeh, nell’est del paese, mentre l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha confermato il rapimento nella stessa zona di 400 civili da parte dei jihadisti.
Almeno 150 persone sono state decapitate nel massacro, incluse decine di donne e bambini, a 400 ammonterebbero i civili rapiti.

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World War II reloaded, un altro capitolo


Ne parliamo dal 2013: la Seconda Guerra Fredda è già nata e si porta dietro tutti i rischi della Prima, ovvero quella di far scoppiare la Terza Guerra Mondiale.
Giudicate voi:
“Sia chiaro: la Turchia è membro della NATO e nostro alleato”, ha detto Obama a Parigi a margine del vertice sul clima. Le prove (schiaccianti) portate da Mosca che Erdogan e famiglia trafficano il petrolio di DAESH? “Totalmente assurde”, ha risposto Steve Warren, portavoce del Pentagono.
Ha deciso di posizionare batterie di Patriot al confine tra Turchia e Siria, come voleva Erdogan (e non aveva finora ottenuto).
Cameron ha ottenuto dal suo parlamento il via a “bombardare le basi ISIS” in Siria e lo fa’ senza coordinarsi con i russi. In pratica, un atto di ostilità.
La UE ha deciso – a porte chiuse, senza consultare i parlamenti per volontà di Angela Merkel – di prolungare le sanzioni contro Mosca. Una cosa è evidente: è la NATO a determinare totalmente la politica estera della UE, commenta anche Deutsche Wirtschaft Nachrichten.
Berlino s’impegna per la prima volta a mandare i suoi Tornado a bombardare la Siria – ormai chiaramente una operazione occidentale per ostacolare la vittoria russa contro l’ISIS.
La debolezza con cui gli europei si prestano a queste provocazioni anti-Putin è dimostrata dal fatto che da quando Mosca ha posizionato gli S-400 per contrastare gli aerei turchi, la francese Charles De Gaulle ha smesso di bombardare l’ISIS. Per giorni la Charles De Gaulle è stata introvabile. Poi si è scoperto che aveva lasciato il Mediterraneo orientale per rifugiarsi dietro i Patrios Usa in Turchia. Erdogan, che vuole trovare ogni giorno più membri della NATO coinvolti nella sua sporca guerra, ha subito consentito ai caccia francesi di andare a “bombardare l’ISIS” (leggi: intralciare i russi) dalla base turca di Incirlik.
Insomma tutto l’Occidente, in perfetta malafede, è schierato a dar ragione ad Erdogan e a sostenere di fatto DAESH che cede sotto i colpi russi.
Il numero delle provocazioni che emergono in questi giorni è troppo, per non vedere una volontà precisa. Emerge che quando gli F-16 turchi abbatterono il Sukhoi, erano appoggiati da F-16 americani come deterrente per una rappresaglia russa. “Se è vero, significa che Obama non ha alcuno scrupolo a cominciare un conflitto diretto con Mosca”, ha commentato Michael Jabara Carley, docente di politica internazionale alll’Università di Montreal.
L’ultima e forse la più inquietante provocazione: due sommergibili turchi (Dolunay e Burakreis) scortati dall’incrociatore americano USS Carney che porta missili balistici Aegis, stanno tallonando la nave da guerra Moskva, armata di missili S-300, al largo di Cipro, in acque internazionali.
La cosa è allarmante perché può essere il preludio alla ritorsione da Mosca più temuta fin dai tempi degli Zar: che la Turchia chiuda alla navigazione russa il Bosforo e i Dardanelli. Non c’è dubbio che il regime turco ci pensi, ne sia tentato. Il ministro Davutoglu ha minacciato: “Anche la Russia ha da molto da perdere” da controsanzioni.
Se Erdogan chiudesse gli stretti, commetterebbe un atto di criminalità internazionale con pochi precedenti, una violazione della libertà di navigazione sancita dalla Convenzione di Montreux del 1936.

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Il Jet russo abbattuto dalla Turchia non aveva violato lo spazio aereo


Il Su-24 russo abbattuto dagli F-16 turchi non ha violato lo spazio aereo turco: lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. “Abbiamo visto una traccia elettronica che mostra la rotta dell’aereo”, ha spiegato Peskov, che “prova chiaramente che non c’è stata nessuna incursione nello spazio aereo turco, né voluta né non voluta”. Il portavoce di Putin ha definito la reazione turca all’abbattimento dell’aereo russo un “teatro dell’Assurdo”.
“Il presidente turco – ha detto Peskov – ha fatto una dichiarazione in cui ha detto che se un jet turco verrà abbattuto in Siria sarà considerato un atto di aggressione. Allora come definire quello che è avvenuto con l’aereo russo? E’ una sorta di teatro dell’Assurdo”.
“Vorremmo che non fosse successo, ma è successo” ha detto Erdogan, “spero che una cosa del genere non accada più”. Il predidente turco ha poi aggiunto di considerare un possibile incontro con Putin a margine della Conferenza Onu sul clima di Parigi come un’occasione per superare le tensioni.

Comunicati

Caccia russo abbattuto dai turchi


Un aereo militare russo impegnato nei bombardamenti in Siria è stato abbattuto dagli F-16 di Ankara dopo che dalla Siria aveva sconfinato nello spazio aereo turco.
In serata inoltre il ministero della Difesa russo ha annunciato che un suo elicottero Mi-8 impegnato nella ricerca dei due piloti del jet è stato distrutto in territorio siriano.
Se per il momento la Terza Guerra Mondiale era nell’aria, ora ha anche la sua causa occasionale.

Comunicati

Raid russo in Siria, a gli Usa non va giù


Gli Stati Uniti accusano la Russia di compiere raid in Siria non per colpire l’Is ma gruppi ribelli che combattono Assad, tra i quali anche agenti dei servizi segreti Usa, la Cia.
Il presidente russo Vladimir Putin, confermando l’avvio di contatti con le istituzioni militari americane per coordinare le azioni in Siria, ha condannato duramente le notizie di vittime tra i civili causate dai primi raid russi Teheran approva l’intervento russo e invia forze di terra per offensiva dal Nord contro gli oppositori del regime siriano. La Turchia non vuole permettere che il terrore si radichi vicino ai suoi confini, nè di essere messa di fronte a una situazione di fatto compiuto. Il popolo siriano non deve essere lasciato a scegliere tra un regime che lo massacra (quello di Assad) e le organizzazioni terroristiche (lo Stato Islamico).

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J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque


Questo è un atto di accusa. Verso tutti i governi coinvolti e i loro doppi giochi. Verso le degeneri ideologie religiose, verso il colonialismo globale degli Usa e l’autoritarismo della Russia, verso i terroristi. Ma è anche un suggerimento. Perché le accuse devono essere seguite da ipotesi costruttive.
Dopo questa introduzione, leggetevi le schede proposte (linkate), complete di esaustive cartine.
Per scelta, questo articolo NON comprende alcune teorie dietrologiche anche se assolutamente valide, ma si attiene soltanto ai FATTI.

La chiave di lettura del disassetto del Medio Oriente e non solo e il conseguente esodo di questi giorni è la contrapposizione di quattro poteri forti: gli Stati Uniti, la Russia, l’Islam sunnita e quello sciita.
Durante la Guerra Fredda l’Unione Sovietica era alleata con gli sciiti, con l’Asse Urss-Iran. Discorso analogo l’alleanza tra Usa e sunniti, con l’asse Usa-Arabia Saudita, con la complicazione dal rapporto privilegiato Usa-Israele. I rapporti economici tra Israele e Sauditi anticipavano già le contraddizioni odierne, acuitesi dopo la fine della (prima) Guerra Fredda.
Una volta caduto il tabù della guerra nucleare tra superpotenze, la politica estera degli Stati Uniti è cominciata via via a essere sempre più “rilassata” nei confronti di nazioni che prima appartenevano al blocco sovietico (Europa dell’Est e Iran).
In Europa il frettoloso allargamento della NATO (che ha inglobato le repubbliche baltiche Lituania, Estonia, Lettonia) fino ad avviare trattative con l’Ucraina, ha aggravato il contrasto etnico tra ucraini e russi all’interno del Paese. Naturalmente la Russia è risentita dell’atteggiamento degli Stati Uniti che continuano a sanzionarla.
(Vedi la scheda “Ucraina”).
Nel frattempo lo scontro tra sunniti e sciiti si è aggravato per due motivi: l’allentamento delle alleanze con gli alleati storici, ma soprattutto l’avanzamento di ideologie salafite (e quindi fondamentaliste e jihadiste) in tutto il Medio Oriente. Le conseguenze sono state più estreme del previsto: 11 settembre, Al Qaeda e Stato Islamico hanno fatto in modo che Russia e Stati Uniti si trovassero coinvolti unitamente nello stesso punto strategico: la Siria e l’Iraq.
(Vedi le schede “Siria”, “Stato Islamico e Iraq”).
Lo scontro tra sciiti e sunniti però si gioca tra Arabia e Iran e la scintilla è scoccata con la guerra in Yemen (Vedi le schede “Yemen e Arabia Saudita” e la scheda “Iran”).
La partita oggi si gioca in 4 e le vecchie alleanze non hanno più l’esclusività di un tempo (ci sono alleanze incrociate, temporanee o ambigue). Resta alla periferia dal gioco la disastrosa situazione in Libia (vedi la scheda “Libia”) e l’annosa questione tra Israele e Palestina (che qui non affrontiamo in quanto lo abbiamo fatto già atre colte).
Nella varie schede ho descritto sommariamente, ma in modo accurato con cartine molto precise, la situazione etnica e religiosa, quella delle forze in campo, le alleanze ufficiali e le accuse reciproche a ogni attore politico. Questa parte è composta solo da fatti, nessuna opinione, né personale né dietrologica è contemplata. La schede terminano con un commento personale super partes e dei suggerimenti personali, questi sì ideologici.
Come potrete comprendere leggendo le schede, i governi sono interessati soprattutto ai vantaggi economici, le democrazie mettendo in primo piano solo i diritti civili dei propri cittadini, i regimi nemmeno questo.
L’Onu persegue la vecchia politica dell’integrità nazionale (come nel congresso di Vienna del 1815), mettendo in secondo piano il principio di autodeterminazione dei popoli.
Per perseguire entrambi questi principi termino questa introduzione con l’esempio del Libano.
Il Libano è sempre stato abbastanza stabile, vista l’assenza di una netta maggioranza sciita o sunnita all’interno del Paese. Il potere è distribuito ugualmente: il presidente del governo libanese deve essere un cristiano, il primo ministro un sunnita e il portavoce del parlamento uno sciita. I conflitti si concentrano principalmente nel nord del Paese, ai confini con la Siria, dove il gruppo militante sciita degli Hezbollah sostiene il governo di Bashar al-Assad.
La chiave sciiti contro sunniti e dei loro vecchi alleati, spiega solo in parte lo scontro nel e sul Golfo. Spiega ancor di più, e meglio, un’altra chiave di lettura: la crisi di legittimità dei poteri e la conseguente crisi ideologica.

Lukha B. Kremo, 11 settembre 2015

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La guerra civile in Yemen e l’Arabia Saudita


[tratto da “J’accuse (e Je Suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015]

Situazione etnico/religiosa:
L’Arabia è detta saudita perché è una monarchia assoluta in mano alla famiglia Saud. I sunniti hanno la stragrande maggioranza. Il regime appoggia l’islamismo salafita, nella fattispecie il wahabismo, che meritano un piccolo approfondimento.
Le teorie salafite nascono e si affermano nel corso di secoli: Ibn Taymiya era un giurista e teologo siriano vissuto nel XIV secolo, la cui teoria era che i testi sacri del Corano e della Sunna potevano essere interpretati individualmente. nel XVIII secolo anche Mohammed Ibn Abdel Wahab (1703-1792; fondatore del Wahabismo) vuole ritrovare un Islam puro. L’ultimo movimento salafita di rilievo, in ordine di tempo, a’ stato poi quello di Hassan al Banna che ha fondato nel 1928 l’Associazione dei Fratelli Musulmani. In questo caso, rispetto ai predecessori, il teologo egiziano introduceva una variante: l’utilizzo dell’Islam come strumento politico per la guida delle masse. Negli anni ’50 un altro egiziano, Sayyed Qutb (1906-1966), anch’egli membro dei Fratelli Musulmani, teorizzerà sul fronte del salafismo politico la lotta armata per prendere il potere sui capi arabi “empi” ed il ripristino di uno Stato islamico. Qutb è stato il referente ideologico di molti movimenti terroristici, non ultimo Al Qaeda.
Il salafismo quindi è diventato irredentismo, nazionalismo di matrice araba, lotta al consumismo e al lassismo dei costumi dell’Occidente, fino ad arrivare al Jihad ed al terrorismo islamico. I suoi principali rappresentanti sono oggi i Fratelli Musulmani (il partito che aveva vinto le elezioni in Egitto prima di essere destituito l’anno scorso) ed il wahabismo (oltre a quella pletora di sigle e organizzazione che compaiono periodicamente nel panorama mediorientale).
L’aspetto più pericoloso del wahabismo è l’alimentare una cultura religiosa di intolleranza e una lotta endogena senza quartiere verso quelli che non accettano le teorie salafite (l’adorazione dei santi e degli uomini pii è considerata alla stregua del politeismo) e tutti i sunniti moderati, come le confraternite sufi.
In Yemen (riunificatosi nel 1990 dopo la caduta dell’Unione Sovietica), i territori del nord-ovest vedono la maggioranza di sciiti zayditi Houthi, mentre il resto del Paese è a maggioranza sunnita.
La parte orientale del Paese è comunque sotto il controllo delle milizia di Al Qaeda (vedi mappa politico-religiosa dello Yemen, a fine articolo). Il presidente eletto nel 2012 Abd Rabbih Mansur Hadi (unico candidato).
Situazione sul campo:
Nel gennaio 2015 il presidente Abd Rabbih Mansur Hadi viene obbligato alle dimissioni dalla rivolta degli Houthi, che s’impadroniscono della capitale San’a.
La guerra si estende alla vicina Arabia Saudita, e assume sempre più i connotati di una resa dei conti tra Arabia Saudita e Iran, tra sunniti e sciiti. Non è propriamente un’azione di guerriglia, e nemmeno un’operazione senza ritorno, ma una vera e propria operazione di guerra, da esercito, pianificata nei minimi dettagli, non da milizia jihadista: i ribelli Houthi si sono infiltrati in Arabia Saudita e hanno attaccato Najran, città di confine.
Gli sciiti provano ciò cui Osama bin Laden ambiva ma che con la sua al Qaeda non era riuscito a realizzare: destabilizzare il regno saudita.
L’Iran, infatti, ha proprio negli Houthi il suo principale strumento di influenza nello Yemen. Sfruttando la comune appartenenza allo sciismo, l’obiettivo del regime iraniano sarebbe quello di favorire la creazione di un movimento per certi versi simile al libanese Hezbollah.
Ulteriori preoccupazioni geopolitiche arrivano dallo stretto di Bab-el-Mandeb. Da qui passano le rotte che collegano il mar Mediterraneo all’Oceano Indiano, attraverso il canale di Suez e il mar Rosso e da qui passa il 63% della produzione di greggio mondiale.
Gli Stati Uniti e la Francia, per tranquillizzare l’alleato Usa e NATO, sia per questa guerra e soprattutto dopo l’accordo tra Usa e Iran sul nucleare, vedi scheda dell’Iran) stanno armando i Sauditi.
La guerra rischia di deflagrare dallo Yemen alla confinante Arabia Saudita.
Visto il regime assolutistico dell’Arabia è quindi importante analizzare chi davvero comanda in questo Paese: Abd Allah, il re dell’Arabia Saudita, ha appena compiuto 90 anni. Ecco allora il settantanovenne Salman Bin Abdulaziz Al Saud, dar vita a una rivoluzione di palazzo, che porta l’ex ambasciatore a Washington. Rottamazione che non risparmia anche i parenti più stretti di re Salman, come il principe-fratello Muqrin, dimessosi di “sua spontanea volontà” per fra posto al principe-nipote Nayef, 55 anni, ministro dell’Interno, gran mastino dell’antiterrorismo e il trentenne figli di Salman, Mohammad Bin Salman.
Ma non si sa chi comandi davvero a Riyad. La classe dirigente incredibilmente ricca e potente che custodisce il luogo più sacro dell’islam, la Mecca, rappresenta un enigma inquietante. L’occidente da decenni la considera un baluardo da sostenere e da armare. Un intreccio di investimenti finanziari la lega indissolubilmente alle nostre economie. Perfino Israele gioca di sponda, pur senza dichiararlo, con la dinastia che fronteggia l’Iran e che da un lato dichiara di voler debellare il movimento dei Fratelli Musulmani, tanto da isolare la stessa Hamas nella morsa di Gaza, dall’altro alimenta un islam salafita, estremista, fondamentalista e anche jihadista. Le milizie dell’autoproclamatosi califfo al-Baghdadi godono di un indiretto ma decisivo supporto di Riad. Mai rivendicato, ma neppure smentito.
Posizioni ufficiali:
L’Onu ha aperto una discussione sulla guerra Yemenita. Gli Stati Uniti e l’Europa sono per l’integrità nazionale di Arabia e Yemen, quindi contro lo sconfinamento Houthi.
L’Iran appoggia gli Houthi yemeniti ufficialmente solo in Yemen.
Al Qaeda si è momentaneamente alleata con gli sciiti Houthi.
Accuse:
I Sauditi fanno il doppiogioco, nemmeno tanto segretamente, appoggiando la politica Usa e schierandosi contro gli estremisti sunniti deboli (Hamas), ma favorendo gli estremisti sunniti vincenti (prima Al Qaeda, ora L’IS), la rivoluzione di palazzo potrebbe essere solo presunta e il doppiogioco farsi soltanto più sottile.
L’Iran appoggia con armi e milizie gli sciiti Houthi dello Yemen contro l’Arabia.
Gli Stati Uniti e la Francia armano l’Arabia per tranquillizzarla sui nuovi accordi con l’Iran.
Israele fa affari con i Sauditi, mentre riceve armi, rassicurazioni e garanzie dagli Usa.
Al Qaeda, nonostante sia sunniti, si allea ambiguamente con gli sciiti Hothi per combattere l’Arabia Saudita.
Commento:
Nonostante le apparenze, nessuno combatte per i propri ideali, ma per un ritorno economico. I governi coinvolti (da Stati Uniti ad Arabia, dagli Houthi yemeniti ad Al Qaeda, da Israele all’Iran) sono disposti ad allearsi, fare affari e persino prendere o dare armi al nemico, mentre segretamente prendono altrettanti accordi con la fazione opposta.
Per superare questa situazione bisognerebbe innanzitutto eliminare il wahabismo, cioè il fondamentalismo religioso dallo Stato. Meglio ancora, dove possibile, creare stati laici, come in Egitto. A questo punto riequilibrare sciiti e sunniti in base a ciò che succede nel nord dell’Iraq (vedi scheda dello Stato Islamico e Iraq).
Previsioni:
La guerra verrà fermata dall’Arabia grazie all’apporto Usa. Ciò non avverrà in tempi brevi, viti i problemi più urgenti in Siria.
Molto più difficile prevedere la linea culturale religiosa seguita dai giovani Saud, visto che si tratta di pochi personaggi. Se prevale la linea moderata, tutti i punti caldi si raffredderanno, viceversa le guerre si accenderanno e saranno più numerose.
Suggerimenti:
Il migliore: 1) Eliminare la dinastia Saud e instaurare uno Stato moderato in Arabia (non necessariamente subito una democrazia, è ormai provato che molti dei paesi arabi, a causa della società di tipo tribale, necessitano di forme democratiche che non si basano sul suffragio universale). Creare un governo di unità nazionale in Yemen, equilibrato politicamente per costituzione (equilibrio zayditi e sunniti nelle istituzioni).
In alternativa: 2) Far prevalere l’ala moderata dei Saud tramite accordi e sanzioni internazionali.
Secessione dello Yemen in due parti, nel nord-ovest governo zaydita, nel sud e nell’est governo sunnita.

Mappa politico-religiosa Yemen
Mappa politico-religiosa Yemen

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Lo Stato Islamico e l’Iraq


(tratto da “J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015)

Situazione etnico/religiosa:
L’ISIS (o ISIL, Stato Islamico del Sud e del Levante), recentemente ridenominato semplicemente IS (Stati Islamico) è un califfato autoproclamato unilateralmente da Abu Bakr al Baghdadi (che ha preso il nome di Califfo Ibrahim), nei territori del nord Iraq. L’IS è uno stato islamico sunnita fondamentalista e jihadista. L’obiettivo finale è il jihad globale, la guerra santa dell’Islam contro tutti gli infedeli del mondo. Con un “sogno”: conquistare Roma, il simbolo della cristianità. Il califfo ha chiesto esplicitamente ai musulmani di ribellarsi ai governi nazionali (dal Nord Africa alle Filippine) in favore dell’annessione allo Stato Islamico.
Ha lo stesso progetto e lo stesso modo per perseguirlo di Al Qaeda con la fondamentale differenza del controllo sul territorio. Al Qaeda non ha mai avuto il controllo su un preciso territorio. L’Afghanistan ha rappresentato una base negli anni del regime talebano, ma Osama Bin Laden non ha mai avuto un ruolo politico durante la dittatura taliban a Kabul. Attualmente Al Qaeda ha le sue basi nelle zone tribali del Pakistan, nello Yemen orientale e in zone tribali del Sudan, ma senza veri ruoli politici statali. Le truppe dell’Isis invece sono formate da combattenti “regolari”.
Osama Bin Laden voleva un Califfato, lo immaginava come il punto di approdo di un percorso, ma per la sua nascita attendeva il momento propizio affinché ci fosse la giusta unità nel mondo islamico. Abu Bakr al Baghdadi si è invece autoproclamato Califfo dopo aver preso il controllo di alcune zone tra Siria e Iraq.
Il risultato è gli attentati e le stragi di gruppi anche molti diversi (ma accomunati dal fondamentalismo e dal jihadismo) che operano in Nord Africa sono rivendicati dall’IS. Questi gruppi sono di etnia anche molto diverse, e quasi tutti sono sunniti (con l’eccezione del rebus dello Yemen, vedi scheda dello Yemen e Arabia Saudita). In particolare c’è Boko Haram, che opera nel nord della Nigeria, Al Shabaab (In Somalia, Uganda e nord Kenya), il gruppo AQIM (al-Qaeda in the Islamic Maghreb), che opera nell’area Sahariana e Sub Sahariana [vedi mappa fondamentalismo islamico in Africa, a fine articolo].
Il dialogo tra Al Qaeda e IS è comunque complesso oltreché segreto. Da circa un anno, Ayman al-Zawahiri, capo di Al Qaeda dopo la morte di Bin Laden, sembra abbia rotto l’alleanza con l’IS per l’eccesso di cruenza della jihad, ma soprattutto per le divergenze e gli scontri tra i gruppi di Al Qaeda in Siria (a cominciare da quelli di Jabhat al Nusra) e i miliziani dell’IS. Mentre altri gruppi (come Boko Haram) hanno reso pubblica il loro appoggio all’IS.
Situazione sul campo:
Lo Stato Islamico ha come città-base Raqqa, nel nord dell’Iraq, e attualmente ha conquistato il controllo di gran parte del nord Iraq (a esclusione di una striscia di territori curdi), la Siria orientale e un avamposto dell’Iraq centrale, poco a nord di Baghdad.
In Siria l’IS ha stretto alleanze con alcuni gruppi di ribelli sunniti, allargando la propria influenza quasi fino alla Giordania, alla Turchia e al Mediterraneo (vedi mappa dei territori occupati dall’IS, a fine articolo).
Le condizioni di Abu Bakr al Baghdadi, sembrano piuttosto gravi dopo il ferimento causato da un bombardamento. Abdul Rahman Mustafa al-Qardashi, noto con il nome di Abu Alaa al Afri è stato indicato come il prossimo Califfo e, visto che proviene da Al Qaeda, e lo scenario potrebbe cambiare con una collaborazione più stretta con i miliziani qaedisti, soprattutto quelli siriani di Jabhat al Nusra.
Gli Usa l’estate scorsa hanno guidato una coalizione internazionale in Iraq e in Siria ma gli effetti dei raid e delle operazioni militari sul terreno minimi.
I curdi, invece, hanno mantenuto le loro posizioni nel nord est dell’Iraq, perdendo posizioni solo in parte dei loro territori iracheni; hanno perduto parte dei loro territori nel nord della Siria, mantenendo però la roccaforte di Kobane.
Nelle ultime settimane l’Iran ha accresciuto il suo potenziale nella regione e sta attuando un intervento effettivo di contrasto all’ IS, tanto in Siria, quanto in Iraq, dove però i progressi iraniani si scontrano con le scelte della politica americana. Gli USA non sono disposti a concedere all’Iran questo ruolo di primo piano nella lotta all’IS, la cui condotta si intreccia con la crisi in atto nello Yemen (vedi scheda dello Yemen e Arabia Saudita).
Posizioni ufficiali:
Nessun governo è disposto ad appoggiare l’IS in modo ufficiale, sebbene in alcuni Paesi (tra cui l’Arabia Saudita) prevalga un Islam salafita (In Arabia wahabita, che è un’evoluzione del salafismo), ovvero fondamentalista e ci siano reali sospetti di una convenienza dell’esistenza dello Stato Islamico.
Gli Stati Uniti e parte dell’Europa stanno percorrendo in Medio Oriente, in Nord Africa e nella penisola arabica una diplomazia del doppio binario: negoziare sul nucleare con l’Iran, maggiore sostenitore di Assad insieme alla Russia (vedi scheda dell’Iran), e rassicurare con consistenti forniture di armi l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo che da anni combattono contro Teheran una guerra “segreta” in Iraq, in Siria e da qualche tempo anche in Yemen.
La Russia è pronta ad appoggiare un forum di discussione che preveda la partecipazione di tutte le parti in conflitto. Una proposta inclusiva, che è all’opposto dell’approccio esclusivo portato avanti dagli USA in Iraq e dai loro alleati arabi che continuano a bombardare lo Yemen e accusano l’Iran di inviare armi ai ribelli in Yemen.
Il governo di Baghdad (che ormai ha solo il controllo del Sud del Paese e parte del centro) è appoggiato dagli Stati Uniti, dall’Iran e dalla Russia. Il governo siriano di Assad solo dalla Russia e dall’Iran.
Ai curdi la comunità internazionale riconosce solo i diritti civili, senza appoggiare alcun progetto politico (come quello del PKK) di autonomia o indipendenza dei propri territori (anche perché si dislocano in ben 4 Paesi, Iran, Iraq, Turchia e Siria).
Accuse:
I sunniti appoggiano i gruppi jihadisti in Siria come Jabat Nusra e lo stesso Isis che dovrebbe costituire uno stato sunnita a cavallo tra Siria e Iraq per poi essere sostituito, nei piani delle monarchie arabe e della Turchia, da elementi più presentabili sul piano internazionale.
In particolare Turchia e Arabia Saudita paventano la nascita di uno Stato sunnita che occupi le attuali posizioni dell’IS e faccia da “cuscinetto separatore” tra gli sciiti iraniani e quelli siriani.
Sono noti i rapporti che intercorrono tra l’Arabia Saudita e l’IS: i sauditi infatti finanziano il Califfato dall’inizio del conflitto in Siria, oltre che foraggiare altre cellule terroristiche wahabite in tutta l’area mediorientale. Ufficialmente però il governo saudita fa parte della coalizione anti-Isis guidata dagli Stati Uniti, di cui sono storici alleati.
Per via della guerra in Yemen (non ufficialmente appoggiata dall’Iran) e del recente accordo sul nucleare tra Usa e Iran (vedi schede dello Yemen e dell’Iran), gli Usa e la NATO stanno armando i Sauditi per tranquillizzarli e mantenere salda l’alleanza con loro. È facile quindi che gli equipaggiamenti bellici della NATO arrivino nelle mani dell’IS.
Il comando militare di Hezbollah (sciiti combattenti in Siria e Libano) e le Guardie della Rivoluzione Islamica iraniane, stanno addestrando in Iraq volontari sciiti per combattere l’avanzata dell’IS.
Commento:
L’IS si è sviluppata perché fa comodo a molti governi. Ai sunniti salafiti prima di tutto (Arabia Saudita), ma anche alla Turchia, e agli Usa. Ma usare un manipolo di fondamentalisti assassini per i propri scopi è la cosa più orribile che si possa fare. L’IS deve essere annientato come lo è stato il governo Talebano in Afghanistan. Siccome l’area è ancora più delicata, l’operazione deve essere fatta congiuntamente, da tutte le parti coinvolte.
Ma insieme al regime assassino dell’IS deve scomparire anche il doppiogiochismo di altri regimi: prima di tutti dall’Arabia dei Saud, che per allearsi con l’Occidente dovrebbe abbandonare l’ideologia fondamentalista wahabita.
L’eliminazione dell’ideologia fondamentalista è la base per la pace, ogni appoggio al fondamentalismo dovrebbe cessare soprattutto da chi professa lo stato laico. Se il fondamentalismo non ha più appoggi, ogni velleità svanisce e il delicato assetto del Medio Oriente potrà essere ricostituito sulla base dell’autodeterminazione dei popoli, dimenticando i confini disegnati suo tempo con il righello dai coloni francesi.
Previsioni:
Gli Stati Uniti troveranno un delicato accordo con Russia e Iran per una risoluzione Onu di intervento congiunto in Siria e nel nord dell’Iraq.
Il governo siriano di Bashar al-Assad dovrà quindi lasciare il posto a un governo di transizione, moderato, che accolga in parte le posizioni dei ribelli, senza perdere il proprio potere.
L’IS sarà sconfitto, ma sul terreno ci sarà una morte e una distruzione tale (anche politica e sociale) che la ricostruzione sarà molto dura. Le zone riprese all’IS si divideranno in zone di influenza (russa, usa e iraniana).
Suggerimenti:
Il migliore: 1) Creare uno Stato di unità nazionale in Siria e uno in Iraq (equilibrio sciiti e sunniti nelle istituzioni, come nell’attuale Libano).
Creare uno Stato indipendente curdo che comprenda i territori dove i curdi sono in maggioranza (parte di Siria, Iraq, Iran e Turchia).
Annettere alla Turchia i territori esterni a maggioranza turca.
In alternativa: 2) Creare uno Stato Islamico, un Paese cuscinetto tra Siria occidentale, Iran e Iraq del sud che comprenda le popolazioni a maggioranza sunnita.
Creare uno Stato indipendente curdo che comprenda i territori dove i curdi sono in maggioranza (parte di Siria, Iraq, Iran e Turchia).
Creare uno Stato sciita dell’Iraq del Sud (o annetterlo all’Iran come compensazione per la creazione dello Stato Islamico sunnita).
Annettere alla Turchia i territori esterni a maggioranza turca.

Mappa occupazione IS in Iraq e Siria
Mappa occupazione IS in Iraq e Siria
Gruppi fondamentalisti Islamici in Africa
Gruppi fondamentalisti Islamici in Africa

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L’Iran e gli accordi con gli Usa


(tratto da “J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015)

Situazione etnico/religiosa:
l’Iran è lo Stato con la più alta percentuale di islamici sciiti al mondo, inoltre, è il Paese più ricco insieme all’Arabia Saudita (a stragrande maggioranza sunnita), con la differenza che ha un’economia più diversificata e quindi meno petrolio-dipendente. Le due nazioni si contendono quindi il primato islamico e acuiscono il contrasto tra sciiti e sunniti.
Durante la Guerra Fredda si era instaurato un asse Russia-Iran contro l’asse Usa-Arabia. Le alleanze sono sostanzialmente invariate, fatti i debite modifiche della situazione (per esempio Yemen occidentale, Libia e Afghanistan erano nell’influenza sovietica, ora non sono alleate con la Russia).
Solo una piccola parte nord occidentale è a maggioranza curda (al confine con Iraq e Turchia). (vedi mappa etnico-religiosa Iran e mappa sciiti nel mondo islamico, a fine articolo).
Situazione sul campo:
l’Iran è stato il primo governo del Medio Oriente a scendere in campo con lo Stato Islamico per aiutare il liquefatto esercito iracheno allo sbando sotto l’attacco dell’Isis. È ovvio che Teheran insieme agli Hezbollah libanesi (sciiti) rafforza il fronte sciita contro quello sunnita e punta a estendere la sua influenza regionale nel Golfo del petrolio sostenendo anche i ribelli Houthi in Yemen (vedi scheda Yemen e Arabia Saudita).
Nel maggio 2015 il leader siriano Bashar Assad ha incontrato il rappresentante speciale dell’Iran Ali Akbar Velayati, reduce da un colloquio con Hasan Nasrallah di Hezbollah. Le parti hanno firmato una serie di accordi nella sfera economica e in quella della lotta al terrorismo. Assad ha dichiarato che l’Iran è il principale appoggio della Siria nella lotta al terrorismo.
La notizia degli ultimi giorni è che anche la Russia ha deciso d’intervenire contro il terrorismo dell’IS (ma anche contro i ribelli siriani).
Posizioni ufficiali:
evidente l’allineamento Russia-Iran-Siria e il contrasto paesi sciiti e sunniti (contrasti dichiarati a livello ufficiale).
Più ambigui i rapporti tra l’Iran e l’Occidente. Dopo dieci anni di sanzioni internazionali, nel luglio 2015 Stati Uniti hanno da poco firmato un importante accordo con l’Iran riguardo l’utilizzo dell’energia nucleare. Israele e naturalmente tutto il mondo arabo sunnita è molto preoccupato per questo accodo. Detto ciò, va considerato che la comunità internazionale è sempre stata incapace di impedire a uno Stato un programma di sviluppo nucleare. Così è avvenuto per l’Iran, dove l’unica dissuasione possibile è stata quella delle sanzioni internazionali, strumento però che non ha frenato lo sviluppo nucleare e che, in assenza di accordi, potrebbe avere dimensioni più preoccupanti. Inoltre In Iran sono diverse le posizioni e le prospettive del leader religioso l’Ayatollah Ali Khamenei e del presidente della Repubblica Hassan Rouhani, quest’ultimo appartenente a un orientamento moderato e riformista, sta cercando di allargare i diritti nel suo Paese, di farlo crescere dal punto di vista economico e non ha mai nascosto la sua propensione al dialogo con l’Occidente (come del resto fa l’Arabia Saudita).
Gli accordi permettono sia a Stati Uniti e Iran di presentarsi come vincitori, i primi perché potranno contare su controlli che prima non erano possibili, i secondi perché potranno continuare a sviluppare il programma nucleare aprendosi a interessanti prospettive di crescita economica con la fine delle sanzioni.
Accuse:
l’accordo ha creato risentimenti in quasi tutti: la Russia, per lo storico rapporto prediletto con l’Iran, l’Arabia Saudita e i paesi sunniti, per l’esplicito contrasto con il Paese sciita, Israele, che teme attacchi nucleari, e in generale la comunità internazionale ha espresso preoccupazione.
L’Iran è comunque accusato di portare avanti un programma nucleare anche allo scopo di costruire armamenti e naturalmente di non rispettare i diritti civili nel proprio Paese.
Commento:
l’accordo Usa-Iran non è da vedere solo in modo negativo, il rischio che l’Iran arrivi all’armamento nucleare e che lo utilizzi anche come minaccia è remoto (il Pakistan, l’India e la Corea del Nord hanno già missili a testata nucleare, ma esiste tutta una diplomazia che ha fatti sì il nucleare non siano mai più stato usato dal 1945) anche perché dopo la successione di Hassan Rouhani al posto di Mahmoud Ahmadinejad in Iran tira aria di riformismo e di moderazione. Probabilmente questo accordo, anche se sulla carta è rischioso, potrebbe essere l’occasione giusta per recuperare i rapporti con un importante partner dello scacchiere mediorientale e allontanarlo dalle posizioni estremiste e fondamentaliste.
Previsioni:
l’Iran condurrà una guerra all’IS insieme a Russia, Stati Uniti e Francia. L’amministrazione Obama chiuderà le trattative con l’Iran e la Russia e la partita siriana lasciando un’onorevole via di uscita al regime di Assad che eviti al Paese di finire nelle mani dei radicali islamici.
Suggerimenti:
Il migliore: 1) L’Iran ammorbidisce le proprie posizioni politiche e religiose, aprendosi all’Occidente senza rinunciare alla propria autonomia e al rapporto privilegiato con Russia e Siria.
Creare uno Stato di unità nazionale in Siria e uno in Iraq (equilibrio sciiti e sunniti nelle istituzioni, come nell’attuale Libano).
Creare uno Stato indipendente curdo che comprenda i territori dove i curdi sono in maggioranza (parte di Siria, Iraq, Iran e Turchia).
In alternativa: 2) Creare uno Stato Islamico, un Paese cuscinetto tra Siria occidentale, Iran e Iraq del sud che comprenda le popolazioni a maggioranza sunnita.
Creare uno Stato indipendente curdo che comprenda i territori dove i curdi sono in maggioranza (parte di Siria, Iraq, Iran e Turchia).
Creare uno Stato sciita dell’Iraq del Sud (o annetterlo all’Iran come compensazione per la creazione dello Stato Islamico sunnita).

Mappa etnico-religiosa Iran
Mappa etnico-religiosa Iran
Mappa sunniti e sciiti nel mondo islamico
Mappa sunniti e sciiti nel mondo islamico

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La guerra civile in Siria


(tratto da “J’accuse (e Je suggére). Considerazioni di un Presidente Qualunque”, settembre 2015)

Situazione etnico/religiosa:
Il presidente al potere Bashar al-Assad appartiene alla minoranza degli alawiti che è una ramo degli sciiti (confessione islamica storicamente in conflitto con i sunniti). Per questo motivo è storicamente alleato con l’Iran, il paese a più larga maggioranza di Sciiti. L’Iran faceva parte dell’orbita politica Sovietica, ed è ancora oggi legata alla Russia. Di conseguenza anche la Siria (dall’altro campo, durante la Guerra fredda, la NATO era alleata con Iraq e Arabia Saudita).
In realtà in Siria la maggioranza è sunnita (vedi mappe etnica Siria e religiosa Siria a fine articolo), ma gli Sciiti occupano le zone di maggiore influenza tra Damasco e il Mediterraneo.
Gli Sciiti sono in maggioranza nell’Iraq meridionale (a sud di Baghdad), e nello Yemen nord-occidentale.
Situazione sul campo:
le proteste contro il governo di Bashar al-Assad sono cominciate al seguito delle “Primavere Arabe” nel marzo del 2011 e sono state represse con la violenza. La guerra civile (noi siamo stati tra i primi a parlare di Guerra Civile in Siria, nel 2012), tutt’oggi in corso, ha in parte contribuito a esasperare i sentimenti di odio e rancore tra sciiti e sunniti all’interno del Paese.
Nel maggio 2014 si è votato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla possibilità di avviare un’indagine per verificare se siano stati compiuti crimini di guerra in Siria. I governi di Russia e Cina hanno posto il veto, cioè hanno usato la possibilità che gli viene data dalla Carta dell’ONU di bloccare qualsiasi risoluzione. Dall’inizio della guerra in Siria è la quarta volta che Russia e Cina usano il loro potere di veto per bloccare una proposta di azione nella guerra in Siria.
La situazione si è ulteriormente aggravata e complicata con l’avanzata dell’IS (ex ISIS) nell’Est del Paese. [Vedi mappa Stato Islamico a fine articolo, che distingue tra posizione governative, ribelli, ISIS e postazioni curde e vedi scheda dello Stato Islamico e l’Iraq]
Mentre i curdi, sebbene sunniti, si sono opposti senza ambiguità ai miliziani dell’IS perché hanno conquistato i loro territori, i territori curdi occupano la parte settentrionale dell’Iraq, una striscia settentrionale della Siria (Kobane), quella meridionale della Turchia e una minima parte dell’Iran, praticando la pulizia etnica e religiosa, i ribelli del regime di Assad si sono divisi tra gruppi che combattono l’IS e gruppi alleati con loro perché sunniti.
Siria, Iran e Hezbollah sciiti del Libano hanno firmato una serie di accordi nella sfera economica e in quella della lotta al terrorismo. Assad ha dichiarato che l’Iran è il principale appoggio della Siria nella lotta al terrorismo.
La notizia degli ultimi giorni è che anche la Rusia ha deciso d’intervenire contro il terroristo dell’IS (ma anche contro i ribelli siriani).
Posizioni ufficiali:
gli Stati Uniti e l’Europa hanno condannato a più tempi le milizia governative di Assad e sono propense per un intervento armato.
Fin dall’inizio della guerra i governi di Russia e Cina, con intensità e impegni diversi, si sono schierati apertamente a favore del regime del presidente siriano Bashar al Assad.
Ufficialmente nessuno appoggia l’ISIS, ma questi continuano a conseguire vittorie perché bene armati (vedi nelle accuse).
Accuse:
L’esercito di Bashar al-Assad ha fatto uso di armi chimiche.
Russia e Iran ammettono la vendita di armi al regime di Assad e ai walabiti.
Molti sono accusati di armare l’IS, compresi gli Stati Uniti (indirettamente). Molto probabilmente sono i Sauditi ad armare direttamente i miliziani dell’IS: l’alimentazione di un islam salafita, wahabita (fondamentalista e jihadista) [vedi la scheda dell’Arabia Saudita] e la posizione strategica (tra gli sciiti siriani e quelli iracheni e iraniani) [vedi la scheda dell’Iraq] porta un indiretto ma decisivo supporto al califfatto dell’IS mai rivendicato dei sauditi, ma neppure smentito.
Anche la Turchia fa un doppio gioco: per anni ha discriminato la minoranza curda e ultimamente ha rafforzando la lotta al “terrorismo curdo” (tra virgolette perché fino all’anno scorso reggeva una tregua con i combattenti del PKK che aveva fatto superare questa parola), favorisce indirettamente l’IS. Inoltre pur essendo membro NATO non concede le basi per raid aerei.
Commento:
Le volontà di Stati Uniti ed Europa di sovvertire il governo di Assad sono evidenti come quello di tenerlo al suo posto da parte di Russia e Cina. Questo stallo ha portato ad alimentare la guerra civile siriana e a estendere l’ISIS soprattutto nei territori dell’est della Siria.
In Siria, anche se gli alawiti occupano le terre occidentali più popolose e redditizie, sono la minoranza, per l’autodeterminazione dei popoli non dovrebbero essere da soli al governo, ma dovrebbero tenere conto delle motivazioni dei ribelli. Noi ci schieriamo con i ribelli (curdi compresi) e contro il regime di Assad, ma la ricostituzione dello stato dovrà tutelare anche gli sciiti alawiti (tranquillizzando gli alleati russi e iraniani). I curdi dovrebbero ottenere una stato indipendente a partire da Kobane.
Previsioni:
a causa dell’IS, presto Russia e Cina rinunceranno al veto per un intervento internazionale multilaterale in Siria congiunto alla NATO, che però non sia mirato contro i governativi. Per far ciò si troverà un compromesso: Bashar al-Assad lascerà il posto a un alawita moderato, che accolga alcune istanze dei ribelli. In questo modo i ribelli saranno divisi tra chi accetta le condizioni del nuovo governo moderato e chi passa dalla parte dell’IS, i cui territori occupati verranno bombardati massicciamente.
Suggerimenti:
Il migliore: 1) Creare un governo di unità nazionale, equilibrato politicamente per costituzione (equilibrio alawiti e sunniti nelle istituzioni), rendere indipendente Kobane come stato curdo (eventualmente insieme ad altri piccoli stati curdi nei territori turchi, iracheni e iraniani a maggioranza curdi, in modo analogo alla Palestina).
In alternativa: 2) Secessione della Siria in due parti, nell’ovest governo alawita, nell’est annessione a uno stato sunnita moderato che prenda il posto dei territori a prevalenza sunnita (nord Iraq, est Siria) oggi occupati dell’IS.
JAC-syria-ethnic-map1

Mappa religiosa Siria
Mappa religiosa Siria
Mappa occupazioni Siria
Mappa occupazioni Siria

Comunicati

Continuano le stragi di migranti


Circa 200 cadaveri di migranti sono stati individuati dalla Guardia costiera libica davanti alle coste di Zuwara, teatro ieri di un doppio naufragio.
71 cadaveri sono stati abbandonati nel cassone di un camion lasciato incustodito lungo un’autostrada trafficata tra i boschi austriaci. A 50 chilometri da Vienna, nel cuore dell’Europa. Probabilmente la maggioranza di loro provengono dalla Siria.